mercoledì 25 novembre 2020

Recensione di STJEPAN DETTO JESUS, IL FIGLIO di Maria Rita Parsi - Ed. Adriano Salani Editore -

 






STJEPAN DETTO JESUS, IL FIGLIO

Maria Rita Parsi

Ed. Adriano Salani Editore

Genere Narrativa Generale

Collana Romanzi Salani

Uscita 26 novembre 2020

Pag. 112

Formato Cartonato con sovracoperta € 13,90

Ebook disponibile € 6.99


CONOSCIAMO L'AUTRICE


Maria Rita Parsi - foto da Adriano Salani Editore -


Maria Rita Parsi psicopedagogista, psicoterapeuta, docente universitaria, saggista e scrittrice. Attualmente  membro dell'Osservatorio nazionale per l'Infanzia e l'Adolescenza, già facente parte del Comitato Onu sui Diritti del Fanciullo, ha al suo attivo più cento pubblicazioni a contenuto scientifico, letterario, divulgativo, poetico, teatrale. Numerose sono le collaborazioni con quotidiani e periodici. Riveste la carica di presidente della Fondazione Movimento Bambino Onlus.

TRAMA

Stjepan, chiamato da tutti Jesus perché nato a mezzanotte 

del giorno di Natale, da sempre si sente orfano senza esserlo.

Nato dalla violenza di un soldato serbo su una ragazza bosniaca durante la guerra nei Balcani, viene abbandonato dalla madre incapace di amarlo e impossibilitata ad odiarlo.

Sarà la bisnonna materna a crescerlo amorevolmente, senza fargli mancare nulla, nemmeno la verità sulla sua nascita.

Compiuti i nove anni il piccolo decide di avventurarsi alla ricerca della madre. Armato dell'inseparabile macchina fotografica,  parte in compagnia dei suoi più cari amici, la sua tartaruga e il suo cane.

Il viaggio lo mette sulle tracce di una donna in fuga da se stessa, sempre in cammino cambiando un lavoro dopo l'altro e lasciandosi alle spalle molti amici che accoglieranno Stjepan come uno di famiglia, aiutandolo a conoscere, capire e perdonare quella madre così provata dalla vita. 

Il lieto fine del libro non è racchiuso nell'incontro tra madre e figlio poiché Stjepan ha ancora un conto in sospeso da riscattare: suo desiderio è quello di recarsi in carcere dal padre naturale per dimostrargli che la sua esistenza è la risposta umana alla sua violenza disumana. Non vuole vendicarsi, non diventare un uomo come lui per il bambino è già una vendetta. 

Attraverso i suoi racconti il piccolo  dà voce alle vite distrutte dalla guerra e al grande coraggio grazie a cui molte vittime sono sopravvissute. 

La voce di Stjepan, così pieno di fiducia, speranza e ostinata tenerezza, come solo possono esserlo i bambini che salveranno il mondo. 

Il romanzo segna il  ritorno alla narrativa di Maria Rita Parsi, personaggio di spicco di questo Paese, da sempre impegnata con il suo lavoro a renderci tutti più attenti agli altri, più critici davanti al male, più generosi, più giusti, più degni della nostra umanità.


IMPRESSIONI


I fatti al centro della vicenda riguardano un soldato serbo che nel  1993 a Sarajevo abusò di una ragazza - la cui identità resta protetta - mettendola incinta.


Conoscevo Maria Rita Parsi come saggista e, apprendere che stava per uscire con un romanzo ispirato a fatti realmente accaduti mi ha parecchio incuriosita. È bello riscoprire un autore che si ama e si rinnova. Spinta dalla curiosità chiesi all'Ufficio Stampa Adriano Salani Editore di poter recensire Stjepan detto Jesus, il figlio. 

Grazie alla premura di Riccardo e Chiara, ho potuto leggerlo in anteprima, visto che esce oggi in tutte le librerie e nei vari store digitali online.

Il romanzo, ispirato ad una storia realmente accaduta nel 1993 durante la guerra nei Balcani, è un libricino che si legge in poco meno di due ore, ma custodisce una storia infinita  e immensa come solo l'amore materno e il dolore di  una violenza possono esserlo.

<< Si calcola che durante la guerra nei balcani circa 20.000 donne siano state violentate dai soldati: lo stupro veniva utilizzato come arma di distruzione di massa. >>

Stjepan, da tutti detto Jesus, è così chiamato perché è nato a mezzanotte del 25 dicembre come Gesù, nel convento  delle suore cristiane di San. V. nella città di S.

Mariaka, madre del piccolo Stjepan era  serba e mussulmana, ma  fu amorevolmente accolta dalle suore del convento cristiano quando chiese asilo per partorire il figlio della vergogna.

