lunedì 30 novembre 2020

Recensione NEI GIORNI DELLA VENDEMMIA di Franco Serpi

 







NEI GIORNI DELLA VENDEMMIA

Franco Serpi

Indipently Published

28 settembre 2020

Pagine 264

Copertina flessibile

€ 12,48

Disponibile in formato cartaceo su Amazon al seguente link

https://www.amazon.it/giorni-della-vendemmia-Franco-Serpi/dp/B08K9XD2SC/ref=asc_df_B08K9XD2SC/?tag=googshopit-21&linkCode=df0&hvadid=459265330952&hvpos=&hvnetw=g&hvrand=6041162337951950080&hvpone=&hvptwo=&hvqmt=&hvdev=c&hvdvcmdl=&hvlocint=&hvlocphy=20602&hvtargid=pla-980601805341&psc=1


CONOSCIAMO L'AUTORE

Franco Serpi - foto dal web -

Franco Serpi ha vissuto per trentotto anni a Massa (Massa Carrara), nella sua amata Toscana. Dal 2019, seguendo il cuore e l'amore si trasferisce nella splendida campagna laziale, in mezzo alla natura preziosa dalla quale nasce l'ispirazione dei suoi libri.
Ama cinema e teatro ed è appassionato di libri e arte.
Portano la sua firma due romanzi di successo, ''La sopravvivenza inutile'' e ''La primavera delle consapevolezze''. 
Ha scritto in oltre un testo tecnico-pedagogico intitolato ''Maria Montessori - La vita e il Metodo".
''Nei giorni della vendemmia'' è il suo ultimo romanzo, uscito a settembre 2020.
Entrato di diritto nel panorama letterario italiano, è considerato dalla critica nazionale come una delle più interessanti penne del nuovo millennio, riscuotendo anche buoni risultati di vendita.

TRAMA

I rami della vita si intrecciano, così come la storia di una famiglia.
A volte si sceglie di omettere la verità per convincersi che la realtà non esiste, che esista una vita parallela dove tutto assume un altro significato, un altro stato.
Angela è giunta al termine della sua storia d'amore e per non annegare nel dolore vorrebbe evitare gli addii; Abramo si barrica dietro allo scudo di una libertà soffocata; Ambra, per paura del giudizio della gente nasconde la notizia più bella; Sara non ha mai amato la sua azienda vinicola e reprime i suoi desideri; Nadia nasconde il senso delle cose per paura di dover ribaltare la sua vita; Mauro insabbia le sue paure e l'anziana zia Irina, forte dell'esperienza dei suoi anni cercherà, come un fare, di illuminare il buio di tutti quei cuori in tempesta.
Un inno all'imperfezione che ci sprona ad amarci per quello che siamo.
Un romanzo che affronta il tema della famiglia, non come nido perfetto ma come processo dinamico, dove i protagonisti si ri-incontrano tra i profumi e la magia dei vigneti dell'entroterra senese.

IMPRESSIONI

Ho avuto la possibilità di conoscere Franco Serpi, per il momento solo virtualmente,  grazie ad una cara amica in comune. Rosanna mi chiamò per chiedermi se fossi stata disponibile a recensire il nuovo romanzo di un suo collega, scrittore per passione.
Inutile dire che la mia curiosità e la fame di nuove avventure mi spinse ad accettare, così mi mise in contatto con Serpi e, grazie alla sua gentilezza, ricevetti una copia cartacea del suo nuovissimo romanzo: Nei giorni della vendemmia.

<< C'è sempre un luogo che ci accoglie quando tutto sembra rifiutarci, un posto dove possiamo riconoscerci, dove i suoni lontani si possono ancora percepire familiari e nulla appare vuoto. >>

Accattivante già dalla copertina che rappresenta un boschetto dai colori caldi, rimasi subito colpita anche dalla trama. Il libro perfetto per un'anima sognatrice, alla ricerca di luoghi magici e buoni sentimenti.
Il romanzo è ambientato nella campagna senese, nel mezzo dei rinomati vigneti di un'azienda vinicola a conduzione familiare da diverse generazioni. I personaggi principali sono i tre figli: Angela, Abramo e Ambra, Sara la madre e zia Irina, sorella del defunto padre.
Ogni volta che Angela perdeva la retta via, l'unico modo per ritrovare la strada giusta era mettersi in auto e tornare alle origini, nella casa dove era nata e cresciuta per poter parlare con la madre. I genitori avevano ereditato dal nonno paterno l'azienda vinicola fruttuosamente attiva già da tre secoli di generazioni. Per Angela la casa immersa tra quei vigneti era l'angolo di Paradiso nel quale rifugiarsi quando voleva scappare dalla realtà che puntualmente le presentava il conto, come un creditore alle calcagna del moroso. 
Il padre era appena morto, ma l'Azienda continuava a produrre, seguita dalla madre rimasta sola a tirare le redini di un impero divenuto troppo grande da gestire.
Per Angela e i suoi fratelli la vendemmia era un giorno di festa, un Natale anticipato che regalava ai bambini la gioia di una giornata all'aria aperta a mangiare uva e poi a pestarla coi pieni nei tini traboccanti di grappoli d'oro e viola.

foto personale scattata nella splendida location di un vigneto dell'Azienda Agricola Giacomelli di Castelnuovo Magra (Sp)


Mentre leggevo mi sembrava di sentire l'odore dolciastro degli acini pestati e il ronzare delle api sui tini, talmente  è intensa e sentita la descrizione. Non ho mai amato la vendemmia, per me è sempre stata una forzatura, alzarsi all'alba, le mani appiccicose, le vespe e le api che circumnavigavano il viso non erano cosa per me che ho sempre preferito scattare foto ai vendemmiatori anziché staccare grappoli, ma le scene così realistiche e poetiche mi hanno fatto venire voglia di tornare ragazzina e spiluccare i dolci chicchi tra i filari del vigneto del nonno. Una descrizione poetica che incanta e rapisce aprendo un vortice temporale che ci riporta all'infanzia spensierata tra i campi.

Vendemmia -  foto personale -

Finché erano bambini era bello ritrovarsi tutti riuniti per partecipare a quel rito che era diventato sacro. Ma adesso tutto era cambiato.

Inseguendo il sogno di un amore che esisteva solo nei suoi adorati romanzi, Angela si era sposata con Mauro. Un matrimonio nel quale aveva creduto, investendo se stessa sino ad annullarsi, che era però durato il tempo di una candela accesa.
Fare i conti con la realtà era così difficile e lei non voleva ammettere a se stessa il proprio fallimento, quindi meglio scappare  in silenzio, senza sentirsi in dovere di dare troppe spiegazioni a nessuno, soprattutto a Mauro.

