mercoledì 30 gennaio 2019

Recensione di 13 ANNI DOPO DI KERRY WILKINSON



TREDICI ANNI DOPO

Kerry Wilkinson
Ed. Newton Compton pag.331
Copertina rigida
Euro 9.90
Ebook disponibile

CONOSCIAMO L’AUTORE

Kerry Wilkinson è uno scrittore di thriller, bestseller dall’Inghilterra a Singapore con un milione di copie vendute in tutto il mondo. Originario di Somerset, passò la maggior parte della sua vita nel nord Inghilterra. Ogni tanto può capitare di essere a corto di idee, in quel caso inforca la sua bici per lunghe passeggiate ispiratrici o, indossato il grembiule, sforna dolci.     
13 anni dopo è il primo romanzo pubblicato in Italia da Newton Compton. 
Per chi volesse approfondire la conoscenza dello scrittore puo’ visitare il suo sito al seguente link http://kerrywilkinson.com/


TRAMA

’ Vorrei rivelarle il mio nome, ma le parole non riescono ad uscirmi di bocca – e comunque non ne ho bisogno ’’

Olivia Adams è una bambina di sei anni quando, dal giardino di casa dove sta giocando, in una tranquilla cittadina della periferia londinese, scompare nel nulla senza lasciare traccia, se non qualche confusa e ambigua testimonianza.
Tredici anni dopo la tragica scomparsa della piccola, una ragazza fa la sua comparsa in città asserendo di essere proprio Olivia Adams, la bambina scomparsa.
Si presenta nel bar dove lavora la madre Sarah, la  quale non ha nemmeno un momento di esitazione nel riconoscere la figlia che non ha mai smesso di cercare. La donna lascia trasparire solo in parte la felicità riguardo al ritorno della figlia,  mantenendo però il  distaccamento di chi, ormai, deve iniziare a rassegnarsi agli eventi della vita e la freddezza di chi non vuole confrontarsi con gli scheletri sepolti in un armadio appartenente al passato.

“I nostri sguardi si incrociano per un attimo: scorgo la sua anima, e capisco che, più di ogni altra cosa, io sono la figlia di mia madre”

Olivia racconta la sua storia alla madre. La storia di un rapimento, celata negli archivi della sua memoria di bambina e che solo da poco è riaffiorata insieme ad altri ricordi del passato.
A prima vista la storia raccontata da Olivia sembra plausibile, se non fosse per alcuni punti oscuri: dove ha vissuto sino ad allora la ragazza, in quale modo? Cosa è realmente accaduto in quel giardino nella canicola del pomeriggio della scomparsa? Cosa nascondono il buco temporale di due anni e alcuni ‘’vuoti’’ della vita di Olivia?
Cercando di far luce sull’alone di mistero che circonda la ragazza che sostiene di essere la bambina scomparsa 13 anni prima, qualcuno non è contento del suo ritorno perché questo significa portare alla luce segreti rimasti sepolti per troppi anni …


IMPRESSIONI

Il mio fidanzato è un lettore vorace, ma abbiamo gusti differenti. Mi passò 13 anni dopo convinto che mi sarebbe piaciuto, in quanto il romanzo si presentava fuori dai canoni del classico thriller ricco di suspense: non sbagliava, anche se non è il genere che preferisco.
Sin dalle prime pagine, narrate dalla voce di Olivia, mi sono ritrovata coinvolta nella sua accattivante e misteriosa storia.
Pagina dopo pagina, con un linguaggio semplice ma intrigante, capace di incuriosire chi legge, prendeva forma la storia della bambina scomparsa, compianta e commemorata dai cittadini in parallelo alla nuova Olivia, la bambina ormai giovane donna con un passato lacunoso su cui fare luce.
Nessun capitolo scontato o prevedibile, conduce il lettore sino alla fine, dove finalmente, vengono svelati i retroscena torbidi di tutto quello che ruota intorno alla vita di Olivia. In ogni capitolo nuovi indizi, nuovi retroscena che sconvolgono la storia rimettendo tutto in gioco.
Come ho detto all’inizio, il romanzo si presenta come thriller, anche se, durante lo snodarsi della storia ricca di dettagli e descrizioni, potrebbe sembrare, forse, un romanzo drammatico. La storia  inizia dalla fine, ovvero dal ritorno di Olivia, sottoforma di un racconto quasi a tinte rosa e drammatiche, ma sarà solo negli ultimi capitoli che l’autore svelerà la vera natura thriller. Anche se potrebbe sembrare uno scivolone dello scrittore, il lettore non ne resterà deluso. L’autore poteva forse mettere un po’ di suspense in più, ma probabilmente è stato volutamente scritto in toni soft, in modo da depistare anche il più bravo dei Sherlock Holmes …

