sabato 14 giugno 2025

Recensione LETTERE DAL FARO di Valentina Cebeni - Ed. Sperling & Kupfer -

 





LETTERE DAL FARO

Autore: Valentina Cebeni

Editore: Sperling & Kupfer

Anno di pubblicazione: 3 giugno 2025

Formato: Brossura

Pag. 264

Genere: Romance

€ 12,90 cartaceo

Versione digitale presente in tutti gli store online


CONOSCIAMO L'AUTRICE

Valentina Cebeni vi racconterà chi è Nike, la protagonista del suo nuovo romanzo "LETTERE DAL FARO".

Io voglio invece raccontarvi chi è Valentina Cebeni.

Ci siamo conosciute quasi 10 anni fa, quando feci la recensione di un suo romanzo, al quale sono molto legata: "La ricetta segreta per un sogno".

Era un brutto periodo per me e lei, dopo averlo saputo, mi restò molto vicina.

Lunghe chiacchierate al telefono, confidenze e consigli ci portarono alla fiducia reciproca e, dopo qualche tempo, a conoscerci di persona, gettando le basi su una nuova e solida amicizia.

Valentina è l'Amica che, discretamente, è sempre presente, soprattutto nei momenti più bui; Valentina è l'Amica con la quale puoi parlare di tutto: lei ha sempre la parola o il consiglio giusto; Vale è quell'Amica che quando sei giù, anche se a terra lei stessa, si rialza insieme a te; Valentina è quell'Amica con la quale 6 mesi prima accenni distrattamente a un tuo desiderio e, al momento giusto, lei lo soddisfa; con Valentina non ho legami di sangue, ma la sua amicizia va oltre la biologia.

Vale è l'Amica che, insieme al suo meraviglioso papà, senza pensare ai suoi bisogni e doveri, è pronta a farsi 1000 km in una giornata, per stare con me anche solo 2 ore, durante il funerale di mio papà.

Valentina è un dono speciale che ho ricevuto dal "nostro amico", un tesoro che custodisco con cura.

Ma Valentina è molto di più di tutto questo e il suo tutto lo mette nei suoi romanzi, nei personaggi, nelle ambientazioni geografiche. Il 3 giugno, in tutte le librerie fisiche e digitali, è uscito "Lettere dal faro", un romance dalla copertina deliziosa (amo i fari, e lei lo sa! 🩷).

Questa è l'occasione giusta per farvi un bel regalo e imparare a conoscere lei e il suo "mondo" di emozioni, profumi, sapori, colori, suoni e viaggi che potrete ritrovare anche in:

Una nuova vita -La saga dei Fontamara- storico, edito da Sperling;

Un mondo libero -La saga dei Fontamara- storico, edito da Sperling;

Mandorle amare - storico, edito da Sperling;

L'ultimo battito del cuore - romance, edito da Giunti;

La ricetta segreta per un sogno - romance, edito da Garzanti;

La collezionista di meraviglie - romance, edito da Garzanti.

TRAMA

DOPO IL SUCCESSO DELLA SAGA DEI FONTAMARA TORNA UNA DELLE AUTRICI ITALIANE PIÙ AMATE

Nike arriva a Casebianche in cerca di pace, ma porta con sé le cicatrici di un passato che brucia: una relazione violenta, un amore malato e una gravidanza inattesa. Per questo si rifugia nel vecchio faro del paese, un luogo sospeso nel tempo che custodisce i segreti di una donna enigmatica, Vittoria Pontini, e delle lettere che, per cinquant'anni, ha ricevuto: confessioni accorate da persone smarrite in cerca di consiglio e parole d'amore da un uomo sposato. Attratta dal mistero di quella corrispondenza e dall'eco delle emozioni che custodisce, Nike comincia un percorso che è tanto ricerca della verità quanto rinascita. E quando nella sua vita entra Daniel, il figlio dell'uomo che ha amato Vittoria, tutto cambia. Tra lettere del passato, segreti del presente e un legame che si fa sempre più profondo, Nike e Daniel dovranno scoprire se la loro vulnerabilità li rende ancora capaci di amare e se potranno fidarsi l'una dell'altro. Perché, a volte, sono proprio le ferite a indicare la via verso la luce.

(Dalla quarta di copertina)


IMPRESSIONI

Fare una recensione non è così facile come possa sembrare. Riportare su carta le emozioni, le sensazioni che quella lettura  ha scatenato nella tua anima è una montagna ripidissima da scalare: un passo falso e i rischi di scivolare nel baratro della banalità o del vuoto sono dietro l'angolo.

Quando il romanzo da recensire ti ha scombussolato l'anima, le emozioni fanno a pugni per uscire, creando un vortice turbinante che ti porta in una realtà  così grande da non riuscire a trovare parole degne per descriverne la potenza.

Così mi sta succedendo con "Lettere dal faro".


" Bene, se sei arrivata a leggere questo biglietto vuol dire che sei a Casebianche. "


La storia di Nike, la protagonista, è una storia che comincia con un grande dolore, uno di quelli che mettono in dubbio la propria esistenza. 

Ma Nike è una fenice che, circondata dall'affetto di tante persone che la amano, riesce a rinascere dalle proprie ceneri più forte e coraggiosa che mai, pronta a  tutto pur di trovare un po' di pace e sollievo per le sue ferite.

Il suo percorso ha inizio con il  matrimonio, a Parigi, città della luce e dell'amore, trasformatosi fin troppo velocemente in inferno.

Giunta allo sfinimento, decide di tagliare i ponti da tutto per rifugiarsi in Puglia, nel faro che la fedele amica di sempre le cede, in modo che possa riprendersi e decidere cosa fare della sua vita, momentaneamente naufragata nella violenza, nella solitudine e in una gravidanza inattesa ma già così tanto importante per lei.

Nike (dal greco Vittoria) trova così il coraggio di fuggire da quello strozzatoio in cui il marito violento e alcolizzato l'ha rinchiusa. 

Stanca di lottare contro la solitudine che le si è incollata addosso sin dall'infanzia, una Nike rinnovata dall'amore di quel piccolo cuore che sta crescendo dentro di lei, sa che deve lasciarsi alle spalle il passato, senza però perdere la tempra caparbia e curiosa, quella che le permetterà di riscattare tutto il dolore provato fino al momento della fuga.