<< Angela si perdeva nei colori della natura, ogni albero le raccontava di sé, in ogni foglia poteva leggere qualche traccia del suo mondo interiore. >>

L'anima fragile di Angela si palesa da subito, rivelando una donna vissuta all'ombra di una facciata fatta di eleganza e lusso che non le appartengono, ma una volta dentro alle pareti del suo lussuoso appartamento la facciata crolla come un castello di sabbia bagnato dalle onde. Con Mauro c'erano problemi, silenzi insormontabili dei quali nessuno dei due voleva prendere coscienza. Una mattina Angela, arrivata al culmine del malessere generato da quella vita ormai diventata prigione, decide di lasciare Mauro e tornare per un po' a casa. Il tempo della vendemmia era vicino e avrebbe potuto approfittarne per non pensare troppo e svagarsi. O per riflettere su quello che da tempo aveva cercato di nascondere a se stessa.

Il bello dei romanzi è che ti permettono di viaggiare in luoghi speciali pur restando accoccolati in poltrona. Pur vivendo in campagna, ad un km dal mare che adoro, ho provato una sana invidia per Angela, immersa nei colori e profumi delle dolci colline senesi. Mai come in questo periodo ho sentito il bisogno di vivere l'autunno tra i campi purpurei e gialli e grazie alle splendide descrizioni dell'autore, anch'io ho potuto vivere di nuovo il rosso, l'ocra e il giallo dei vigneti.

<< Sarebbe riuscita a trovare la strada da sola o nel percorso sarebbe stata importunata dalla violenza del lupo? >>

Chi invece non ha mai amato la vita in campagna e la vendemmia è Ambra, la sorella più piccola, viziata dal padre, residente a Parma dove era diventata una studentessa fuoricorso. Amante della vita mondana, delle  auto di lusso e sempre insoddisfatta da cambiare un uomo dopo l'altro. Fin quando non conosce Glauco,  un uomo sposato che avrebbe potuto essere suo padre ma del quale si innamora al punto di restare incinta. Consapevole ma non d'accordo col fatto che Glauco non avrebbe mai lasciato la moglie per lei e soprattutto non avrebbe voluto figli da lei dal momento che era nonno e la loro era solo una storia di sesso, Ambra, dopo aver accettato la gravidanza scelse di tenere il bambino e di non dire nulla a Glauco. Lo avrebbe, pur amandolo, tagliato fuori dalla sua vita e avrebbe cresciuto il bambino da sola. Promettendo di raccontare tutto alla famiglia che l'avrebbe sicuramente aiutata, decise di partire per Siena. L'occasione della vendemmia avrebbe attutito lo shock iniziale ed eventuali rimproveri.

Mi è piaciuto il personaggio di Ambra, una ragazza all'apparenza frivola, modaiola e mantenuta da papà che nulla le poteva negare, ma dall'anima fragile e in cerca di continua approvazione. Una persona disposta a sacrificare la sua vita e una storia che forse voleva più per capriccio che per amore, per una piccola vita che cresceva dentro di lei. Ho apprezzato molto anche la sensibilità con la quale l'autore ha affrontato il delicato tema di una gravidanza inaspettata ed extraconiugale. Ha saputo descrivere la realtà di molte donne con naturalezza e tanto amore pur usando un linguaggio veritiero e diretto.

<< Abramo era un bellissimo uomo, alto, magro al punto giusto, rotondo nella muscolatura come suo padre. I suoi lineamenti paterni, ricordavano i tratti di un dio persiano incastrato in un film di Hollywood di vecchia data. >>

Abramo è il fratello di mezzo, quello ''arrivato'', un buon lavoro, una moglie che lo amav e due figli che stravedevano per lui e per la famiglia paterna. Ma Abramo era anche una persona confusa, fragile, costretto a nascondersi dietro alla facciata della famigliola felice. E a lungo andare quella vita cominciava a pesargli. Gli mancava solo il coraggio di spiccare il volo verso la felicità per essere finalmente libero da quella gabbia dorata in cui si trovava suo malgrado imprigionato ormai da troppi anni. Raccontare tutto alla famiglia avrebbe creato uno scandalo? Ma la famiglia lo amava ed aspettava solo che Abramo si liberasse dei suoi fantasmi. Erano tutti pronti, già da molto tempo prima di lui.
Il personaggio di Abramo è stato modellato su una realtà ancora scabrosa per molte famiglie che non vogliono ammettere l'evidenza di un malessere celato dietro a finti sorrisi e convivenze forzate, vuoi per i tabù sociali ancora troppo discriminanti, vuoi per la paura di accettarsi per chi si è veramente. Come per Ambra, il delicato tema affrontato dall'autore è stato raccontato con la schiettezza che contraddistingue tutto il romanzo. 

<< Quella donna vuole farci morire tutti di paura!! Se la ritroviamo viva gliene dirò così tante che la farò morire io! >>

Il personaggio che ho preferito in assoluto è la novantenne zia Irina, sorella del padre, ancora autosufficiente e grintosa nonostante la salute molto precaria.
Zia Irina, un po' come Ambra, era la ribelle di famiglia, quella che si era distaccata per prima dalle tradizioni agresti, preferendo lottare per un futuro libero e indipendente, perorando la causa del Partito Comunista ancora adolescente, ben protetta dalle disponibilità finanziarie del padre, fiorente produttore di vini.  Il suo carattere forte e caparbio, sanguigno, tipico dei toscani, sarà quello che contribuirà a riunire la famiglia e a far prendere una posizione ai nipoti. La sera della grande cena di vendemmia, con la famiglia riunita, zia Irina scomparve, gettando scompiglio tra i nipoti e la cognata. L'unica a conoscere le reali condizioni di salute della donna era la sua ''collaboratrice'' filippina Sami, ingegnere donna dal carattere forte ma profondamente rispettosa, costretta a migrare in Italia dopo l'alluvione nelle Filippine. Sami si vide costretta a rivelare il ''segreto'' della zia e la famiglia corse tra i vigneti ormai bui a cercarla e rimproverarla della sua incoscienza. Non trovandola rientrarono in casa: Irina era comodamente seduta ad aspettarli, pronta ad alimentare un focoso battibecco con la cognata Sara.

<< Aveva sempre odiato quel lavoro che l'aveva obbligata a non esercitare più la professione per cui aveva studiato.
Un medico regalato al vino, si definiva. >