Abbinare questo romanzo ad un cibo mi è un po’ difficile, vista la sua natura multiface. Potrei azzardare a dei tacos messicani, delicati al primo assaggio ma esaltano il loro gusto con l’aggiunta di salsa piccante e queso (formaggio) fuso.
Buona lettura Tania C.


martedì 29 gennaio 2019

I LUOGHI DELLA MEMORIA


UNA GIORNATA DELLA MEMORIA NEI LUOGHI DELLA MEMORIA


Lo scorso 27 gennaio, in occasione della giornata della Shoah, ho avuto l’onore di poter visitare la prima di una mostra fotografica dedicata all’Olocausto. La giornata sembrava creata apposta per ben adattarsi al contesto del luogo e ‘’dei tempi’’: buia, gelida, piovosa e con una cappa di nebbia che derubava le persone delle sembianze umane, rendendole poco meno di ombre percepibili alla vista.

La mostra ‘’ Ad Auschwitz c’era la neve ‘’, oltre a ricordarci la poesia in musica di Guccini, racconta, incastonata tra le mura del Museo della Memoria, nel suggestivo scenario montanaro di Sant’Anna di Stazzema, sede del tragico Eccidio del 12 agosto 1944, il Viaggio fotografico dell’anima che quattro amici fotografi rapallesi, ma soprattutto uomini: Manuel Zucchini, Enrico Ravera, Adriano Cascio e Roberto Castruccio , hanno compiuto esattamente un anno fa tra Auschwitz e Birkenau.

Questi quattro amici, creatori de L’Officina fotografica indipendente di Rapallo, nata con l’intento di essere un laboratorio creativo volto al sostentamento, diffusione e sviluppo della fotografia in ambito artistico e culturale, durante il rigido inverno 2018, accomunati dal desiderio di condividere per crescere e confrontarsi, partono armati di macchine fotografiche e abbigliamento termico, alla volta dei Campi di concentramento di Auschwitz/Birkenau con l’intento di portare a casa qualche scatto per poter ‘’Coltivare la memoria’’.

Di foto ne hanno scattate, non tra mille difficoltà, dovute al clima e alla logistica dei luoghi protetti da teche, ognuno secondo il proprio personale sentimento. L’intenzione era quella di fare tesoro dell’esperienza e, un domani, di poter utilizzare quegli attimi catturati, per divulgare ai giovani e alle future generazioni, la memoria di tutte quelle storie che si celano dietro ad ogni passo fatto dopo aver varcato il cancello del ‘’Campo’’.
Il loro abbigliamento termico non bastò a tenerli al caldo durante la visita, passo dopo passo, il freddo pungente  si insidiava nelle loro ossa. 
Non fu quindi difficile, per loro, seppur ben coperti e protetti da abbigliamento tecnico ad uso in condizioni climatiche polari, calarsi nei panni di chi, durante la deportazione, ridotto a larva umana  e  con addosso solo brandelli di stracci. Duecento persone stipate dentro a baracche di legno con una capienza di max 40/50 esseri umani. Quattro o cinque persone compattate su castelli di tavolacce dure e fredde di due metri, adibiti a letto comune. Nulla per riscaldarsi se non  i loro scheletrici corpi e lembi della famosa divisa a righe. 
I più fortunati lavorano nelle latrine. Fortunati, direte? In quei luoghi dove il credo nazista ‘’Arbeit Macht Frei’’, portava alla morte chiunque varcasse la soglia dei cancelli, potevano ritenersi veramente fortunate tutte quelle persone che erano forzate al lavoro dentro al capannone adibito a latrina. 

Il luogo, se pur puzzolente e squallido, forniva loro un po’ di calore e speranza. Queste persone erano denominate ‘’gli Intoccabili’’, perché lavorando i quel luogo erano impregnate di un odore nauseabondo. Ma proprio quell’odore che li emarginava tenendoli a distanza da tutto e tutti, era fonte di una piccola speranza di salvezza, quella di scappare alla ‘’fabbrica legalizzata della morte’’.
Privati della loro identità, degli affetti, dei ricordi e di ogni dignità, ridotti ad essere un numero tra milioni di numeri, giorno dopo giorno, dopo estenuanti fatiche ai lavori forzati e violenze di ogni sorta, la loro vita era scandita da un lento avanzare verso la morte. Uomini emarginati, tra milioni di vite emarginate. Uomini che si aggrappavano all'umiliazione e all'annientamento in vista di quella piccola crepa dalla quale filtrava la luce della vita e, forse un giorno, della libertà ... 