Vittima di un brutale stupro da parte di un soldato bosniaco, Mariaka decide di portare a termine la gravidanza, affrontando dubbi, paure e sensi di colpa. Il suo intento era quello di non cedere alla vergogna e ai pregiudizi che spingevano altre giovani madri come lei al suicidio pur di trovare pace e dimenticare la violenza subita. Ferite impresse nella mente e nel cuore prima ancora del fisico. 

Non voleva abbandonare in strada quel figlio dell'abuso, anche se non poteva amarlo come un figlio desiderato, non poteva nemmeno odiarlo così tanto da lasciarlo al suo destino infelice in strada, così insieme ad altri giovani donne, prese la decisione di partorire tra le mura accoglienti del convento cristiano per poi far crescere il piccolo con la madre e la nonna. Lei sarebbe partita per dimenticare, pur cercando di mantenere da lontano quel fagottino figlio dell'odio.

Così Stjepan, nella città di Dojnia, viene affidato alle cure della nonna Antra che morirà di crepacuore a per lo stupro della figlia e alla bisnonna Anja, già avanti con gli anni ma ancora forte e sorridente.

<< Io questa storia della diversità e delle guerre tra razze e religioni non l'ho mai capita anche se, sin da bambino, mi sono sentito ripetere che io sono nato proprio per quelle. >>

Il piccolo cresce in un ambiente povero ma sano, la bisnonna, se pur ottantenne, lo ama e lo cura come un figlio cercano di non fargli mancare nulla. Stjepan ha pochi amici, quelli di scuola, e i cuginetti, figli dello zio del quale porta il nome. Gli amici più cari sono il cagnolino Tasko, dono di un amichetto e Tika, una tartaruga. Ma il suo compagno di giochi e confidente è Gabriele, una sorta di amico immaginario, riconosciuto dalla bisnonna come angelo custode, col quale Stjepan passa le sue giornate a giocare e confidarsi. Al piccolo piace disegnare, soprattutto quello che accade intorno a lui, e diventa ogni giorno più bravo. Non si separa mai dalla sua macchina fotografica, ama immortalare volti e momenti più significatici della sua vita e di chi la incrocia.

È un bambino felice, anche se la bisnonna non gli ha mai nascosto la verità riguardo la sua nascita. Sa che la sua mamma è fuggita perché restare insieme a lui l'avrebbe fatta soffrire troppo ricordandogli la violenza subita. 

Suo padre era un soldato bosniaco ed aveva stuprato la sua mamma e probabilmente altre giovani ragazze come lei. All'epoca i soldati bosniaci stupravano le giovani donne serbe per far valere la loro supremazia religiosa. Alcune ragazze morivano durante la prigionia a causa delle sevizie, altre si suicidavano subito dopo aver subito violenza e aver scoperto di portare in grembo il frutto dell'odio razziale.

Poco è cambiato dal quel '93, la violenza in nome di Dio è ancora troppo radicata in molti paesi mediorientali, così come quella domestica lo è in occidente. Ma la violenza è uguale in tutto il mondo, non esistono religioni o leggi che approvino abusi, omicidi e suicidi per mano dell'uomo disumano.

<< Tu devi raggiungere tua madre e convincerla a srare con te come una mamma deve stare con suo figlio. >>

Stjepan riflette spesso sulla sua storia e su quella della mamma e decide di partire col treno per andare a cercarla. Sa come rintracciarla, dal momento che nei vaglia che arrivano c'è l'indirizzo.

Così, poco prima che la bisnonna morisse il piccolo si mette in viaggio accompagnato da Tasko, Tika e Gabriele, la sua fedele macchina fotografica, carta e colori per disegnare e il denaro e l'oro che la nonna gli aveva lasciato.

Viaggia per due giorni, arrivando a S., la città dove la mamma lavora. Ma la mamma non è più li, Ivanka, la sua coinquilina gli ha detto che è partita per farsi curare in un ospedale psichiatrico. In mezzo ai palazzoni di polvere di quella strana città si sente solo e sgomento, ma non si perde d'animo, è pronto a partire per M. 

Dopo tre giorni di corriera, sotto una tormenta di neve, Stjepan si presenta all'ospedale psichiatrico dove è ricoverata la mamma. Finalmente potrà conoscerla e farsi amare. Ma la mamma, che ora sta meglio, non è più in quell'ospedale. Tutti, li dentro, conoscono la storia di Mariaka e di Stjepan. Il primario lo convince a fermarsi per un po', il tempo di far conoscere agli ospiti dell'ospedale Tasko e Tika e poi il dottore  che lo aveva accolto come un figlio, gli avrebbe dato l'indirizzo dove la mamma lavora.

Spinto da un gran coraggio e tanta buona volontà, sempre accompagnato dalla presenza del suo angelo Gabriele, il piccolo è pronto per andare a Z.. nel ristorante dove troverà la sua mamma. Ma nemmeno a Z.. la troverà, la mamma, sempre in lotta con i mostri che la divorano, è partita col Circo della Luna. 