Valentina, riscattando le tante "Nike" che non ce l'hanno fatta a causa della violenza di un uomo, ha reso viva la sua Nike: i capelli sciolti che ricamano onde dorate nel vento; i suoi abiti impalpabili che danzano candidi nella fresca sinfonia blu  delle onde contro la scogliera e che, giorno dopo giorno, rivelano a occhi sempre più meravigliati la dolce rotondità del suo ventre; il calore di nuovi sentimenti che stanno prendendo vita nel suo cuore, inebriati dal profumo del timo limone e dell'elicriso dorato; la cocciutaggine che cela una decisa dolcezza, come i succulenti frutti spinosi del fico d'india che circonda il faro. 

Puoi sentire tra le labbra il sapore zuccherino e la calda luminosità dei sorrisi di Nike, il profumo fresco del rosmarino che emanano i suoi capelli lasciati liberi. Liberi come lo è lei adesso. 

E la vedi, in lontananza, la sagoma  sfumata di Nike sulla scogliera, con lo sguardo limpido, immerso nell'agrumata azzurrità  mediterranea, mentre la salsedine le fa brillare i capelli e gli occhi. 

Nel silenzio della canicola puoi farti cullare dal monotono cigolio della catena di una vecchia bici con la quale percorre il sentiero che si arrampica verso il faro e nei vicoli di Casebianche, con le guance arrossate dal sole e dalla fatica.

Puoi sentire ogni battito accelerato del suo cuore, quando la paura che il suo passato così ingombrante possa tornare e sfondare il muro di protezione che ha creato per sé e per il suo bambino.

Nike non è solo dolore e paura ma è, soprattutto, orgoglio, speranza e amore. 

È voglia di libertà, di poter viversi ogni giorno, di abbandonarsi, finalmente, a un amore vero e puro, senza divieti e catene a minare la sua voglia di essere sé stessa e ciò che ha sempre desiderato essere. Se la sua libertà si potesse tradurre in un profumo, sarebbe quello del vento, del sale, dell'azzurro e delle erbe aromatiche che crescono selvatiche nei sentieri.    

Nonostante "l'isolamento" rigenerante nel quale ha deciso di rifugiarsi, Nike non si incammina verso la rinascita da sola.

Intorno a lei ruota un caleidoscopio di personaggi positivi, belli e solari. 

Ognuno con la propria croce da trascinare ma, grazie all'arrivo della donna, un po' più leggera perché condivisa.

Perché Nike non si nega, aiuta e si lascia aiutare in nome dell'amicizia e si, anche della spiccata curiosità sul misterioso passato dell'ex proprietaria del faro in cui vive.


" Cara donna del faro, ho bisogno del tuo aiuto. "


C'è un mondo di emozioni e sentimenti da scoprire nel profondo sottobosco degli occhi di Nike, che frugano curiosi nelle lettere ritrovate nello scantinato del faro, e Valentina ce lo svela anche attraverso la perplessa e contrastante perplessità di Daniel, un affascinante chef, aumentando la nostra curiosità fino alla fine.

Il faro, simbolo di protezione, di luce che rischiara il cammino verso casa, è il filo conduttore della storia. 

Rifugio sicuro, ben ancorato alla dura scogliera della quotidianità, combatte ogni giorno una tempesta sempre diversa. 


" Qualunque sia il mistero che nasconde, giuro che lo scoprirò."


Ogni giorno più provato e usurato, ma ancora lì, aggrappato al suo sperone, pronto a ricominciare da capo ogni mattina, rivelando  segreti delicati, una tragedia terribile e tanto amore. 

La penna di Valentina scorre fluida e delicata come i leggeri abiti di Nike, tra i vicoli di Casebianche, lungo il sentiero che serpeggia tra la scogliera che porta alla caletta, nei profumi del cibo preparato dalle mani sapienti di Daniel e nell'aroma intenso del caffè alla mandorla di Giada.

Ogni capitolo è un'esplosione di colori e sapori, ma anche di suoni e musica antica, come una danza atavica e liberatoria.

Insieme a Nike il lettore percorrerà il sentiero di un viaggio sensoriale che sfocerà anche nella dura realtà che sta cercando di occultare i ricordi di un amore impossibile ma più ardente del fuoco. 

Un mulino a vento contro il quale sembra impossibile combattere ma che, grazie alla caparbietà di Nike, alzerà bandiera bianca, anche se solo per un infinito, commovente attimo.

In questo romance i temi affrontati dall'autrice sono tanti e tutti attuali. 

La violenza sulle donne è il principale, raccontato con schiettezza ma con l'animo delicato che contraddistingue Valentina. Le cicatrici, il dolore, la paura di Nike sono elementi vividi e palpabili, capaci di scatenare, nel lettore, protezione e difesa a qualunque costo.

Un altro argomento grigio e doloroso è l'Alzheimer, il male che cancella la memoria e l'autonomia dell'uomo. Valentina ha preso per mano l'argomento cullandolo ma con la consapevolezza di chi sa che dietro ogni effimera emozione scaturita da un tenue ricordo improvviso, c'è la realtà del buio con la quale dover combattere.

Lettere dal faro non è solo dolore, è anche amore per la terra che ci ospita, per il suo cibo e i profumati prodotti che offre;  è la suadente melodia della voce di una giovane donna che, attraverso il canto, trova il coraggio di inseguire la felicità; è la voglia di amare di nuovo dopo un matrimonio andato in fumo; è il profumo acre e antico dei ricordi rimasti intrappolati per troppo tempo nella carta da lettere nascosta in uno scantinato.

E poi c'è il profumo delle mandorle, del caffè nero e forte, il profumo frizzante del vento che sferza la roccia del faro, quello dolce-amaro, come il risotto ai fichi e rosmarino, della consapevolezza che la libertà ottenuta dopo una dura lotta è la base per ricominciare a vivere nella luce dell'amore per la vita.

L'unico modo per poter vivere queste spumose sensazioni è quello di fare un salto in libreria e immergervi nelle  acque cristalline di Otranto e dintorni, lasciandovi trasportare dalla sinfonia del vento.

Valentina sa scrivere, e questo romanzo ne è la conferma. Un ritorno alle origini che ha fatto centro, che ha saputo coinvolgermi nel mondo di Nike per il tempo di una notte, sempre più avida di arrivare in fondo. 

Ogni volta che arrivo ai ringraziamenti finali di un suo romanzo, mi viene voglia di chiamarla per chiederle: "Ma dove le scovi certe similitudini così perfette, da dove nascono tutte queste idee? Quanto lavora la tua mente?" E lei, con tutta la dolcezza e la calma di cui dispone mi risponde, sorridendo: "Dovrò pur guadagnarmi la pagnotta, bisogna inventarsi sempre qualcosa di nuovo."