Da sinistra Enrico Ravera, Manuel Zucchini, Roberto Castruccio, Adriano Cascio

Ogni singola foto, per la maggior parte in bianco e nero con qualche guizzo di colore, esprime il sentimento forte di dolore ma non di rassegnazione non solo di chi l’ha scattata, ma di ogni singola persona finita in quei luoghi di morte, dove morivi due volte: all'inizio con la dignità umana annientata, ridotta a meno di uno zero, con la morte fisica all'ultimo, trasportati dal vento. Da ogni scatto, quello del cuore, traspare  rabbia e impotenza verso la brutalità della ‘’belva umana’’, per dirla alla Guccini, sempre assetata di sangue, per la quale la vita umana non aveva valore alcuno. I nostri quattro amici, col loro viaggio fotografico, che oserei definire introspettivo, sono riusciti, invece, a dare il giusto valore alla vita di ogni essere umano, qualsiasi sia il luogo di nascita, credo politico e religioso.
Manuel, Adriano, Roberto ed Enrico sono riusciti nel loro intento, nato con umiltà e passione, di lasciare un segno tangibile negli animi di chi, come me, ha avuto la possibilità di visitare la loro mostra. 
Un segno che resterà indelebile grazie anche alla location di uno dei luoghi dei più tragici eccidi della nostra storia …


     
   Museo Storico della Resistenza di Sant'Anna di Stazzema
foto personale

Per chi desiderasse approfondire l’argomento, posto il link della pagina facebook  dell’Officina fotografica indipendente di Rapallo.


La mostra fotografica si protrarrà sino al 3 febbraio,approfittatene ...
https://www.facebook.com/775450859484395/photos/775486412814173/




                               

                                   Museo Storico della Resistenza di Sant'Anna di Stazzema  
foto personale

Non pubblico foto della mostra per rispetto a chi le ha scattate, per chi fosse impossibilitato alla visita lascio un link nel quale potrete ammirare qualche scatto. 

Tania C.

https://www.facebook.com/OfficinaFotograficaIndipendenteRapallo/videos/pcb.378950319348632/802354010127413/?type=3&__tn__=HH-R&eid=ARBrzynYGj28ZDZKsHqfnqaB5oO0YrF0Gp9IIZWxl97ifKmK00_v08f5hC3tllQKhVvGBiy-Xvxyc59t&__xts__%5B0%5D=68.ARBkAIgaIKT7mZ8DX4zuMs4KPD1qqpiIj3z9Hwyoxw3PIXyRLEu9YNw2OAv4nFwf-O28GwVG9rGDScBuFOYWQZLotlQb6H-36w95zU6k3aEpEBEr3-oiDy1h9DlqBjU9NOqjQeM9epQHu7bNyhXMw18MasM1GBPbylXhkcIOK3_sohy2lOAvoNXB983t6fwak4mmTzAAQH7VJNtJHVrHpBcDuxu8bV7KjbMy1dPqgyD7qIP-CMXz9n7KjhDNIL2xIWLEQ8Qu9T_jgP4q2Gg398lUi5k0hoB7gfxTLK5tcw_tlScYEiLqZXwMOGmjTUYxM_uoCThlEMNDWR0oz6c_a5ls0A2BUakCiT_tPtY-HZxbTax4PStTTWq7F8Kak9tHar1Q7S27SpDeGJMNZO5GusR4ZxcJVf0LIdRx6P4TOMVazDQFvk8A9nFffl-8RRuevgGjnj_EtceYQPZLL412O-Knl4hY8EEP

domenica 27 gennaio 2019

GIORNATA DELLA MEMORIA




Perché la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità? A che serve la memoria?
(Anonimo dal web)

Ci ho pensato un po' su prima di decidermi a pubblicare qualcosa per la Giornata della memoria. Cadere nella retorica de ''L'Olocausto va ricordato ogni giorno e non solo il 27 gennaio'' è facile. Una bella frase fatta, post pubblicato e l'anima in pace.Ma la verità, invece, è che dovremmo fare tesoro di quella frase ogni giorno che abbiamo la fortuna di vivere. Soprattutto in questo non facile periodo per la nostra Nazione dove, da anni ormai, si compie un Olocausto ad ogni levar del sole ...
Non aggiungo altro, lascio libera interpretazione alle mie parole. Guccini con le sue parole, i Nomadi con la loro voce e musica hanno ben espresso la realtà, passata e attuale. Affido al vento il loro messaggio.
Tania C.

sabato 26 gennaio 2019

Recensione di UNA SCONOSCIUTA A TANGERI


UNA SCONOSCIUTA A TANGERI
Christine Mangan
Ed. Piemme pag.307
Euro 19.50 copertina rigida
Ebook disponibile
Prima edizione ottobre 2018