Sara è sempre stata una donna dal carattere duro e aspro, ma pronta a sciogliersi per figli e nipoti.
Costretta a rinunciare alla sua professione di medico per aiutare il marito a mandare avanti l'azienda si ritrovò, dopo la sua morte, sola a gestire quell'impero del quale non le era mai importato nulla. Era stanca, unico suo desiderio era quello di giocare a burraco tutta la notte, senza pensieri. D'altronde nemmeno ai figli era mai importato nulla dell'azienda. Avevano raggiunto una buona stabilità economica, non aveva più senso dedicare i suoi anni restanti ad un lavoro che in cambio le succhiava sempre più energia. 
Il rimpianto di una professione che aveva sempre amato, quella di medico, ma che per amore aveva prontamente sacrificato era da sempre causa di accese discussioni con la cognata Irina e difficilmente riusciva ad avere l'ultima parola. Ma Sara era stanca e la decisione di cedere l'azienda dopo aver saldato contratto di vendita con gli orientali golosi del loro dolce vino,   si fece sempre più forte.
La vendemmia presentava quindi l'occasione giusta per comunicare ai figli la decisione presa per il suo bene e per il bene di tutti, a scapito di quello che avrebbe pensato la scorbutica Irina.
Tutti riponevano nella vendemmia l'occasione per riscattarsi, per aprirsi e mettere in tavola tutte le carte, il destino avrebbe poi pensato al resto.
Ma la vendemmia non aveva fatto i conti con la zia che anche questa volta avrebbe avuto l'ultima parola per dimostrare le sue ragioni e mescolare un po' tutte le carte spronando Sara e i nipoti a liberarsi delle loro limitazioni e spiccare finalmente il volo verso la serenità ...
Nel romanzo si incontrano anche altri personaggi, come Mauro, ex marito di Angela, Laura, compagna di Mauro, Fernanda, amica di Angela che nasconde un segreto che la porterà a fare delle scelte di vita drastiche e Rafel, socio e amico di Abramo, costretto a vivere nell'ombra e nell'incertezza. 
Ognuno di loro ha un vissuto forte, che li ha resi fragili e insicuri, ma grazie alla magica atmosfera della convivialità della vendemmia, si evolveranno, trovando la sicurezza per andare incontro alla tranquillità ritrovata nell'inizio di una nuova vita. 

Durante la lettura mi sono ritrovata nei panni di un nuovo membro della famiglia, intenta ad ascoltare ed elaborare i problemi e il vissuto di ogni familiare, sentendomi ancora e  di nuovo  bambina, quando durante il pranzo della vendemmia, con amici e parenti, si discuteva sulla rendita che avrebbe dato l'uva e sui rinnovamenti da fare al vigneto il prossimo anno. Ognuno diceva la sua, ognuno proponeva, spiegava e ascoltava, ma l'ultima parola era sempre quella nonno e io sempre più convinta che mangiare uva e scattare foto era la scelta migliore, quella meno faticosa e per niente appiccicosa. 
Quanta nostalgia di quella vita, in cui tutto sembrava fuori dal tempo, più genuino e quanto è stato bello ritrovare l'atmosfera allegra e la leggera di quel periodo. 
Con dispiacere ho terminato la lettura. Mi sono congedata dalla famiglia con lentezza, quella che pervade ogni lettore quando non vuole arrivare ai ringraziamenti finali, ma nel cuore ho la speranza di ritrovare tutti i personaggi, un giorno, magari in una bella fiction o in un sequel.
I motivi per i quali vi consiglio la lettura di questa accogliente storia sono diversi e ve li elenco con piacere:

1. Franco Serpi è uno scrittore con un animo spiccatamente sensibile che merita la possibilità della vostra attenzione. Il suo stile scorrevole, diretto e mai volgare, vi coinvolgerà   fino alla fine senza mai annoiarvi, facendovi vivere emozioni uniche e spesso sopite dal passare del tempo.

2. La storia, come ci racconta Serpi è un romanzo delle seconde possibilità, un modo per rinascere dalle ceneri dei propri errori come una fenice. Proprio grazie alla riunione della famiglia per la vendemmia, vengono alla luce segreti e bugie, le cose non dette e drammi profondi che probabilmente si sarebbero confessati solo ad uno sconosciuto, scatenando una serie di azioni e conseguenze che portano ad accettare cambiamenti anche drastici , spazzando via la patina stereotipata di ''famiglia del Mulino Bianco''. La perfezione non esiste, dietro alla facciata dorata di famiglia perfetta si sbaglia, si creano conflitti, ci si allontana per poi ritrovarsi, elaborando i propri errori e ricominciando da capo, seguendo la pancia e il cuore anche se la strada sarà tutta in salita. 

3. Lo scenario descritto con cura e amore ci farà viaggiare nella meravigliosa campagna Toscana tanto cara all'autore, dall'atmosfera a cavallo tra le tradizioni contadine del secolo scorso e i giorni d'oggi.

4. È un romanzo che si legge d'un fiato, che tiene incollati fino alla fine e ci da la speranza di ricominciare per trovare il nostro riscatto.

5. È un romanzo adatto a tutti, trattando vari argomenti delicati e di attualità.

Ultimo motivo per convincerci è che potrebbe essere uno splendido regalo di Natale per i vostri amici sognatori e romantici.

Spero di avervi incuriosito al punto di farvi intraprendere subito questo viaggio nella natura e nell'anima perché, alla fine, vi sentirete pronti a cercare il vostro riscatto dell'anima. 
Augurandovi buona lettura vi do appuntamento alla prossima uscita, qui sul blog, di un'interessante intervista a Franco Serpi.
A presto,

Ringrazio di cuore Franco per avermi regalato questa meravigliosa emozione, e gli faccio tanti auguri per il traguardo delle 2000 copie vendute.
Ringrazio anche la disponibilità di Roberto Petacchi per avermi ''prestato'' la suggestiva location per fotografare ''Nei giorni della vendemmia'' tra gli splendidi vigneti della sua Azienda Agricola Giacomelli.
Ringrazio infine Rosanna Acquaro, per gli amici Pam, per avermi fatto conoscere Franco Serpi e per averlo intervistato. Da oggi Rosanna, impegni lavorativi e familiari permettendo, collaborerà con La Valigia.

Tania C.

foto personale scattata nella splendida location di un vigneto dell'Azienda Agricola Giacomelli di Castelnuovo Magra (Sp)

domenica 29 novembre 2020

Recensione: IL DUBBIO Un uomo curioso di Romano Montanari - Ed. AltroMondo Editore -

 




IL DUBBIO 

Un uomo curioso

Romano Montanari

Ed. AltroMondo Editore

Anno di uscita Settembre 2020

Collana Imprese d'impresa

Genere Narrativa d'impresa

Copertina Brossura

Pag. 150

€ 14,00

Link per l'acquisto https://www.cinquantuno.it/shop/altromondo-editore/il-dubbio/


CONOSCIAMO L'AUTORE


Nato a Lugo di Romagna nel 1933, Romano Montanari consegue la Laurea in Scienze statistiche e Attuariali. Sposato, tre figli e quattro nipoti. Ha lavorato come ricercatore di marketing nel centro studi di una multinazionale statunitense; come consulente di organizzazione commerciale e marketing presso uno studio professionale; autonomamente si è occupato di business development sui mercati esteri. Nel 1994 ha fondato una società per la produzione di dispositivi medici seguendo le tecniche e metodiche dell'automazione totale.


TRAMA

Un breve racconto che ha tratto ispirazione dalla vera storia di un uomo che, dopo aver passato una vita lavorando come mediatore e commerciante di bestiame, un giorno si trova ad osservare una scena talmente curiosa e illuminante da decidere di dimostrare a se stesso e al mondo che anche lui poteva diventare un ''industriale''.

Il messaggio è rivolto soprattutto ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro: quando hai un sogno lo puoi realizzare solo con determinata convinzione.


IMPRESSIONI


Questo breve romanzo mi è arrivato a sorpresa grazie al pensiero sempre carino che ha per me Alice di AltroMondo Editore. Un titolo enigmatico e bizzarro, Il dubbio Un uomo curioso, che porta la firma di Romano Montanari. 