Datele una possibilità, potreste scoprire nuovi e infiniti orizzonti dietro le nuvole afose di questa estate mordace.

Buona lettura,

Tania C.


 




mercoledì 26 febbraio 2025

IL LIBRO A FUMETTI DELLA STORIA DI LUNI La città romana di Luna dalle origini alla decadenza Palandrani - Guerra - ED. CIRCOLO LEONARDO EDITORE

 



IL LIBRO A FUMETTI DELLA STORIA DI LUNI

La città romana di Luna dalle origini alla decadenza


Autori: Palandrani 

Illustrazioni: Guerra

Ed. CIRCOLO LEONARDO EDITORE

Anno di pubblicazione: Massa 2002

Genere: Storico


CONOSCIAMO GLI AUTORI

CLAUDIO PALANDRANI

Palandrani nasce a Pontremoli (MS) il 30 settembre 1954. 

Dopo il percorso di studi superiori all'Istituto Statale d'Arte "Felice Palma", si diploma nel 1973.

Segue una laurea in Architettura presso l'Università degli Studi di Firenze.

Opera per anni in ambito di marketing creativo e design industriale, alle dipendenze di un'azienda di Parma.

Attualmente impegnato nella libera professione di architetto, è anche titolare della cattedra di Progettazione e Geometria Descrittiva presso l'Istituto Statale d'Arte di Massa, dove vive e lavora.


NICOLA GUERRA

Nato a Massa il 25 novembre 1969, frequenta l'Istituto Statale d'Arte "Felice Palma" di Massa. Dopo aver conseguito il diploma di maturità artistica, presso il Liceo Artistico di Carrara, frequenta, sempre a Carrara, il corso di Pittura presso l'Accademia di Belle Arti.

Vive e lavora a Massa svolgendo l'attività di illustratore pubblicitario e disegnatore  di fumetti.


UN PO' DI STORIA E IMPRESSIONI



Anfiteatro romano Città di Luni, foto personale


Cari lettori della Valigia buon pomeriggio. 

Oggi vi lascio una recensione un po' insolita. 

Il genere storico non è il mio cavallo di battaglia, anzi, non mi vergogno a confessarvi che spesso e volentieri, evito come la peste romanzi, saggi, e testi puramente storici, a meno che non sia interessata a un periodo storico in particolare o ad accadimenti specifici.

L'eccezione che conferma la regola è il testo a fumetti che vi presento oggi, intitolato: IL LIBRO A FUMETTI DELLA STORIA DI LUNI. La città romana di Luna dalle origini alla decadenza.

Questo testo illustrato magistralmente, racconta la storia, la gloria e la caduta del mio paese, Luni, il primo comune ligure per chi proviene da Roma, insignito del titolo di Città di Luni da Sergio Mattarella, proprio per il valore e prestigio storico della cittadina romana di Luna.

Io sono di La Spezia, ma vivo a Luni da sempre e ho sempre ritenuto importante conoscere le proprie origini e quelle del luogo in cui si vive, perciò, quando ho notato questo testo nella biblioteca comunale, non ho potuto fare a meno dal noleggiarlo.

A grandi linee la storia la conoscevo già, grazie alla mia maestra delle elementari che ci portava spesso al sito archeologico e ci raccontava le gesta dell'antica e grandiosa Luni, splendida Civitas.

La città di Luni nacque in una landa pianeggiante chiamata piana del Magra, il fiume che ne bagna le sponde, nella riviera di Levante, ai piedi delle Alpi Apuane della vicina Toscana.

Le antiche tribù  vivevano lungo il territorio che va dal mare e si inerpica sulle aspre montagne dell'entroterra.

Leggenda narra che nel '700 a.C. gli Etruschi fossero abitudinari a spingere le loro incursioni tra Arno e valle del Magra, scontrandosi con la popolazione indigena. Ma di poca rilevanza e riscontro è la documentazione archeologica.

Per i romani, invece, dal 280 al 177 a.C. fu impresa non facile resistere ai Liguri-Apuani che cercarono di difendere il loro territorio dal dominio degli "invasori".

A causa di ferine azioni da parte dei romani, i Liguri - Apuani si videro sconfitti e la popolazione ribelle costretta alla deportazione di massa nel Sannio.

Nel 177 a.C., il vuoto demografico venutosi a creare, fu colmato pochi anni dopo con l'invio di 2000 coloni romani per ripopolare quelle terre. Era l'anno 177 a.C. anno della fondazione di Portus Lunae, ma alcuni gruppi di Liguri-Apuani, sfuggiti alla deportazione, continuarono a contrastare i romani, cercando di difendere la propria terra.

Proprio in quell'anno venne fondato Portus Lunae.

Nel 155 a.C. il Console Claudio Marcello , riuscì a sconfiggere definitivamente i ribelli resistenti sulle alture di Monte Marcello, un colle a picco sulla rocciosa costa marina, vicino alla cittadina.

Dopo aver preso dominio di tutto il territorio, i Romani proseguirono le loro opere di colonizzazione, bonificando tutto il territorio paludoso e collinare circostante, ripristinandolo a terreno agricolo.

Portus Lunae si stava avviando verso lo sfavillio opulento dell'età imperiale, sostenuta dalla produttiva esportazione del pregiato marmo di Carrara che, dopo essere stato sapientemente e ingegnosamente portato a valle con tecniche di ingegneria umana, veniva imbarcato alla volta di Roma.

I preziosi rinvenimenti del sito archeologico di Luni hanno messo in luce la bellezza e lo splendore di Portos Lunae, tanto da pensare che venisse essere messa in competizione con la bellezza immensa di Roma.

Mentre l'Impero romano iniziava il suo declino, nel '410 d.C. i Goti, comandati da Alarico, invasero Roma devastandola ma Luni, grazie alla sua posizione geografica strategica, riuscì a resistere ancora per qualche tempo alle invasioni, finché i Goti non ci misero le grinfie sopra in tutto il territorio circostante.

Dal 489 al 553, il dominio gotico allargò la sua estensione anche nella piana di Luni e, nel 553, i Bizantini di Narsete, sconfissero i Goti occupando la cittadina, ben conscio dell'importanza economica e strategica del territorio. 

I Bizantini, per difendersi dall'avanzata Longobarda, realizzarono una cospicua rete di castelli e fortini che si estesero fino a Ravenna.