CONOSCIAMO L'AUTRICE

Christine Mangan è un’autrice al suo primo romanzo. Laureata in letteratura inglese con una tesi sulla narrativa gotica del diciottesimo secolo, al suo esordio con Una sconosciuta a Tangeri, vede aprirsi le porte del grande schermo con Scarlett Johansson come protagonista. Il suo romanzo, conteso da undici editori americani e venduto in più di venti Paesi, è stato definito da Vogue <<Atmosferico e intenso come il talento di Mr. Ripley>>

TRAMMA

‘’Mi ero sbagliata : riguardo al passato, riguardo alla scatola, chiusa. Ormai ne ero certa ‘’

Marocco, per la precisione Tangeri, 1956. La città è nel pieno del suo quotidiano fervore, un’esplosione di luci, colori e profumi speziati che si mescolano a personaggi di ogni sorta, dai seducenti perdigiorno in cerca di turisti da raggirare, ad indomiti avventurieri sbarcati in Nord Africa in cerca di una nuova dimensione.
Alice è una donna americana, emigrata in Marocco col marito John, lasciandosi alle spalle un passato turbolento. Vive la sua vita in silenzio, nascosta tra le mura di casa , protetta dal turbinio di vite del mondo e da un passato ingombrante e poco chiaro, dietro alla finestra della sua nuova casa.
Il sottile equilibrio dell'apparente serenità di Alice comincia a vacillare quando, tanto inaspettatamente quanto prepotentemente, irrompe nella sua vita africana il passato. Un passato che ha un volto e un nome: Lucy. Amata/odiata amica dei tempi del college. L’amica affascinante e ammaliatrice, gelosa e possessiva, che conosce perfettamente ogni sfumatura e ogni debolezza del suo carattere. 
La sorpresa del ritorno Lucy, dopo tanti anni di silenzio, fa, per un attimo, dimenticare ad Alice tutto il passato, la sofferenza e il momento tragico che ha messo fine alla loro morbosa amicizia.
Alice è una persona fragile, a differenza di Lucy, non riesce ad integrarsi nella sua nuova vita in Marocco. E’ insicura, il suo matrimonio, all’apparenza felice, sta crollando sotto il peso di incomprensioni, umiliazioni, rassegnazioni e menzogne. 
Lucy la conosce fin troppo bene, sa tutto quello che sta passando e ne approfitta per manipolare l'amica, approfittando del ritrovamento del cadavere di John. E’ proprio durante la tragica scoperta della morte del marito che il passato di Alice  irrompe nelle loro vite violentemente. Quel passato che Alice aveva disperatamente cercato di dimenticare e che diventa un’arma tra le mani dell’ammaliatrice Lucy, la quale, approfittando del momento di disperazione, cercherà di unire per sempre a lei, come ai tempi del college, l’amica.

Per Christine Mangan si tratta del primo romanzo. Scelta non facile il thriller, e altrettanto impegnativa l’ambientazione tra le strette viuzze della medina di Tangeri. Un dedalo di colori, profumi e suoni che possono stordire chi si avventura per la prima volta in una città marocchina, non percependone, di primo acchito, il fascino avvolgente e sinuoso che solo le città del Marocco hanno. Due donne protagoniste, Alice, dal carattere mite, riservato e remissivo, dolce, come i paesaggi del Marocco; Lucy, affascinante ammaliatrice, sempre allegra e vitale, spirito camaleontico che si ben si adatta tra luci ed ombre della caotica medina di Tangeri.
Ad accomunarle è un passato tragico e torbido, che le ha viste unite da un legame che va oltre l’amicizia, per poi diventare quasi due estranee, divise da un lungo periodo di silenzio e da un Oceano tra due continenti così diversi tra loro, proprio come Lucy ed Alice.
La storia, narrata in prima persona dalle voci alternate di Lucy e Alice, conduce il lettore tra i colori e le grida del souq, il mercato della medina di Tangeri, nei piccoli locali dove si beve te alla menta e si fuma il narghilè, potendo quasi percepire il profumo fresco e frizzante della menta marocchina e i voluttuosi effluvi delle spirali di fumo fruttato del narghilè. 
Vicolo dopo vicolo, si arriva al cuore pulsante della città, un luogo dove mille sentimenti ed emozioni si scontrano, dove il sole non penetra, lasciando padrone il buio che nasconde ogni cosa, così come fosse il cuore dell’amicizia morbosa, gelosa, malsana, protettiva e avvolgente tra le due donne …
Riuscirà Alice a divincolarsi dai tentacoli di Lucy? Riuscirà Lucy a trovare pace e un amore pulito, puro che la faccia sentire finalmente felice? Lo scoprirete tra le pagine di Una sconosciuta a Tangeri.