Incisiva la copertina, che lascia intuire quello che è il cuore della versione romanzata di una storia ispirata alla vita di una persona reale che, dopo aver notato un episodio curioso, decide di lasciare il suo lavoro per diventare un imprenditore.

Letta la trama sono rimasta un po' di tempo col ''dubbio'' personale: sarebbe stato un concentrato di dati statistici e di marketing? Sarei stata in grado di leggerlo e soprattutto di capirlo? Poi ho iniziato la lettura nel pomeriggio, in attesa di una visita medica e la sorpresa è stata talmente grande e bella che una volta rientrata a casa ho sentito l'impulso irrefrenabile di arrivare alla fine, incollata alle pagine  saltando la cena.  

L'autore ha modificato i nomi, i luoghi e la tipologia di lavoro assicurando la privacy all'uomo (o donna?) al quale si è ispirato. Leggendo però, un dubbio mi è sorto: che sia l'identità dell'autore stesso ad aver dato vita al personaggio Giulio Restelli? Un dubbio che rimarrà fino alla fine per poi venire archiviato in uno dei cassettini della memoria senza avere risposta, o forse no. Lo scoprirete solo leggendo, seguendo il racconto narrato in prima persona proprio dal protagonista.

<< Un giorno vide qualcosa che sconvolse la sua vita e gli fece esplodere il desiderio incontenibile di dimostrare a sé stesso e al mondo intero che anche lui poteva diventare un industriale. >>

Giulio Restelli, professione commerciante e mediatore di bestiame, come tradizione da varie generazioni paterne,  durante il fine pomeriggio di una bella giornata di primavera inoltrata, sta percorrendo le tortuose stradine della Brianza con la sua motoretta.

Seguendo i tornanti tediosi si ritrova ad osservare con curiosità degli operai che stanno raccogliendo con cura selettiva dei sassolini dal greto del fiume Olona, per poi caricarli su dei camion di media portata.

La curiosità di conoscere il perché di quell'insolita e scrupolosa raccolta era talmente forte che Giulio decise di seguire i camion una volta caricati.

L'inseguimento di Restelli lo portò alla sede di un'azienda che produceva macchine per il trattamento superficiale di metalli. Davanti al cancello dell'azienda gli si aprì un mondo, una piccola idea che in meno di un minuto era diventata una certezza: avrebbe cambiato lavoro presentando domanda di assunzione a quell'azienda e sarebbe diventato un industriale.

La novità venne accolta quasi con sollievo dalla famiglia, ormai il lavoro da mediatore stava diventando pesante per lui, lo avrebbero portato avanti i due figli e lui avrebbe potuto comunque fare da consulente.

Dopo aver presentato la domanda all'azienda, Restelli venne assunto come portinaio. Un lavoro semplice ma importante, avrebbe dovuto segnare su un registro i camion in entrata e uscita, il loro peso e monitorare i visitatori. La possibilità di far carriera non mancò e presto venne promosso in officina. Il lavoro era così interessante che Restelli cominciò ad annotarsi tutto quello che accadeva sotto i suoi occhi, dagli aneddoti ai contatti dei fornitori e terzisti, creando una sorta di registro che custodiva gelosamente. Il tempo passò e in due anni arrivò a rivestire incarichi dirigenziali, finché non decise che era giunto il momento di camminare con le proprie gambe e spiccare il volo. Si sarebbe dimesso e avrebbe creato una propria piccola azienda personale di assemblaggio macchinari per la finitura dei metalli.

<<Prima di tutto vorrei sapere da Lei se io sono un industriale o no >>

<< Non deve avere alcun dubbio: Lei è diventato un industriale e sono sicuro che piano piano dimenticherà, forse con qualche rimpianto, mucche e vitelli... >>

Il capanno degli attrezzi nel giardino di casa era perfetto, bastava solo mettersi in regola con la burocrazia e la sua creatura sarebbe stata pronta a muovere i primi passi. Il suo prezioso registro fu una miniera d'oro per spianargli il campo sul mercato e ben presto il capanno degli attrezzi non bastò più. Chiamando a raccolta moglie, figli e nuore, decise di ampliare l'azienda acquistando nuovi capannoni e inserendo i figli e le nuore nell'organico, aiutato dalla moglie. In poco tempo la sua piccola azienda si crebbe al punto di cominciare a guardare la possibilità di espandersi in zona franca in Europa ed oltre oceano.

Le cose sembravano andare sempre meglio, allietate anche dalla nascita di due gemelli, Alice e Antonio, figli di Giovanni. Con l'arrivo dei piccoli la moglie decise di dedicarsi ai preparativi insieme alla nuora e venne sostituita con nuovo personale. Sembrava di toccare il cielo con un dito finché un giorno alla famiglia Restelli quel cielo crollò addosso. 

Di ritorno da un viaggio di affari all'estero, Giulio trovò un'amara sorpresa, quella che ogni genitore non dovrebbe mai vivere: il figlio Carlo era ricoverato in rianimazione per un infarto. Nonostante le preghiere e la fiducia di una ripresa, Carlo morì per un'emorragia cerebrale. Le sue condizioni erano già aggravate dall'infarto e il ragazzo non aveva retto all'ictus.

Per la famiglia fu un duro colpo, i genitori non dovrebbero mai sopravvivere ai figli, ma perdersi d'animo non era nel dna di Giulio che, continuò a rimboccarsi le maniche per non sprecare tutto il lavoro e l'impegno che la famiglia aveva riversato nell'azienda.

Si potrebbe quasi pensare che "Restelli" sia un cinico stakanovista, interessato solo al denaro e all'espansione dell'azienda, in realtà l'uomo aveva riversato tutto il suo impegno e il suo amore in un progetto nato da una curiosità personale ma diventato ormai il sogno di famiglia. Con la sua voglia di fare e di conoscere ha saputo coinvolgere all'unanimità figli e nuore, che da subito hanno creduto in lui e nella sua potenzialità di industriale. 

Tornato il sereno le cose filarono lisce per un po' di tempo, tra viaggi d'affari e i nipotini che crescevano. Ma quando sembra andare tutto bene, ecco che arrivano le nuvole nere a minacciare tempesta.

Per Giulio le nuvole minacciose si trasformarono in minacce reali.

Pedinato da una batteria di criminali locali, venne fermato più volte e minacciato di ripercussioni se l'azienda non avesse pagato il ''pizzo'' per la protezione, naturalmente senza denunciare l'incontro ai Carabinieri.

L'impatto con la criminalità fu scioccante ma, dopo la seconda minaccia, l'uomo non si arrese e, appoggiato dalla famiglia, si rivolse al Maresciallo spiegando l'accaduto.

Come nelle fiction televisive sulla mafia, ''la spiatina'' ai Carabinieri non passò inosservata all'occhio del ''Grande Fratello''. 

Seguirono altre minacce, rivolte anche ai nipotini e alla famiglia, la richiesta era sempre la stessa: centomila euro al mese, nessun intervento dei Carabinieri e sarebbe filato tutto liscio, altrimenti...