Nel 643 d.C. i Longobardi ebbero la meglio e governarono circa 130 anni sulla Lunigiana e Luni fino a Garfagnana e Lucchesia.

Gli anni a seguire furono duri per tutta l'Italia e anche per Luni, furono anni di dominio barbaro.

Con la vittoria di Carlo Magno sui Longobardi, il dominio Franco portò a un regime feudale che sconvolse profondamente Luni

Il VII e l’VIII secolo furono anni di imbarbarimento per la Lunigiana e per l'Italia intera. Dopo la vittoria di Carlo Magno sul re longobardo Desiderio a Pavia (774 d.C.), la dominazione
Franca introdusse ovunque il regime feudale. In quegli anni Luni subì un vero sconvolgimento.

Leggenda narra che Luni subì invasioni e distruzioni per ben otto volte.

La prima, in data 856 d.C., avvenne per mano dei normanni, i quali, credendo di essere giunti a Roma, vennero ''ingannati'' dallo splendore del porto e della bianca città di marmo che decisero di depredarla delle sue opere d'arte e ricchezze per poi distruggerla, uccidendo il Vescovo e tantissimi cittadini.

A causa delle continue incursioni degli invasori, la popolazione rimasta fu vittima di pestilenze e venne costretta ad abbandonare il lavoro agricolo, retrocedendo alla più facile pastorizia, a nuova avanzata delle paludi e al diffondersi della malaria.

La retrocessione portò Luni all'indebolimento e vulnerabilità, diventando facile preda dei pirati Saraceni e di Mughaid che invasero la città profanandola e islamizzandola, trasformando in Moschee le Chiese del territorio.

La disfatta di Luni è incerta, a causa della mancanza di documentazioni storiche. 

Sarà a partire dal X secolo che grazie al Codice Pelavicino, il "LIBERIRIUM"  della Curia Lunense, che si potranno avere documenti, atti vescovili e notizie certe sulla storia di Luni e Lunigiana Medioevale.

A grandi linee questa è la storia gloriosa di Luni, splendida Civitas. 

Ho raccolto e riportato queste notizie dalle pubblicazioni del professor Elio Gentili, custode storico di Città di Luni. 

Ovviamente nel racconto a fumetti è tutto molto più articolato e impreziosito di dialoghi e aneddoti, oltre che ad accenni storici approfonditi. 

Lo stile dell'autore è molto semplice, rendendo la lettura adatta sia a bambini che adulti, anche ai più ostici e diffidenti verso le letture storiche.

I fumetti sono sapientemente illustrati, le figure caratterizzano appieno emozioni, sentimenti, fisicità delle persone dell'epoca e la ricostruzione storica è fedele a ciò che si può ammirare nel sito archeologico.

Questo prezioso testo storico è un gioiellino da non lasciarsi scappare se siete amanti del genere.

Come vi ho accennato, in questo periodo ho avuto il piacere di riscoprire l'importanza delle biblioteche. Non solo il risparmio economico, etico e ecologico a livello globale è inestimabile, ma ancora più preziosa è la memoria storica che custodiscono, insieme a qualche rarità come questo testo.

Ho fatto ricerca in rete ma non ho trovato siti dove poter acquistare il cartaceo, a parte qualche venditore privato, ma con prezzi esorbitanti per un usato. 

Il mio consiglio, per chi fosse interessato, è di farne ricerca in biblioteca.

Mi scuso con gli storici per eventuali errori e "castronerie" scritte, non sono storica e sicuramente mi sono sfuggite molti aneddoti e fatti. 

Sperando di avervi incuriosito, vi auguro buona lettura, lasciandovi alcune immagini scattate personalmente, nel sito archeologico di Città di Luni.

Tania C.


LUNI SPLENDIDA CIVITAS

SITO ARCHEOLOGICO














venerdì 14 febbraio 2025

Conferenza: RICOMINCIAMO A PARLARE DI DROGHE VECCHIE E NUOVE a cura di ROBERTO SBRANA E DEL COMUNE CITTÀ DI LUNI

 




Cari lettori della Valigia buongiorno e ben ritrovati.

Oggi non ci sarà la solita recensione, anche se alla fine, vi lascerò qualche consiglio sulle letture a tema di questo articolo.


Dottor Roberto Sbrana e Dottoressa De Masi Patrizia 


Ieri pomeriggio, nella sala Consiliare del mio Comune, Città di Luni (La Spezia), ho avuto il piacere di presenziare a un'interessante conferenza dal titolo RICOMINCIAMO A PARLARE DI DROGHE VECCHIE E NUOVE. 

Relatore Roberto Sbrana, psicologo, psicoterapeuta già Docente Università di Genova. 

Il curriculum del Dottor Sbrana è lungo e vario e, per chi è della zona e lo conosce, sa quanti ragazzi caduti nelle dipendenze da droga abbia aiutato in oltre 30 anni di carriera, proprio al S.E.R.T.


Maggiore Luca Panfilo e Maresciallo Giorgio Romanelli


La conferenza è stata moderata dal Sindaco Alessandro Silvestri insieme all'ideatrice della conferenza, l'assessora alle Politiche Sociali – Cultura - Pubblica istruzione e coadiuvata dal prezioso contributo dell'Arma dei Carabinieri, grazie alla disponibilità del Maggiore della Compagnia di Sarzana, Luca Panfilo e del Maresciallo della Caserma di Luni, Giorgio Romanelli che hanno magistralmente descritto la realtà quotidiana della loro  lotta alla droga nella nostra comunità, raccontando fatti di cronaca strazianti.


Il Sindaco Dott. Alessandro Silvestri

Ha aperto la conferenza il Sindaco Silvestri, rendendoci partecipi di quanto sia grave, oggigiorno, la situazione in ambito minorile. 

Come avvocato si trova sempre più coinvolto in casi dilaganti di tossicodipendenza e di tutti i guai che ne conseguono. Tra i tanti, oltre la detenzione di sostanze stupefacenti e furti, anche la violenza.

Alla base, sempre  più spesso, le famiglie all'oscuro della situazione ma che si ritrovano a chiedergli aiuto per i loro figli,  minori o poco più che adolescenti. 

Alessandro ha anche ricordato che un aiuto lo si può dare, ma bisogna che i ragazzi lo vogliano realmente e che ci sia una collaborazione a 360° tra i ragazzi, le Comunità che li accolgono, la famiglia e lo Stato che dovrebbe sostenere il tutto. Ha sottolineato anche che uscire completamente dalla dipendenza non è facile e non ci si riesce mai del tutto, la percentuale di chi riesce è, purtroppo, ancora molto bassa. 