Tipica finestra marocchina

IMPRESSIONI

Oltre ad essere una lettrice, sono anche una viaggiatrice. Il Marocco lo porto nel cuore sin da bambina. Crescendo ho potuto coronare il sogno di visitarlo. Ben dieci volte, e ogni volta scoprendo qualcosa di nuovo e di bello, che mi appagava cuore e vista. Ho iniziato ad appassionarmi alla sua storia, alle sue tradizioni, leggendo tutto quello che poteva farmi viaggiare con la mente attraverso le Capitali Imperiali, attraverso il Sahara o le montagne dell’Atlante, per poi tuffarmi nell’azzurro gelido dell’Atlantico. Durante una delle mie visite rilassanti in libreria mi è saltata subito all’occhio la sovra copertina sinuosa e sensuale, che quasi vuol lasciar trapelare i suoi segreti celati tra le mille mashrabiyya (le gelosie) di Una sconosciuta a Tangeri.  Grazie al mio fidanzato, lettore infaticabile pure lui, ne ho avuto una copia in regalo.
Non ho iniziato a leggerlo subito, sentivo che dovevo dedicarmi totalmente a quelle pagine, senza distrazioni e con attenzione. Il suo tempo è arrivato i primi di dicembre, al rientro di una gita a Milano, accovacciata al caldo, nel sedile di un pullman. L’atmosfera nebbiosa e grigia di una Milano pre natalizia, caotica e rumorosa mi ha aiutata a calarmi tra quelle pagine, quasi come fossi stata tra i vicoli stretti e chiassosi di una medina …
Lo stile narrativo del romanzo è abbastanza scorrevole, con lampi poetici che compensano qualche lacuna descrittiva, dove, forse, l’autrice avrebbe dovuto approfondire un po’ di più evitando di cadere nella prevedibilità del racconto. Nonostante tutto, la storia va avanti da sola, arrivando al finale, forse un po’ scontato ma che potrebbe aprire nuove ed interessanti porte.
Abbinare questo thriller ad una pietanza è piuttosto facile per chi, come me, conosce bene il Marocco, le sue tradizioni e la sua cucina. Tra le mille golose pietanze, più o meno speziate, abbino Una sconosciuta a Tangeri alla zuppa Harira, una zuppa di lenticchie, ceci e carne che si gusta alla fine delle giornate di digiuno del Ramadan assieme ad un biscotto dolcissimo, la chebakia, a base di miele, sesamo, aceto e spezie. La zuppa calda ricorda l’avvolgente calore della città, le spezie la briosità di Lucy, mentre il miele la dolcezza e la fragilità di Lucy.

Buona lettura
Tania C.

venerdì 25 gennaio 2019

Recensione de LA LOCANDA DELL'ULTIMA SOLITUDINE


LA LOCANDA DELL’ULTIMA SOLITUDINE

Alessandro Barbaglia
Ed. Mondadori Euro 17,00  
pag.163
Ebook disponibile
Nel luglio 2017, a Pontremoli, si è svolto il Premio Bancarella, premio letterario molto ambito, soprattutto dai giovani emergenti.
Tra i finalisti in gara Alessandro Barbaglia, un giovane Poeta e Libraio che vive a Cuneo. Il suo romanzo d’esordio è La Locanda dell’Ultima solitudine. Un racconto poetico che ruota attorno alla Locanda, un ‘’non luogo’’, dove almeno una volta nella vita tutti dovremmo rifugiarci.
TRAMA
''Nella vita si incontrano tante persone sbagliate. E poi, se si è fortunati, si incontra la persona giusta.» «Ma va’, che storia stupida questa. Non esiste la persona giusta. Non esiste perché siamo tutti un po’ sbagliati.» «Allora basta trovare lo sbagliato giusto.''
E’ il 2007 quando Libero, un ragazzo che vive a Città Grande, nella Casa Blu, tutta blu e vuota, con l’unica compagnia del suo cane Vieniqui e di un baule bianco, una sorta di scrigno che cela la mappa per realizzare i propri sogni, prenota un soggiorno per due a La Locanda dell’Ultima solitudine, perché la Locanda può ospitare solo due persone. La prenotazione viene confermata per luglio 2017, esattamente dieci anni dopo. Libero sa che quel giorno sarà la svolta della sua vita, il giorno in cui tutto avrà un senso e troverà finalmente l’anima che lo completerà. Quella che, pur senza conoscerla, aspettava pazientemente da dieci anni.
Viola è una bella ragazza, vive nel paese di Bisogno, alla Casa del Petalo insieme alla madre Margherita (il padre scomparve in circostanze sconosciute) accordatrice di fiori. I fiori vanno accordati ogni giorno affinchè possano crescere bene e compiere il loro lavoro, quello di portare felicità. Perché i fiori scordati sono tristi come i sogni appassiti, ma se ogni giorno si accordano, allora si che possono realizzarsi e ritrovare il loro splendore. Alla Casa del Petalo si possono affittare anche camere appositamente per gridare, per dare sfogo al dolore, alla rabbia o semplicemente a tutto ciò che si vuol buttare fuori. E la madre di Viola, sa che per stare bene, bisogna gridare, ed essere capaci a gridare. Quindi oltre che accordare fiori, tiene anche corsi per imparare ad urlare. L’urlo nasce dalla paura, e bisogna imparare ad avere paura: seguendo i corsi di Margherita si impara anche ad avere paura. Tutto questo accade a Bisogno, nella Casa del Petalo.
Viola vive la sua vita nell’attesa di darle il senso giusto, ma ad accordare fiori e gridare non ci sta, ha bisogno di qualcosa di più.
Libero, stravolge la sua vita nella Casa Blu, riempiendola di un amore vuoto, di vestiti e libri, nell’attesa di trovare la donna che ha sempre cercato.
Ma, da quel lontano 2007, i tempi dell’attesa sono finiti.
Quel che conta di più nella vita è la pazienza di saper aspettare affinchè le cose si avverino. Se non si avverano, è perché non si è aspettato abbastanza.
Lo sanno bene Libero e Viola, e lo sa bene La Locanda dell’Ultima solitudine che, in un luogo dove il cielo si fonde in un eterno bacio col mare, le loro anime destinate si uniranno in una nuova storia scritta dal destino.