Ma Restelli non era disposto a piegarsi ai ricatti del boss di quartiere, avrebbe difeso la sua azienda nata dal nulla grazie al suo impegno costante. No, non si sarebbe venduto ai ricatti per farsela portare via.

Continuando a comunicare di nascosto coi Carabinieri, l'uomo continuò a lavorare e viaggiare finché un giorno, con uno stratagemma ben studiato, degli uomini fecero irruzione negli uffici e lo presero in ostaggio. Pagare il pizzo e avere salva la vita oppure...

Anche questa volta la tenacia di Restelli, ormai sulla settantina, lo aiutò ad avvisare la Benemerita e a salvare tutto quello per cui aveva sempre lottato, la famiglia e la sua azienda.

Superata anche la batosta del tentativo di rapimento, per l'uomo si aprono le porte dell'Europa dell'est, in Russia e degli Stati Uniti. La scelta è difficile, dalla Russia spingevano per un'espansione straordinaria, basso costo, manodopera quasi a costo zero e un gran volume d'affari. L'America lo stava corteggiando per acquistare l'azienda ed espanderla con un volume d'affari da capogiro. A lui, oltre il ricavato della vendita, sarebbe rimasto l'incarico di presidente onorario, senza responsabilità e potere decisionale, al figlio un ruolo dirigenziale di prestigio. L'offerta americana era buona.

Valutando i pro, l'età che aveva superato l'ottantina, il cospicuo ritorno finanziario, i nipoti che oramai grandi e laureati non avrebbero portato l'azienda e i contro, non avrebbe più avuto la sua azienda, Restelli decise di vendere... 

Erano altri tempi, Giulio Restelli ha avuto anche una gran fortuna a lasciare un lavoro avviato per essere assunto in età avanzata in un'azienda con la possibilità di far carriera per poi ricominciare da capo e da solo sino ad arrivare a costruire un impero. 

È impensabile al giorno d'oggi che un cinquantenne riesca, in due anni a farsi assumere, arrivare ai vertici della carriera e in pochi anni tirar su dal nulla un'impresa con filiali in tutto il mondo. Ma il messaggio che l'autore vuol mandare è proprio quello di credere alla propria curiosità e ai propri sogni e lottare per avverarli. Anche se poi non sono come ce li saremmo aspettati, almeno ci abbiamo provato e abbiamo costruito le nostre idee.

Mi ha colpito molto la sua curiosità che lo ha spinto dal cercare una risposta al perché degli operai raccogliessero sassi su dei camion sino a reinventarsi come magnate brianzolo.

Durante la descrizione del rapimento non ho potuto fare a meno di pensare ad un ragazzo della mia zona, un imprenditore a capo dell'azienda familiare di edilizia che il 16 dicembre 2012 fu rapito da un collega a scopo estorsione e fu liberato il 31 dicembre. Mi sono chiesta più volte, leggendo, quanto possa essere pericoloso il lavoro di un imprenditore. Oltre la paura di crack finanziario, anche quella di vedersi portare via i sogni dalla malavita.

Ho ammirato quest'uomo, chiunque sia, caparbio e coraggioso, che ha lottato a costo della sua stessa vita pur di salvare il suo dubbio: era veramente riuscito a diventare un industriale?

Lascio a voi scoprire la risposta tra le pagine di questo intenso racconto, con la certezza che vi coinvolgerà fino alla fine esilarante che ci descrive un uomo che col suo coraggio e credendo in se stesso e nei suoi sogni ha saputo costruire un impero partendo da un piccolo sassolino del fiume Olona.

Buona lettura,

Tania C.

giovedì 26 novembre 2020

Recensione GLI OROLOGI DI PRAGA di Paolo Ganz - Bottega Errante Editore -


 



GLI OROLOGI DI PRAGA

Paolo Ganz

Ed. Bottega Errante  2020

Pag. 158

Copertina flessibile

Illustrazioni Elisabetta Damiani

€ 14,00


CONOSCIAMO L'AUTORE

Paolo Ganz - foto da

 https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.bottegaerranteedizioni.it%2F%3Fteam%3Dpaolo-ganz&psig=AOvVaw16dnOniXOF65z-YmMGI1oF&ust=1606300195639000&source=images&cd=vfe&ved=0CAMQjB1qFwoTCIjx_tb8mu0CFQAAAAAdAAAAABAD

Paolo Ganz, scrittore, è nato a Venezia e da alcuni anni vie davanti all'Adriatico, al Lido. Oltre ad essere musicista e viaggiatore è anche inventore, raccoglie e racconta storie, ambientandole nella sua terra. Tra i suoi scritti annovera articoli, saggi, canzoni e musica, poesie. Dopo l'esperienza presso alcune testate giornalistiche, nel 2006 pubblica il suo primo romanzo, Nel nome del blues per Agorà Factory, seguito da Venice Rock'n'roll edito da Fernendel enl 2011. Per Studio LT2 nel 2011 pubblica Calle dei Bombardieri, Armonicomio per Fernendel nel 2012. Nel 2013 per La Toletta pubblica Perché a nessuno piace il mio caffé. Nel 2014 edito da Mare di Carta esce Piccolo Taccuino Adriatico, classificatosi al secondo posto nella sezione narrativa premio Carlo Marincovich 2015. Nel 2014 esce per La Toletta El muerto vivo. Nel 2016 per Mare di Carta, menzione premio Gambrinus Mazzotti 2017, pubblica Venezia - Guida poetica alla città di pietre e acqua. Con Ediciclo pubblica nel 2017 La Grecia di isola in isola, la raccolta di poesie Lucernari e il quaderno Il racconto degli zattieri. Con Giovanni Giusto ha collaborato alla realizzazione dello spettacolo Revoluciòn- l'avventurosa vita di Gino Doné e all'antologia Porto Marghera - Cento anni di storie 1917-2017, pubblicati da Helvetia Editrice 2017.

È autore del primo e più completo metodo per armonica Blues italiano, (Bèrben 1987).

Per saperne di più, il suo sito www.paologanz.it

Per Bottega Errante ha pubblicato Venezia complice, collana camera con vista.

(Fonte: Bottega Errante)


TRAMA

Per capire Praga bisogna viverla di giorno e di notte, soprattutto la notte; percorrere i suoi portici e calpestare le pietre delle sue strade, dove si può trovare, nascosta tra le fessure, una moneta perduta molto tempo prima.

In bilico su una fune sospesa tra passato e presente, con taccuino e penna per non dimenticare nulla, Paolo Ganz, ci racconta la sua Praga.

Luoghi, personaggi e incontri fanno sono lo scenario di un affresco affascinante, perché a Praga può succedere di incontrare il proprio doppio, la persona che non siamo mai stati o che non abbiamo mai avuto il coraggio di diventare.


IMPRESSIONI

The world of Franz Kafka, Praha 1 - foto personale -

Esattamente un anno fa ho fatto il mio ultimo viaggio prima che il covid facesse calare la sua cappa nera sul mondo limitando gli spostamenti. La meta era Praga, quella capitale europea della quale avevo tanto sentito parlare ma  che ancora non avevo mai visitato. Così, emozionata per ciò che la nuova meta mi avrebbe proposto, mi imbarcai fiduciosa che una volta atterrata, la città mi avrebbe regalato tante nuove emozioni.