La parola è passata subito al Dottor Sbrana, che ha descritto un quadro della situazione molto preciso, informando il pubblico in sala che, ad oggi, la droga che emette più vittime, è legale, venduta e consumata liberamente.

Questa droga ha un nome, si chiama alcol e ogni anno miete circa 18.000 mila morti contro gli 860 circa di overdose.

Quando si parla di droga e tossicodipendenza, viene facile pensare agli anni '70, alla siringa di eroina, ancora infilata nel braccio di un qualche ragazzo buttato in un angolo o al parco . Da quel periodo il corso degli eventi ha avuto una svolta esorbitante, è cambiata la società, la tecnologia si è evoluta e sono arrivate anche le nuove droghe, tra le quali, molto in voga negli ultimi anni, la ketamina, una sostanza sintetica utilizzata anche in veterinaria come tranquillante per i cavalli. 

Non entro in merito perché non è mia competenza, non essendo un medico, ma trovo perverso che i ragazzi debbano ricorrere all'uso di sostanze tossiche per "trovare un posto nel mondo".

L'età minima di ragazzi che fanno uso di sostanze, dall'alcol alle cosiddette "droghe pesanti", negli ultimissimi anni è scesa vertiginosamente alla soglia preoccupante dei 12 anni.

Il Dottor. Sbrana ricorda di aver chiesto a uno di questi ragazzi ragazzi come passa il propri0 tempo libero e la risposta è stata una pugnalata: "Non ne ho idea, non so cosa fare!"

Possibile che un ragazzino, soprattutto ai nostri giorni, non abbia idea di come passare il tempo libero, senza dover ricorrere a sostanze stupefacenti per avere un attimo di ebbrezza? 

Come si è arrivati a ciò?

Questa è stata la domanda fulcro della conferenza.

Senza demonizzare e incolpare nessuno, il Dottor Sbrana ha spiegato quanto sia importante, oggi, prendersi la responsabilità di ri-cominciare a parlare delle droghe e degli effetti devastanti che ne provoca l'assunzione: effetti sociali, economici, ma soprattutto fisici, portando spesso la vittima alla morte.

Una responsabilità che deve partire dalla famiglia, allargarsi alla scuola e alla comunità. 

Una rete fitta e collaborativa, che riesca a coinvolgere tutta la comunità, Forze dell'Ordine comprese, senza timore, ma con lo scopo di divulgare e educare non solo i ragazzi ma anche le famiglie.

Alla base di tutto, un collante potentissimo: il dialogo, che molto spesso viene meno per mancanza di tempo, per tabù o per scarsa documentazione sull'argomento.

È proprio il dialogo mancante a far sentire a disagio i ragazzi. La frenesia odierna ci spinge sempre di più alla solitudine, all'asocialità, a una socialità digitale o, peggio ancora artificiale.

L'uso smodato della tecnologia e dei media, delle compagnie frequentate, se non cautelati da una formazione di base e dalla sorveglianza della famiglia, per un ragazzino può diventare un veicolo trainante verso i pericoli delle dipendenze. 

Prendersi il tempo necessario per annoverare i valori, la fiducia nelle Forze dell'Ordine, negli insegnanti e nei genitori stessi, deve essere all'ordine del giorno in un contesto familiare e sociale sano. Certi tabù, sorpassati da tempo, devono sgretolarsi e lasciare spazio alla conoscenza.

C'è bisogno di cooperare insieme, di fare dei passi indietro, disconnettersi per qualche pomeriggio o giornata dalla realtà virtuale e vivere la propria vita, tornando a giocare a pallone nel campetto col compagno di banco, a corteggiare le ragazzine che ridono felici con le amiche, sedute sulla panchina della piazzetta, sfogliando un libro o osservando, nascoste dietro una rivista, il ragazzo che fa sognare tutta la scuola.

C'è bisogno di calore umano e di quella semplicità che la famiglia tornare a donare ai propri figli.

Ovvio che non è tutto così facile. 

Ogni persona, ogni ragazzo, è un caso a sé, con la propria personalità e capacità di reagire alle difficoltà, ma se si tornasse a parlare tutti insieme, pubblicamente, del campo che sta riprendendo la droga, si rimarrebbe sorpresi dallo scoprire quanto i ragazzini siano realmente interessati, ricettivi all'argomento e propositivi verso una soluzione.

Questo è ciò che è stato riscontrato dopo questa conferenza, tenuta sempre dal Dottor Sbrana, alla Scuola Media di Luni qualche giorno fa. 

Una sola goccia in mezzo a un oceano ha già creato una piccola onda nel Comune di Città di Luni e la speranza è che la divulgazione e nuove conferenze, attività di sensibilizzazione, possano far crescere questa ondina fino a farla diventare lo "tsunami" che spazza via tabù, paure e disinformazione. 

Il Dottor Sbrana, nel 2019, ha scritto un libro dall'omonimo titolo della conferenza, Ricominciamo a parlare di droghe, vi lascio qui sotto il link se desiderate acquistarlo o leggerne un estratto, scritto in maniera veramente semplice ed empatica, tipica dell'umanità dell'autore.

Cliccando sul link potrete trovare anche altre sue interessanti pubblicazioni.


https://www.google.com/search?sa=X&sca_esv=16afa8dc77c0fa71&rlz=1C1CHBD_itIT902IT905&sxsrf=AHTn8zpBDQPlQbw0J_Hqjl4fEZTI948L3w:1739483196015&q=Ricominciamo+a+parlare+di+droghe+Roberto+SBRANA&stick=H4sIAAAAAAAAAONgFuLVT9c3NEzPTsrKM7RMVoJwM0yL8owK0ou0pLKTrfST8vOz9RNLSzLyi6xA7GKF_LycykWs-kGZyfm5mXnJmYm5-QqJCgWJRTmJRakKKZkKKUX56RmpCkH5SalFJfkKwU5Bjn6OE9gYAUwNlipxAAAA&ved=2ahUKEwji4vbvz8GLAxXtxwIHHSHIHtMQ-BZ6BAgoECc&tbs=kac:1,kac_so:1&biw=1366&bih=607&dpr=1


Per chi invece volesse cimentarsi in letture a tema ma più crude, posso menzionare un "diario" controverso che lessi alle medie, a 12 anni: Alice i giorni della droga

Autore sconosciuto, il diario è una raccolta di esperienze di un'adolescente dal nome presumibilmente fittizio, Alice, che annota le sue giornate a base di droga e sballi da LSD su foglietti rimediati in giro.