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Alessandro Barbaglia, si definisce un Poeta e Libraio, e l’aria del Poeta Sognatore lo avvolge col suo manto magico. Scritto come una poesia eterea, il romanzo, intriso di magia, scorre lieve tra le pagine, incuriosendo il lettore con giochi di parole e cacce al tesoro. Ogni pagina contiene indizi per trovare quel tesoro che è la capacità di saper aspettare per avere ciò che si desidera. Un tesoro celato ne La Locanda dell’Ultima Solitudine, quel luogo magico costruito dal gestore Enrico con assi di legno, a picco sul mare.
Quel luogo che ognuno ha dentro di se, quasi uno stato, uno stato dell'anima.
Paragonare questo romanzo ad un cibo mi crea non poche difficoltà. Colori e sapori si miscelano armoniosamente, creando il gusto perfetto al palato più sopraffino, sempre in cerca di nuovi stimoli. Potrei azzardare ad una torta Red Velvet, nella quale si crea il giusto equilibrio tra ingredienti difficilmente abbinabili tra loro... ma a La locanda dell'ultima solitudine tutto può succedere ...
Buona lettura Tania
#colori #locanda #gridare #urla #cani #viola #mare #tempo #abete

Recensione de LA SEGRETARIA



La segretaria
Renée Knight – autrice de La vita perfetta –
Edizioni PIEMME € 19.50 pag.305
Uscita novembre 2018
Trama

La persona più pericolosa in questa stanza è lei, la segretaria.
Christine Butcher è una madre di famiglia, ma ancor prima è una segretaria. La tua segretaria o personal assistant, usando termini moderni. E di lei ci si può fidare, le si può affidare a piene mani la propria vita. Ti osserva. Ti ascolta. Sa tutto di te.
Mina Appleton è la sua datrice di lavoro. Una donna che affida se stessa e la catena di supermercati più etica del Paese, nelle mani sicure e sapienti di Christine. D’altronde, come farebbe senza di lei? Christine è insostituibile, l’ombra che la seguiva fedelmente mentre si stava insediando a capo dell’impero familiare, senza scrupolo alcuno per l’estromissione del padre, Lord Appleton, da sempre alla presidenza dell’azienda.
Christine, assunta in principio come segretaria condivisa dall’anziano padre di Mina e dalla donna stessa, giorno dopo giorno, manovrata dall’invisibile fil rouge della manipolatrice Mina, finirà per diventarne devota seguace, mettendosi a sua completa dedizione in primis e al conseguente lavoro poi, annientandosi come madre e donna. Ma a quale prezzo tutta questa devozione? Quanto durerà e, soprattutto, dove arriverà la lealtà di Christine? Quanto saranno al sicuro i torbidi segreti aziendali e personali affidati all’efficiente e devota segretaria?
La troppa sicurezza di Mina Appleton comincerà a vacillare e i ruoli si invertiranno, da burattinaia diventerà burattino nelle mani di Christine, quella segretaria insostituibile ma  sottovalutata, quasi un’amica, anche se non nel senso puro della parola, nella quale aveva riposto tutta la sua fiducia e vita. Come riuscirà, Mina, ad affrontarla, a fare in modo che nulla trapeli dalla bocca di Christine.