Praga, Piazza della città vecchia - foto personale -

La magia mi pervase subito, complici colori e luci di un autunno oramai agli sgoccioli. 

Vigneti del  Pražský hrad - foto personale -

Praga mi si parò davanti con la maestosità del suo magnetismo gotico. Catapultata in un'altra dimensione iniziai il mio peregrinare per la città, soprattutto di notte. Una città all'apparenza vuota, ma brulicante di anime in cerca di emozioni e calore dato da fiumi di ottima birra contornati da un goloso gulash

Piccole gioielli di una Praga nascosta - foto personale -
.

<< Sono venuto a Praga per fondare una città, una notte alle 

dieci del mattino. >>


Paolo Ganz decide di tornare a Praga dopo aver partecipato per caso ad una conferenza letteraria in una biblioteca. 

Non potendo fare a meno di esimersi dall'acquistare almeno un libro, si ritrova con la borsa piena di testi su Praga. Aveva sentito un richiamo da parte di quella città ed era giunta l'ora di tornarci, di ripercorrere le sue strade attraverso un viaggio storico-letterario firmato da autori di spicco della Praga letteraria:  Hasek e Kafka che non avranno mai la possibilità di incontrarsi e conoscersi, Hrabal e Kundera con l'insostenibile leggerezza dell'essere umano. Attraverso ricordi  vividi scaturiti dalle pagine delle loro opere e calpestando i loro passi enogastronomici nei locali più famosi frequentati dagli scrittori, l'autore ci fa vivere Praga e la sua storia, rievocata anche da aneddoti su personaggi che per la città hanno dato la vita, come Jan Palach, divenuto il simbolo Cecoslovacco della resistenza antisovietica dandosi fuoco in Piazza San Vinceslao.


Praga, la Moldava vista da Ponte Carlo - foto personali -

Passo dopo passo, percorrendo l'imponenza di Ponte Carlo e costeggiando la placidità della Moldava,  ci conduce poi nel Quartiere Ebraico, luogo mistico e magnetico grazie al Cimitero Ebraico, alle sue Sinagoghe e al famoso Golem di Meyrik che si palesa ogni 33 anni.


Praga, Cimitero Ebraico - foto personale -
Praga, Cimitero Ebraico - foto personale -

<< Come Praga possa interagire con l’umore degli innamorati io ora lo ignoro. Dico 'ora' perché sicuramente un giorno lo scoprirò' Fatto sta che un amore nascente qui troverà nutrimento e calore; se invece traballa in preda a chissà quali incertezze, Praga gli indicherà la strada della sua ghigliottina. >>


Graffiti di Praga - foto personale -

Ma la Praga di Ganz non è solo storia e letteratura. È  vita, degrado, romanticismo. Di giorno, ma soprattutto di notte, la città si rivela al viaggiatore scoprendo la sua anima pulsante fatta di sentimenti forti, di gente arrivata e di gente, come gli artisti di strada, che non si è mai persa, restando in bilico sull'orlo di una voragine pronta ad inghiottirli perché hanno preferito essere invece che apparire. La città si svela agli occhi di sa riconoscerne l'anima fiera e accogliente, pronta a soddisfare la curiosità del viaggiatore più esigente. 

Ganz riscopre una città che è musica  sprigionata dalle  note delle canzoni di Marta Kubisova, simbolo della Primavera di Praga.

Praga, Torre dell'orologio - foto personale -

E camminando insieme a lui, lentamente, immersi nei vicoli brulicanti di anime, si viene rapiti dalla magia. 

Chi non è mai stato a Praga può solo aver sentito parlare dell'aura magica che la avvolge. Chi ha avuto la fortuna di visitarla sa bene quanto la magia sia un tratto dominante della città, iniziando dall'ipnotismo della Torre dell'orologio astronomico, cuore esoterico della città vecchia, sino ad arrivare, un po' per folklore e un po' credo, a farsi leggere il futuro nei Tarocchi ispirati alla saggezza astrologica della città.

Con questo racconto di viaggio Ganz mi ha fatto rivivere il mio viaggio del cuore in una città che mi ha accolto tra le sue braccia come fosse un sogno.

La gioia provata aspettando i rintocchi dell'orologio, come una bambina davanti ad un negozio di giocattoli, l'emozione di percorrere di notte le piccole vie vuote, nascoste nel cuore della città vecchia, l'atmosfera magica e d'altri tempi respirata al Pražský hrad, il castello sulla collina che domina la città, sono ricordi che mi porterò sempre nel cuore, con la speranza che si possa tornare presto a viaggiare. 

Perché il mio prossimo viaggio mi porterà nuovamente a percorrere il porfido di Ponte Carlo e ad osservare la Moldava che scorre paciosa lungo le sue sponde brulicanti.

Questo racconto, da leggere come un romanzo storico, è un concentrato di emozioni provate non solo dall'autore, ma anche da chi ha conosciuto Praga o da chi ha sempre sognato di conoscerla. 

Sulle note di una poesia musicale, orecchiabile e scorrevole,  Ganz  trascina il viaggiatore sulle tracce della bizzarria di Kafka, tra le leggende folkloristiche e nelle allegre birrerie  della città vecchia, avvolte dal manto stellato delle notti magiche che solo Praga sa regalare a chi la vive con l'anima, tenendolo incollato alle pagine fino alla fine del viaggio. 

Fine per ora...

Come per Ganz, il richiamo a tornare ancora una volta, è forte, e grazie al suo libro, quando vi tornerò, conoscerò una Praga diversa, che va ben oltre alla sua bellezza turistica.

Per riprendere le parole del Piccolo Principe : ''L'essenziale è invisibile agli occhi'' e Ganz ha saputo cogliere e tradurre in poesia l'essenzialità di una Praga nascosta agli occhi del turista ma non a quelli di un viaggiatore.

Un libro che consiglio a chi ama Praga, a chi desidera ancora viaggiare e scoprire nuove città, a chi cerca atmosfere magiche e forti emozioni, oltre che alla buona tavola e al buon bere.

Particolarità del racconto sono le splendide illustrazioni di Elisabetta Damiani che impreziosiscono il testo.

Sperando di avervi incuriositi, vi lascio il link di Bottega Errante per acquistare questo magico racconto del viaggio dell'anima di Ganz.

https://www.bottegaerranteedizioni.it/?product=gli-orologi-di-praga 

Un ringraziamento sentito va ad Alessandro di Bottega Errante per il gentile invio della copia omaggio.