Non si sa se Alice sia realmente esistita o sia opera di fantasia di un autore pure lui dipendente o, se la ragazzina abbia avuto un altro nome, opportunamente cambiato.

Il diario, edito da Feltrinelli, lo potrete trovare anche in rete, vi lascio sotto il link. È crudo, spiazzante, non lascia nulla all'immaginario, nemmeno sul macabro post effetto di alcune "dosi", ma è un documento prezioso che può aiutare a capire il mondo della tossicodipendenza.


https://www.feltrinellieditore.it/opera/alice-i-giorni-della-droga-1-2/


Altro titolo che mi viene in mente, un cult degli anni '80, Noi i ragazzi dello Zoo di Berlino, dal quale è stato tratto l'omonimo film e, molti anni dopo, il libro sequel La mia seconda vita, dove Christiane F. racconta della sua ricaduta nel tunnel, evidenziando quanto sia realmente difficile uscire dalla dipendenza. Entrambi li potete trovare su Amazon e sugli store digitali online.

Ultimo titolo, di più recente pubblicazione, è un romanzo thriller con qualche cameo paranormale, Teddy di Jason Rekulak, dove la tossicodipendenza e la lotta per uscirne della protagonista è uno dei fili conduttori del romanzo, che potrete trovare in tutte le librerie o store digitali.

Chiudendo questo articolo, ci tengo a ricordarvi che in ogni titolo che vi ho segnalato, il dialogo sincero e aperto con la famiglia, il medico, lo psicologo o l'educatore, è alla base per capire e superare le difficoltà in cui si incappa. 

Sempre.

Sperando di avervi sensibilizzato alla causa, vi invito a leggere anche altre pubblicazioni del Dottor Sbrana e a partecipare numerosi alle prossime conferenze organizzate dal Comune Città di Luni.

A presto e buone letture,
Tania C.




domenica 26 gennaio 2025

EUGENIO E LUISELLA di Isa Sivori Carabelli - Ed. MEF L'Autore Libri Firenze -

 




EUGENIO E LUISELLA

Autore Isa Sivori Carabelli
Ed. MEF L'Autore Libri Firenze
Pag. 94
Anno di pubblicazione 2012
Formato Copertina flessibile
In copertina Charles Angrand Coppia nella strada Mef Studio
Genere Storico-Biografico



CONOSCIAMO L'AUTRICE

Isa Sivori Carabelli, è nata a Rocchetta di Vara, in provincia di La Spezia.
Laureata in Pedagogia presso l'Università degli Studi di Parma, è stata insegnante  e autrice. 
Ha pubblicato le Opere Racconti di Guerra di "Gente comune", Testimoni del tempo e della storia, Leggende.



PREFAZIONE

"Eugenio e Luisella è un omaggio vero e sentito ad una generazione di italiani (e di europei) che hanno subito le ingiustizie e le atrocità di una guerra assurda: tanto assurda da aver dovuto passare attraverso l'orrore dell'Olocausto e dei campi di sterminio e di aver avuto bisogno, per concludersi, dell'esplosione di due bombe atomiche su altrettante città giapponesi. È, insieme, anche un omaggio alle nostre montagne, quelle dell'Appennino ligure, emiliano e toscano e alle tante borgate che sorgono sulle loro pendici e che vissero le vicende di quella guerra, forse senza riuscire a comprenderle...". 

(Dalla prefazione di Egidio Banti)


TRAMA E IMPRESSIONI

Cari lettori della Valigia, ben ritrovati.

Domani è la Giornata della Memoria e mi fa piacere segnalarvi una lettura breve ma ricca di sentimenti forti, che ci racconta, quasi fosse un grande dipinto, una parte di storia locale, vissuta tra le aspre montagne del comprensorio di La Spezia, fino ai campi di sterminio di  Auschwitz-Birkenau, passando per il campo di Fossoli e il Carcere Militare di Peschiera.

<< "Papà, mi racconti di quando eri partigiano e di come sei stato catturato dai tedeschi?" >>

Eugenio e Luisella è un lungo racconto biografico in versione romanzata, nato dalla penna di Isa Sivori Carabelli, cugina acquisita di mio padre e custode dei preziosi ricordi sul fascismo e sulla resistenza spezzina, vissuti in prima persona dai suoi genitori.
Ricordi potenti, tramandati dalla madre Isolina e dal padre Gino, un giovane partigiano ligure, forte e valoroso che è riuscito a sopravvivere agli orrori della Seconda Guerra Mondiale, alla fame, alla folle prigionia di Auschwitz e dei russi.
Fin da piccola Isa, spinta dalla curiosità di conoscere il vissuto dei genitori, inizia a raccogliere aneddoti e ricordi per poi tradurli in un racconto poetico, dal sapore di zuppa calda e fuoco scoppiettante.

<< ... Era il suo primo giorno di lavoro in quella zona lontana da casa e,  un pochino, si sentiva sperduto. 
Era il tre gennaio 1943. >>