<< Eppure io non credo di meritare tutto questo dolore, tutta questa fatica, tutta questa paura! Io non merito di essere stato abbandonato da chi mi ha messo al mondo! >>

Lasciando altri nuovi amici che lo amano, il piccolo parte alla ricerca del Circo della Luna e lo trova, pronto ad accoglierlo nella sua grande famiglia, ma senza la mamma. 

Mariaka, aiutata dalle donne avvocato di un'associazione che si occupa dei diritti delle giovani donne che hanno subito violenza dai soldati, adesso ha un lavoro fisso. Ha studiato e sa usare il computer. Il padrone del circo la sente ogni giorno tramite la sua pagina social.

Finalmente il suo viaggio è giunto al termine, ha ritrovato la sua mamma, avrebbe potuto abbracciarla e conoscerla. Le avrebbe fatto capire che lui non è figlio della colpa, lui è un bambino che la ama e non avrebbe mai usato violenza su nessun essere vivente. Non è l'uomo malvagio che l'ha stuprata e abbandonata. 

Caduto il muro di reticenza e paura di Marika, madre e figlio finalmente si incontrano e grazie all'aiuto dell'associazione Donne vittime di guerra, possono finalmente iniziare una vita insieme, imparando a conoscersi e ad amarsi di quell'amore profondo e infinito che lega una madre al figlio.

L'associazione sta aiutando Mariaka ad ottenere giustizia dallo stupro subito. Dopo aver riconosciuto il suo aguzzino e averlo spedito in prigione, adesso deve testimoniare al processo che lo condannerà. 

A lei è andata bene perché è ancora viva, ma tante altre giovani donne, per il peso di una vergogna della quale non hanno mai avuto colpa, si sono suicidate. 

Mariaka testimonierà per ottenere giustizia anche per loro e al processo parteciperà anche Stjepan, ormai undicenne e ancor più consapevole della tragedia compiuta.

Insieme a loro, a guidarli in quel percorso di liberazione, c'è un giovane insegnante col quale vivono e che Stjepan ama come e più di un padre.

<< Ho imparato che la guerra e la violenza sono le compagne di viaggio degli uomini soli. È la solitudine che fa crescere, nel cuore degli uomini, l'idea di poter bere il sangue e la paura di altri. 

È la solitudine che fa credere a un uomo che la paura si può spegnere con la violenza di minacciare e uccidere gli altri. >>

Ma per essere veramente libero di vivere la sua nuova vita, il piccolo Stjepan deve sciogliere ancora un nodo, quello di incontrare il suo padre naturale in carcere e raccontargli tutto il dolore che ha causato a lui e Mariaka. 

Non ha bisogno di vendicarsi, gli basta solo che quel ''Gospodine'' (signore) sappia che lui, anche se sangue del suo sangue, non diventerà mai una persona priva di anima come il padre. 

La sua mamma odia tutto di quel Gospodine, ma Stjepan non conosce l'odio, sa che da grande non si comporterà mai come lui. 

È questa la sua vendetta.

In occasione della giornata contro la violenza sulla donna appena trascorsa,  ho deciso di pubblicare questa recensione, sperando possa essere un grido di speranza per tutte le donne e figli della violenza bruta dell'uomo. 

Grazie al coraggio e alla speranza di Stjepan spero possano trovare la forza di ribellarsi e salvarsi.

Questo breve romanzo è la storia che accomuna migliaia di donne vittime della guerra e delle violenze da parte dell'uomo. Donne violentate nell'anima, in quel profondo dove le cicatrici sono più difficili da curare, perché continuano a riemergere in ogni momento della vita.

Ferite che potranno guarire solo grazie al coraggio e all'amore che gli affetti più cari ci possono dare, anche se figli della violenza stessa. 

Un libricino breve, intervallato dai disegni del piccolo Stjepan, che si legge scorrevolmente . La voce narrante del piccolo è poesia, fiaba, messaggio di speranza. Sembra quasi di sentirsi addosso la polvere dei palazzi che incontrerà nel suo cammino. La morsa della tormenta di neve ci coglierà alla sprovvista quando Stjepan arriverà al manicomio facendoci avvolgere in una calda coperta e alla fine ci pervaderà il senso di pace e speranza racchiuso nella lettera che il bambino scrive al padre in carcere e una lacrima ci segnerà il volto.

Un libro che consiglio a tutti per ricordarci non solo di quanto possa diventare brutale la forza dell'uomo ma di quanto possa essere grande e curativo l'amore di un figlio.

Se anche voi volete conoscere Stjepan e Mariaka non vi resta che fare due passi in libreria o scaricare la vostra copia ebook nei principali store.

Buona lettura,


Tania C. 

 


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