Buona lettura,


Tania C.












mercoledì 25 novembre 2020

Recensione di STJEPAN DETTO JESUS, IL FIGLIO di Maria Rita Parsi - Ed. Adriano Salani Editore -

 






STJEPAN DETTO JESUS, IL FIGLIO

Maria Rita Parsi

Ed. Adriano Salani Editore

Genere Narrativa Generale

Collana Romanzi Salani

Uscita 26 novembre 2020

Pag. 112

Formato Cartonato con sovracoperta € 13,90

Ebook disponibile € 6.99


CONOSCIAMO L'AUTRICE


Maria Rita Parsi - foto da Adriano Salani Editore -


Maria Rita Parsi psicopedagogista, psicoterapeuta, docente universitaria, saggista e scrittrice. Attualmente  membro dell'Osservatorio nazionale per l'Infanzia e l'Adolescenza, già facente parte del Comitato Onu sui Diritti del Fanciullo, ha al suo attivo più cento pubblicazioni a contenuto scientifico, letterario, divulgativo, poetico, teatrale. Numerose sono le collaborazioni con quotidiani e periodici. Riveste la carica di presidente della Fondazione Movimento Bambino Onlus.

TRAMA

Stjepan, chiamato da tutti Jesus perché nato a mezzanotte 

del giorno di Natale, da sempre si sente orfano senza esserlo.

Nato dalla violenza di un soldato serbo su una ragazza bosniaca durante la guerra nei Balcani, viene abbandonato dalla madre incapace di amarlo e impossibilitata ad odiarlo.

Sarà la bisnonna materna a crescerlo amorevolmente, senza fargli mancare nulla, nemmeno la verità sulla sua nascita.

Compiuti i nove anni il piccolo decide di avventurarsi alla ricerca della madre. Armato dell'inseparabile macchina fotografica,  parte in compagnia dei suoi più cari amici, la sua tartaruga e il suo cane.

Il viaggio lo mette sulle tracce di una donna in fuga da se stessa, sempre in cammino cambiando un lavoro dopo l'altro e lasciandosi alle spalle molti amici che accoglieranno Stjepan come uno di famiglia, aiutandolo a conoscere, capire e perdonare quella madre così provata dalla vita. 

Il lieto fine del libro non è racchiuso nell'incontro tra madre e figlio poiché Stjepan ha ancora un conto in sospeso da riscattare: suo desiderio è quello di recarsi in carcere dal padre naturale per dimostrargli che la sua esistenza è la risposta umana alla sua violenza disumana. Non vuole vendicarsi, non diventare un uomo come lui per il bambino è già una vendetta. 

Attraverso i suoi racconti il piccolo  dà voce alle vite distrutte dalla guerra e al grande coraggio grazie a cui molte vittime sono sopravvissute. 

La voce di Stjepan, così pieno di fiducia, speranza e ostinata tenerezza, come solo possono esserlo i bambini che salveranno il mondo. 

Il romanzo segna il  ritorno alla narrativa di Maria Rita Parsi, personaggio di spicco di questo Paese, da sempre impegnata con il suo lavoro a renderci tutti più attenti agli altri, più critici davanti al male, più generosi, più giusti, più degni della nostra umanità.


IMPRESSIONI


I fatti al centro della vicenda riguardano un soldato serbo che nel  1993 a Sarajevo abusò di una ragazza - la cui identità resta protetta - mettendola incinta.


Conoscevo Maria Rita Parsi come saggista e, apprendere che stava per uscire con un romanzo ispirato a fatti realmente accaduti mi ha parecchio incuriosita. È bello riscoprire un autore che si ama e si rinnova. Spinta dalla curiosità chiesi all'Ufficio Stampa Adriano Salani Editore di poter recensire Stjepan detto Jesus, il figlio. 

Grazie alla premura di Riccardo e Chiara, ho potuto leggerlo in anteprima, visto che esce oggi in tutte le librerie e nei vari store digitali online.

Il romanzo, ispirato ad una storia realmente accaduta nel 1993 durante la guerra nei Balcani, è un libricino che si legge in poco meno di due ore, ma custodisce una storia infinita  e immensa come solo l'amore materno e il dolore di  una violenza possono esserlo.

<< Si calcola che durante la guerra nei balcani circa 20.000 donne siano state violentate dai soldati: lo stupro veniva utilizzato come arma di distruzione di massa. >>

Stjepan, da tutti detto Jesus, è così chiamato perché è nato a mezzanotte del 25 dicembre come Gesù, nel convento  delle suore cristiane di San. V. nella città di S.

Mariaka, madre del piccolo Stjepan era  serba e mussulmana, ma  fu amorevolmente accolta dalle suore del convento cristiano quando chiese asilo per partorire il figlio della vergogna.

Vittima di un brutale stupro da parte di un soldato bosniaco, Mariaka decide di portare a termine la gravidanza, affrontando dubbi, paure e sensi di colpa. Il suo intento era quello di non cedere alla vergogna e ai pregiudizi che spingevano altre giovani madri come lei al suicidio pur di trovare pace e dimenticare la violenza subita. Ferite impresse nella mente e nel cuore prima ancora del fisico. 

Non voleva abbandonare in strada quel figlio dell'abuso, anche se non poteva amarlo come un figlio desiderato, non poteva nemmeno odiarlo così tanto da lasciarlo al suo destino infelice in strada, così insieme ad altri giovani donne, prese la decisione di partorire tra le mura accoglienti del convento cristiano per poi far crescere il piccolo con la madre e la nonna. Lei sarebbe partita per dimenticare, pur cercando di mantenere da lontano quel fagottino figlio dell'odio.

Così Stjepan, nella città di Dojnia, viene affidato alle cure della nonna Antra che morirà di crepacuore a per lo stupro della figlia e alla bisnonna Anja, già avanti con gli anni ma ancora forte e sorridente.

<< Io questa storia della diversità e delle guerre tra razze e religioni non l'ho mai capita anche se, sin da bambino, mi sono sentito ripetere che io sono nato proprio per quelle. >>

Il piccolo cresce in un ambiente povero ma sano, la bisnonna, se pur ottantenne, lo ama e lo cura come un figlio cercano di non fargli mancare nulla. Stjepan ha pochi amici, quelli di scuola, e i cuginetti, figli dello zio del quale porta il nome. Gli amici più cari sono il cagnolino Tasko, dono di un amichetto e Tika, una tartaruga. Ma il suo compagno di giochi e confidente è Gabriele, una sorta di amico immaginario, riconosciuto dalla bisnonna come angelo custode, col quale Stjepan passa le sue giornate a giocare e confidarsi. Al piccolo piace disegnare, soprattutto quello che accade intorno a lui, e diventa ogni giorno più bravo. Non si separa mai dalla sua macchina fotografica, ama immortalare volti e momenti più significatici della sua vita e di chi la incrocia.

È un bambino felice, anche se la bisnonna non gli ha mai nascosto la verità riguardo la sua nascita. Sa che la sua mamma è fuggita perché restare insieme a lui l'avrebbe fatta soffrire troppo ricordandogli la violenza subita. 

Suo padre era un soldato bosniaco ed aveva stuprato la sua mamma e probabilmente altre giovani ragazze come lei. All'epoca i soldati bosniaci stupravano le giovani donne serbe per far valere la loro supremazia religiosa. Alcune ragazze morivano durante la prigionia a causa delle sevizie, altre si suicidavano subito dopo aver subito violenza e aver scoperto di portare in grembo il frutto dell'odio razziale.