Luisella è una bella ragazza dai lunghi ricci scuri, semplice e devota, che si innamora di Eugenio, affettuosamente chiamato Giò, un giovane buono, bigliettaio dell'autolinea locale dell'epoca, la Sita.
Eugenio, non ancora diciannovenne, decide di arruolarsi nei partigiani insieme ad altri ragazzi e uomini del paese che, come lui, si rifiutarono di far parte dell'esercito della neonata Repubblica di Salò, opponendo resistenza al regime nazifascista. 
Nascosti nel folto della selva dell'entroterra ligure, in provincia di La Spezia, ma anche lungo i labili confini dei crinali emiliani e toscani, molti giovani come il padre di Isa, danno il loro contributo fisico e morale affinché l'Italia potesse tornare un paese libero da ogni dittatura.
Anche Luisella, insieme all'aiuto dei suoi compaesani, attraversando boschi bui e sferzati dal vento gelido, apporta il suo contributo alla salvaguardia e sostentamento di quei giovani ragazzi, temporaneamente rifugiati tra le mura di famiglie benevolenti.
Purtroppo, i nazifascisti e le loro spie, avevano collaudato una rete ben fitta volta a scovare i "traditori" per poi imprigionarli e deportarli nei campi di concentramento: chi come ebreo indesiderato, chi come deportato politico o altre barbarie simili. 
Nonostante l'aiuto di Luisella, della cognata e di molti  amici, Eugenio, insieme al cognato e agli altri partigiani della zona, viene presto catturato e deportato dapprima nel Campo di Concentramento e Smistamento di Fossoli, che i più credevano, erroneamente, in smantellamento, poi nel Carcere di Peschiera del Garda e, infine, oltre i cancelli del campo più terribile della storia: Auschwitz II-Birkenau.
Malgrado i ragazzi abbiano cercato con tutte le loro forze di mettersi in salvo, scappando in piena notte e mezzi nudi nei boschi del paese, i tedeschi riescono a catturarli deportandoli subito a Fossoli, con tanto di documento beffardo e umiliante attestante che:
"Tal dei tali è stato ingaggiato  provvisoriamente per lavoro ".
Dopo una breve permanenza nel campo di Fossoli, il povero ragazzo, viene deportato per qualche giorno nel Carcere Militare di Peschiera del Garda, condannato a eseguire dei lavori forzati. 
Proprio da Peschiera, durante una svista delle guardie, il giovane Giò, già molto provato dalla prigionia, riesce ad assentarsi qualche attimo per acquistare una cartolina da inviare all'amata Luisella. 
Una cartolina raffigurante una bella bambina riccia che stringe a sé una bambolina. 
Bella come la sua amata!
Chissà quanto le avrebbe fatto piacere riceverla!
Questo pensa Giò, mentre in fretta e furia si reca nel negozio, rendendosi poi conto di non avere denaro per pagare cartolina e spedizione.


<< Allora, senza perdersi d'animo, rivelò alla giovane chi egli fosse e lei, mossa a pietà, gli fece cenno di uscire alla svelta, bisbigliandogli i suoi auguri. >>



Cartolina originale che Gino Sivori scrisse alla fidanzata Isolina durante la prigionia nel Carcere Militare di Peschiera del Garda



Posso solo immaginare l'umiliazione, il dolore e la "sconfitta" che ha provato in quel momento il povero Eugenio.
Ma le anime buone esistono e, durante la lunga prigionia, Giò ne ha trovate tante, tra le quali la signora della piccola bottega che, impietosita dalle condizioni fisiche e dalla sua umiltà di prigioniero, gli dona quel cartoncino illustrato col cuore.

Eugenio riesce così a mandare notizie alla fidanzata; pur non avendo denaro per la spedizione, la bontà divina guida quella piccola immaginetta, datata 4 ottobre 1944, fino in Liguria, a casa di Luisella, in preda all'angoscia ma pronta a lottare con tutte le sue forze contro il regime nazifascista.
Da Peschiera ad Auschwitz il passo è fin troppo breve, stipati come rifiuti in un vagone che percorre i binari del non ritorno. Dentro a quel vagone solo disperata rassegnazione, nessuna speranza e troppa morte coi suoi effluvi opprimenti.
Marchiati a fuoco come prigionieri politici, Giò e i suoi compagni vengono rinchiusi nel campo lavori forzati, non senza aver prima preso visione di ciò che sta macabramente accadendo a migliaia di ebrei.
La permanenza ad Auschwitz è dura, anche se per il momento c'è solo la condanna ai lavori forzati e, forse, una piccolissima speranza. 
La sopravvivenza, giorno dopo giorno, diventa sempre più difficile: i morsi della fame sono attanaglianti, il cibo scarseggia e quel poco è ripetitivo: circa 100 gr. al giorno di pane nero, duro, a testa, poca acqua e, quando va di lusso, qualche briciola di patata, spesso raccolta scavando la terra a mani nude.
Il deperimento fisico e cognitivo avanza quasi di pari passo e molti periscono sotto il peso dei lavori o per inezia.
Eugenio non si scoraggia, nonostante sia ridotto pelle e ossa, i suoi lineamenti delicati e buoni, la sua dignità, l'amore per la fidanzata, riescono a sopraffare il dolore. 
È proprio l'amore verso la ragazza, la quale aveva sì perso la voglia di lavorare, ma non l'ardore, che riesce a mantenerlo in vita in quei quattro lunghi mesi di prigionia senza mai perdere del tutto la speranza di poterla riabbracciare.
Finalmente la mattina del 27  gennaio 1945 quelle povere anime disperate, si svegliano senza la solita raffica di spari, senza i bombardamenti e le grida feroci dei tedeschi: i russi, dopo aver sfondato il fronte polacco, sono entrati nella Nazione mettendo in fuga i nemici! 
A mezzogiorno, con lo sguardo incredulo e allibito, i ragazzi avvistano il primo carro armato russo che sfonda il cancello del campo abbattendo, finalmente, l'ipocrita insegna  "ABREIT MACH FREI". 
La disperazione comincia a trasformarsi in gioia e speranza, soprattutto all'arrivo degli altri carri che, in poche mosse, fanno crollare il magazzino viveri! 
Quasi non sembra vero.
Finalmente possono prendere cibo vero, nutrirsi o barattarlo con altre cose utili e poi, non appena le forze lo avessero concesso, avrebbero potuto tornare a casa.
I russi curano  Giò e i compagni, li rifocillano poco per volta, per non creare danni a un corpo già troppo logorato dagli stenti e li rimettono "in forza", per quanto si potesse coi pochi mezzi dell'epoca, in modo che poi i ragazzi stessi potessero aiutare i russi a curare i loro soldati.
Purtroppo, nonostante quella nuova libertà acquisita, l'agonia non è ancora finita. 

<< Caricato su un camion, Eugenio fu trasportato in un campo di smistamento situato poco lontano dalla città di Katowice, una zona non lontana da Auschwitz, mentre Tonio e Dino furono mandati in un altro luogo. >>

I russi caricano Giò, i suoi amici e gli ex prigionieri su un camion diretto a un campo di smistamento nei pressi di Katowice. 
Gli amici verranno però smistati in un altro luogo e Giò si ritrova a vivere sì libero, ma pur sempre sotto il dominio russo, sistemato tra quattro mura mezze diroccate, dividendo giaciglio e cibo con un uomo buono, molto colto e dignitoso che si chiama Primo Levi.
Il signor Levi si presenta a Eugenio come un giovane ebreo, scampato al fuoco dei forni grazie alla sua professione di chimico, che i tedeschi vollero sfruttare per comodo.
Un compagno di vita molto importante per Eugenio e anche per alcuni compaesani di Luisella, appena ritrovati in quel nuovo campo. 
Le giornate, anche se trascorse in quell'apparente libertà, ora sono illuminate dalla compagnia dei paesani ritrovati insperatamente e dal sapere della cultura che Primo Levi decide di condividere con loro.