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Un thriller psicologico, questo di Renè Knight, narrato in prima persona dalla voce di Christine Butcher, la segretaria affidabile e devota, pronta a rinnegare il suo vissuto per compiacere, in cerca di approvazione e di ’’un posto al sole’’, la sua datrice di lavoro, Mina. Christine, giovane madre di famiglia, non particolarmente bella ne affascinante, ma intelligente e scaltra, donna in carriera che crede di sapere ciò che vuole.
Mina 15 anni più di Christine, donna minuta, affascinante, sempre elegante, ricca e senza scrupoli. All’apparenza una sorta di ‘’Iron lady’’, ma fragile e vuota se lasciata a se stessa. 
Due donne, quasi due amiche, affidano la propria vita l’una nella mani dell’altra.Due personalità narcisistiche. Da una parte Christine, n.p. (narcisista patologica) covert, sempre assertiva, remissiva e completamente votata al compiacimento della overt Mina, ma soprattutto in cerca della propria standing ovation.
Due donne che si usano, si manipolano, si amano e si odiano, pronte a difendersi reciprocamente per poi sputare fango una sull’altra. Sarà una dura lotta quella tra Christine e Mina. Chi soccomberà a chi? Lo scoprirete solo leggendo …

Non conoscevo Renè Knight, ma non appena ho visto La Segretaria in libreria, a pelle, ne ho sentito il richiamo alla lettura. Acquistato dopo uno sguardo veloce della quarta di copertina, consapevole che non sarebbe stato un buco nell’acqua, appena arrivata a casa mi sono immersa nella lettura finendolo in una notte. L’autrice sceglie la narrazione in prima persona, dando voce alla protagonista, appunto la segretaria. Ambienta il romanzo in uno spazio temporale di 18 anni, partendo dal 1995. Gli scenari spaziano dagli uffici moderni e asettici di uno skyline londinese, alla campagna verde e dolce della periferia. Il lettore non ha modo di annoiarsi grazie alla freschezza e alla semplice ricchezza delle parti descrittive, avvolte da un incalzante alone di mistero che incatena alle pagine sino a notte fonda pur di scoprire i torbidi retroscena di due vite all’apparenza perfette. 
Capitolo dopo capitolo si arriva all’ultimo, quello decisivo, che lascia orfani di personaggi che hanno saputo insediarsi nel quotidiano del lettore.
Un romanzo autoconclusivo che, se mi chiedessero di descriverlo come una pietanza, lo definirei Miele di castagno, dal sapore forte, deciso, dolce quanto basta ma con un leggero retrogusto amaro…

Cosa aspettate, mettete a bollire l’acqua per una buona tazza di te o tirate fuori il ghiaccio per un whisky on the rock, sprofondate nella vostra poltrona preferita e immergetevi tra le pagine di questo thriller dove nulla è come appare …
Tania

#giallo #thriller #segretaria #amaro #cellulare #computer #campagna #londra #viaggi

Recensione de LA COLLEZIONISTA DI MERAVIGLIE


LA COLLEZIONISTA DI MERAVIGLIE

Valentina Cebeni
Ed. Garzanti, pag. 463 € 18.60
Ebook disponibile

Valentina Cebeni, nasce e vive a Roma dal 1985, ma nelle sue vene scorre sangue sardo. La Sardegna, madre delle sue radici, col suo mare cristallino, è la terra della sua infanzia. Tra il viola delle bacche di mirto e la tranquillità delle calette in cui immergersi, passa le sue estati a casa dei nonni che ama e ricorda con tanto affetto. Giovane scrittrice, il suo motto è ‘’ My head is a jungle… piena di pensieri, parole, emozioni e sentimenti’’, ha al suo attivo gia tre romanzi: L’ultimo battito del cuore, La ricetta segreta per un sogno e La collezionista di meraviglie, sua ultima fatica edita da Garzanti, di cui vi andrò a raccontare.

TRAMA

‘’In questo laboratorio si curano gli oggetti dimenticati, rotti. Quelli che la gente butterebbe ma non lo fa perché vi è troppo legata. Si dona loro una seconda vita, un punto di partenza per costruire nuovi ricordi, perché tutto non vada perduto’’