Poco è cambiato dal quel '93, la violenza in nome di Dio è ancora troppo radicata in molti paesi mediorientali, così come quella domestica lo è in occidente. Ma la violenza è uguale in tutto il mondo, non esistono religioni o leggi che approvino abusi, omicidi e suicidi per mano dell'uomo disumano.

<< Tu devi raggiungere tua madre e convincerla a srare con te come una mamma deve stare con suo figlio. >>

Stjepan riflette spesso sulla sua storia e su quella della mamma e decide di partire col treno per andare a cercarla. Sa come rintracciarla, dal momento che nei vaglia che arrivano c'è l'indirizzo.

Così, poco prima che la bisnonna morisse il piccolo si mette in viaggio accompagnato da Tasko, Tika e Gabriele, la sua fedele macchina fotografica, carta e colori per disegnare e il denaro e l'oro che la nonna gli aveva lasciato.

Viaggia per due giorni, arrivando a S., la città dove la mamma lavora. Ma la mamma non è più li, Ivanka, la sua coinquilina gli ha detto che è partita per farsi curare in un ospedale psichiatrico. In mezzo ai palazzoni di polvere di quella strana città si sente solo e sgomento, ma non si perde d'animo, è pronto a partire per M. 

Dopo tre giorni di corriera, sotto una tormenta di neve, Stjepan si presenta all'ospedale psichiatrico dove è ricoverata la mamma. Finalmente potrà conoscerla e farsi amare. Ma la mamma, che ora sta meglio, non è più in quell'ospedale. Tutti, li dentro, conoscono la storia di Mariaka e di Stjepan. Il primario lo convince a fermarsi per un po', il tempo di far conoscere agli ospiti dell'ospedale Tasko e Tika e poi il dottore  che lo aveva accolto come un figlio, gli avrebbe dato l'indirizzo dove la mamma lavora.

Spinto da un gran coraggio e tanta buona volontà, sempre accompagnato dalla presenza del suo angelo Gabriele, il piccolo è pronto per andare a Z.. nel ristorante dove troverà la sua mamma. Ma nemmeno a Z.. la troverà, la mamma, sempre in lotta con i mostri che la divorano, è partita col Circo della Luna. 

<< Eppure io non credo di meritare tutto questo dolore, tutta questa fatica, tutta questa paura! Io non merito di essere stato abbandonato da chi mi ha messo al mondo! >>

Lasciando altri nuovi amici che lo amano, il piccolo parte alla ricerca del Circo della Luna e lo trova, pronto ad accoglierlo nella sua grande famiglia, ma senza la mamma. 

Mariaka, aiutata dalle donne avvocato di un'associazione che si occupa dei diritti delle giovani donne che hanno subito violenza dai soldati, adesso ha un lavoro fisso. Ha studiato e sa usare il computer. Il padrone del circo la sente ogni giorno tramite la sua pagina social.

Finalmente il suo viaggio è giunto al termine, ha ritrovato la sua mamma, avrebbe potuto abbracciarla e conoscerla. Le avrebbe fatto capire che lui non è figlio della colpa, lui è un bambino che la ama e non avrebbe mai usato violenza su nessun essere vivente. Non è l'uomo malvagio che l'ha stuprata e abbandonata. 

Caduto il muro di reticenza e paura di Marika, madre e figlio finalmente si incontrano e grazie all'aiuto dell'associazione Donne vittime di guerra, possono finalmente iniziare una vita insieme, imparando a conoscersi e ad amarsi di quell'amore profondo e infinito che lega una madre al figlio.

L'associazione sta aiutando Mariaka ad ottenere giustizia dallo stupro subito. Dopo aver riconosciuto il suo aguzzino e averlo spedito in prigione, adesso deve testimoniare al processo che lo condannerà. 

A lei è andata bene perché è ancora viva, ma tante altre giovani donne, per il peso di una vergogna della quale non hanno mai avuto colpa, si sono suicidate. 

Mariaka testimonierà per ottenere giustizia anche per loro e al processo parteciperà anche Stjepan, ormai undicenne e ancor più consapevole della tragedia compiuta.

Insieme a loro, a guidarli in quel percorso di liberazione, c'è un giovane insegnante col quale vivono e che Stjepan ama come e più di un padre.

<< Ho imparato che la guerra e la violenza sono le compagne di viaggio degli uomini soli. È la solitudine che fa crescere, nel cuore degli uomini, l'idea di poter bere il sangue e la paura di altri. 

È la solitudine che fa credere a un uomo che la paura si può spegnere con la violenza di minacciare e uccidere gli altri. >>

Ma per essere veramente libero di vivere la sua nuova vita, il piccolo Stjepan deve sciogliere ancora un nodo, quello di incontrare il suo padre naturale in carcere e raccontargli tutto il dolore che ha causato a lui e Mariaka. 

Non ha bisogno di vendicarsi, gli basta solo che quel ''Gospodine'' (signore) sappia che lui, anche se sangue del suo sangue, non diventerà mai una persona priva di anima come il padre. 

La sua mamma odia tutto di quel Gospodine, ma Stjepan non conosce l'odio, sa che da grande non si comporterà mai come lui. 

È questa la sua vendetta.

In occasione della giornata contro la violenza sulla donna appena trascorsa,  ho deciso di pubblicare questa recensione, sperando possa essere un grido di speranza per tutte le donne e figli della violenza bruta dell'uomo. 

Grazie al coraggio e alla speranza di Stjepan spero possano trovare la forza di ribellarsi e salvarsi.

Questo breve romanzo è la storia che accomuna migliaia di donne vittime della guerra e delle violenze da parte dell'uomo. Donne violentate nell'anima, in quel profondo dove le cicatrici sono più difficili da curare, perché continuano a riemergere in ogni momento della vita.

Ferite che potranno guarire solo grazie al coraggio e all'amore che gli affetti più cari ci possono dare, anche se figli della violenza stessa. 

Un libricino breve, intervallato dai disegni del piccolo Stjepan, che si legge scorrevolmente . La voce narrante del piccolo è poesia, fiaba, messaggio di speranza. Sembra quasi di sentirsi addosso la polvere dei palazzi che incontrerà nel suo cammino. La morsa della tormenta di neve ci coglierà alla sprovvista quando Stjepan arriverà al manicomio facendoci avvolgere in una calda coperta e alla fine ci pervaderà il senso di pace e speranza racchiuso nella lettera che il bambino scrive al padre in carcere e una lacrima ci segnerà il volto.

Un libro che consiglio a tutti per ricordarci non solo di quanto possa diventare brutale la forza dell'uomo ma di quanto possa essere grande e curativo l'amore di un figlio.

Se anche voi volete conoscere Stjepan e Mariaka non vi resta che fare due passi in libreria o scaricare la vostra copia ebook nei principali store.

Buona lettura,


Tania C. 

 


Recensione UN ANIMALE SELVAGGIO di Joel Dicker - Ed La Nave di Teseo -

  UN ANIMALE SELVAGGIO Autore: Joel Dicker Editore: La Nave di Teseo Traduzione: Milena Zemira Ciccimarra Pubblicazione: 25 marzo 2024 Forma...