Leggere questo ricordo mi ha aperto l'anima, portandomi a riflettere su quanto la speranza e la gioia per ogni piccola conquista, possa aiutare a mantenere viva la dignità e l'umanità, anche in mezzo alla follia, alla disperazione più nera.

Il tempo passa e la vita nel campo dei russi comincia a irrigidirsi sempre di più: il cibo, nonostante i pasti siano leggermente più regolari, scarseggia ed è ripetitivo, 100 gr. al giorno di pane nero duro come le pietre, un triangolino di formaggio nero e acqua nera.
L'acqua nera, ricavata da radici e erbe amare e spacciata per caffè, viene spesso usata per lavarsi e per dare un po' di calore alla pelle ma le forze continuano a mancare e i russi sono "strani".
Non ci si può fidare delle loro promesse di rimpatrio che, giorno dopo giorno, fino a diventare mesi, si ripetono  evasivamente senza mai arrivare ai fatti.
Giò sa che se lui e gli amici vogliono tornare a casa devono giocarsi tutto e scappare prima che possono.
Dalla Polonia la strada è lunga ma, il 15 giugno 1945, i ragazzi, grazie a uno stratagemma, riescono a fuggire alla guardia che li stava conducendo verso una nuova prigionia. 
Una volta arrivati a Katowice, trovano aiuto grazie a dei buoni contadini che mossi a pietà, vedendo quel gruppetto di italiani scheletrici e disperati, condivide con loro il poco cibo e un riparo per la notte. 
Il mattino presto, dopo quella notte, inizia un lungo peregrinare fino in Austria, aiutati dalla carità degli abitanti e in preda alla alla paura di essere riportati nel campo russo. 
Ma così non è stato, fortunatamente.
Attraverso arrampicate sulle montagne, lunghe scarpinate nei boschi e con il freddo a mordere il collo, ecco pararsi innanzi a loro il fiume Mur, in Stiria, a significare la tanto attesa salvezza: gli americani.
Sono proprio gli americani, al mattino, a trovare il gruppetto di italiani, infreddoliti, bagnati e duramente provati.
Li vestono con vestiti nuovi, li rifocillano con cibo nutriente e buono, bevande calde e sigarette e poi, finalmente, dopo cinque giorni di cure e riposo, li fanno salire su camion che li avrebbe condotti al confine italiano.
Giunti a Tarvisio, finalmente nella cara Patria Italia, Giò da libero sfogo alle proprie emozioni e, raccolta una pietra dal suolo della sua Terra, riprende il lungo cammino verso la Liguria, dalla sua  Luisella...

Da qui in poi passeranno ancora alcuni giorni, ma il lieto fine è vicino.
Non lo spoilero perché è facile dedurlo e non servono altre parole se non un sentito e infinito grazie a chi ha sempre protetto e aiutato quelle povere anime.
Questo racconto, dal sapore di romanzo, è un documento prezioso per la Memoria storica ligure, nazionale e mondiale. 
Una storia che meriterebbe di essere letta nelle scuole, in memoria di ciò che è stato e della speranza che ha tenuto saldi i cuori e menti di migliaia di persone fino alla libertà.
Un aneddoto, narrato nel libro, che mi ha fortemente commosso, è stato il gesto che Eugenio e i compagni hanno compiuto prima di lasciare il campo di Auschwitz: hanno raccolto alcune manciate di cenere fuoriuscite dai forni in modo da rendere degnamente onore a tutte le vittime innocenti della macabra follia di un pazzo assassino.
Come si può restare insensibili di fronte a tanta umiltà e generosità?
Lo stile narrativo dell'autrice è limpido e scorrevole, semplicità e modernità si fondono a creare una poesia romanzata che scorre come un fresco torrentello di montagna pronto a gettarsi in un lago come fosse la nostra anima.
L'amore forte e incondizionato di una bambina verso i propri genitori traspare in ogni capitolo, soprattutto nell'avidità di conoscere sempre di più di quel buio periodo storico.
Un doveroso ringraziamento mi sento di porlo al compianto Gino Sivori, padre dell'autrice, per l'immenso contributo lasciato alla Memoria. 
Non tutti i sopravvissuti ad Auschwitz sono riusciti, almeno nei primi anni, a raccontare in maniera così dettagliata gli orrori subiti e costretti a vedere.
Di orrori ne vengono descritti tanti anche nei racconti di Giò, non ve li trascrivo ma lascio a voi la decisione di saperne di più leggendo il romanzo, che si legge veramente in un'ora.
Ma fa riflettere su quanto l'essere umano abbia ben poco capito dal passato e penso che sia questa la storia che dovrebbero insegnare i libri di scuola, affinché gli orrori del passato non si ripetano. 
Ancora oggi si compiono Olocausti terribili per mano di pazzi che manovrano inutili guerre e  nuovi dittatori che manipolano il popolo, rendendolo una massa di scheletri automi, servitori di un  regime totalitario ma talmente "democratico" ed evoluto da farli morire di fame, ignoranza e violenze.
E nessuno riesce a fare qualcosa per riportare questi popoli alla vita dignitosa che meritano.
Ringrazio Isa Sivori Carabelli per avermi dato la possibilità di leggere e conoscere questa storia familiare straziante ma, fortunatamente, a lieto fine, se pur con tutte le difficoltà passate.

Purtroppo, ad oggi, il romanzo si può reperire solo su Amazon e, a quanto ho potuto constatare, è presente una sola copia. 
Il mio consiglio è quello di cercarlo in qualche biblioteca o, se siete della zona di Sarzana (La Spezia), di cercarlo tramite passaparola. 
Chissà che non ci sia la possibilità di qualche ristampa...
Fortunatamente, anche se non riuscirete a leggere il libro, potrete guardare l'intervista a Gino Sivori nei link che vi lascio qui sotto:





Durante questa bella intervista, Sivori racconta i suoi ricordi tramandati alla figlia e riportati nel romanzo.
Sperando che questa recensione vi sia piaciuta, vi auguro tante belle nuove letture.


Tania C.

Carrellata di foto personali scattate durante una visita al Campo di concentramento e smistamento di Fossoli, nel quale furono internati Gino Sivori e tantissimi compaesani insieme a Primo Levi.










Recensione LETTERE DAL FARO di Valentina Cebeni - Ed. Sperling & Kupfer -

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