Dafne, rimasta orfana di genitori ancora bambina, vive coi nonni in un paesino da fiaba ubicato tra i colli della dolce campagna tosco laziale. Quello di cui, così piccola, Dafne non si rende bene conto, è di avere un dono speciale. Ed è ancora una bambina quando, in un vecchio baule di casa, trova una spazzola d’argento. Resisterne alla brillantezza non può, tanto da sentire il bisogno di prenderla in mano. Esattamente nel momento in cui Dafne si ritrova l’antico cimelio tra le mani, le appare chiara la figura di una donna bruna che si sta pettinando con quella spazzola.
Questo è il dono di Dafne, tramandato di generazione in generazione alle donne della sua famiglia materna:  sfiorare gli oggetti antichi e scoprire la storia delle persone alle quali appartengono.
Passano gli anni, e la piccola Dafne cresce diventando una splendida donna, cresciuta, non senza sofferenze e mille difficoltà, cercando di ignorare il suo dono, soprattutto per lasciarsi alle spalle un passato che vuole dimenticare.
Per ritrovare se stessa e lasciarsi il passato alle spalle, Dafne decide di tornare a Torralta, a casa della nonna, rimasta vedova, in compagnia dei suoi animali da accudire e delle deliziose torte da sfornare.
Tornata nel paese dove è cresciuta, ritroverà, oltre ai ricordi, il negozio di antiquariato del nonno, ormai abbandonato a se stesso dopo la sua morte. Appena entrata nella bottega di nonno Levante, Dafne riscoprirà se stessa bambina e il dono che ha da sempre cercato di soffocare.
Tra mille pensieri che la riportano alla sua infanzia, sarà il profumo di polvere e vernice da restauro a farle tornare la voglia di riaprire la piccola bottega antiquaria e trasformarla in un ospedale per oggetti dimenticati, dando loro una nuova vita, una nuova possibilità, l’antico splendore che aveva quando era una bambina felice che passava le sue giornate tra gli scaffali polverosi col nonno.
In questo nuovo viaggio, la giovane Dafne, troverà aiuto in Milan, uno strano ragazzo che ha  trovato rifugio da un passato che lo perseguita tra la chincaglieria del negozio ormai vuoto da tempo.
Mentre si accinge, insieme a Milan, a riportare all’antico splendore la bottega del nonno, un giorno Dafne, trova tra la polvere di uno scaffale, un orologio da taschino fermo da tempo. Incastonato tra le sue mani, l’orologio rivela la sua storia a Dafne, una storia che racconta di un amore sofferto e infinito.
Il mistero dell’orologio si fa più fitto quando Dafne scopre che nonna Clelia conserva una copia identica di quell’orologio, fermo al solito orario di quello ritrovato in negozio. Ignorando a chi siano appartenuti e per quale motivo siano arrivati a lei, risvegliando il suo dono, Dafne, incomincia un percorso di indagini per scoprire la storia di quegli orologi che, in qualche modo, sono legati alla sua famiglia.
Passo dopo passo, viaggio dopo viaggio attraverso splendidi paesaggi italiani e attraverso i ricordi, riuscirà, grazie anche all’aiuto di Milan, a portare alla luce la storia degli orologi, ma soprattutto a ritrovare se stessa e ad accettare quel dono che, ogni giorno, le fa riscoprire le nuove opportunità che la vita dona, proprio come Dafne dona nuova vita agli oggetti dimenticati, rotti, lasciati a se stessi in un angolo.

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Per chi ama sognare e cullarsi tra le meraviglie che ci circondano, Valentina Cebeni è una garanzia. Ho letto tutti i suoi romanzi senza mai esserne delusa o annoiata. Pur essendo molto legata alla sua seconda pubblicazione, ho trovato ne La collezionista di meraviglie, quel pizzico di magia che spinge ad affrontare la vita, troppo spesso monotona e prevedibile, con curiosità e voglia di scoprire , di creare, rinnovandoci ogni giorno. Proprio come fa Dafne con gli oggetti apparentemente rotti o dimenticati in un angolo.
Valentina racconta meraviglie in maniera soave, soffice, tale da catturare, quasi ipnotizzare il lettore catapultandolo tra le pagine del suo romanzo. Ha la capacità innata di dare vita ai suoi personaggi ed ai luoghi, descrivendoli come se fossero vecchi amici che si concedono una pausa caffè nel bistrot di un piccolo, accogliente borgo medievale. Valentina ha il potere di far entrare il lettore nella storia e i personaggi nella realtà quotidiana di chi legge, esortando a ricercare luoghi e personaggi nella realtà dopo aver letto il capitolo dei ringraziamenti.
Non devono spaventare le 463 pagine, le parole scorrono lievi sotto gli occhi del lettore, anche dei più esigenti. La sovra copertina del romanzo cartaceo, accattivante e tentatrice è un buon biglietto da visita per questo romanzo.
Per chi si stesse chiedendo a quale pietanza potrei paragonare questo romanzo, mi sento di rispondere per che me rappresenta una tazza di cioccolato fondente caldo, molto speziato, capace di addolcire e rendere briose le giornate più lente e pesanti di ognuno di noi.
Buona lettura.
Tania C.

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Recensione UN ANIMALE SELVAGGIO di Joel Dicker - Ed La Nave di Teseo -

  UN ANIMALE SELVAGGIO Autore: Joel Dicker Editore: La Nave di Teseo Traduzione: Milena Zemira Ciccimarra Pubblicazione: 25 marzo 2024 Forma...