IL MISTERO DI EVITA.
UNA STORIA DI AMORE E DI POTERE.
Un romanzo-verità su uno scandalo internazionale.
Giovanni De Plato
Ed. Chiarelettere
Collana Narrativa italiana
Anno pubblicazione 2020
Formato Brossura
Pag. 192
€ 17,00
Formato digitale disponibile
CONOSCIAMO L'AUTORE
Giovanni De Plato - Foto da Chiarelettere -
Giovanni De Plato, psichiatra, è stato professore associato all'Università degli studi di Bologna, facoltà di psichiatria. Nella sede di Buenos Aires dell'ateneo, ha rivestito la carica di direttore di master. È stato primario ospedaliero e direttore del Dipartimento di Salute Mentale alla Asl Bologna Nord. Ha rivestito la carica di consultant dell'Oms per la promozione della salute mentale in America Latina.
Editorialista, scrittore, saggista, ha al suo attivo anche la pubblicazione di manuali e testi scientifici.
Nel 2018 pubblica il suo primo romanzo edito da Pendragon, Il figlio del migliore. Nel 2020 pubblica per Chiarelettere Il mistero di Evita.
TRAMA
1° maggio 1952, Buenos Aires.
Sotto al balcone della Casa Rosada il popolo è in visibilio per la loro amata Evita. La donna, affacciata al balcone incita il suo popolo a proseguire il cammino che sta facendo diventare grande l'Argentina, salutandolo con un avvertimento riguardo ad un grave pericolo in corso:
<< Il nemico ci spia e ci ascolta... I traditori della patria si sono mescolati a noi. >>
Quasi di peso, il Presidente Perón, la trascina via, preoccupato per l'esaltazione che sta pervadendo la ragazzina arrivata dalla pampa, e che in meno di dieci anni è diventata first lady. È terrorizzato dall'idea che la radicata indole indipendentista dell'amata moglie e il forte ascendente che ha sul popolo potessero indispettire le potenze interne ed estere che sino ad allora lo avevano supportato.
Poco meno di tre mesi da quel giorno Evita muore in seguito alle conseguenze di una misteriosa lobotomia praticatale poco tempo prima, in gran segreto, da un medico americano e non da chi la stava curando dal cancro che da tempo la stava divorando.
Evita, il presidente Perón e il giovane sindacalista Maiorino prestano, alternando le loro memorie, la voce a De Plato nella stesura di questa gloriosa parabola dal tragico destino.
Un mito sempre vivo e in continua evoluzione nell'immaginario popolare grazie anche a film, canzoni e libri.
IMPRESSIONI
Ero appena adolescente quando sentii la mia vicina di casa argentina, che ho sempre considerato ''mi tia Dorita'' (zia Dora), raccontare la storia di una donna argentina, amata dal popolo e moglie dell'ex presidente Perón: Eva Ibarguren Duarte de Perón, Evita per il mondo.
Zia Dora era nata a Barcellona, e ancora in fasce, emigrata in Argentina con la numerosa famiglia, a Buenos Aires, nel pieno dell'ascesa di Perón. Di umili origini, contrariamente ai suoi nuovi conterranei, non amava quella donna bellissima e di origini umili come lei, mentre provava una forte ammirazione e stima per il defunto presidente Perón .
Il ritratto di Evita che mi proponeva era quello di un'arrampicatrice sociale, volgare e ignorante, volta solo ad infervorare l'ira del popolo bisognoso, alla compiacenza di se stessa e a vivere nel lusso che il matrimonio le aveva portato dopo una vita di soprusi e povertà.
Dopo il mio viaggio in Argentina nel '95, che mi vide ripercorrere i luoghi del cuore di Evita, spinta dalla curiosità, cercai di approfondire la sua storia facendo domande a chi mi apriva casa e cuore in quella pampa sconfinata me ancora desolata. Nonostante fossero passati vent'anni dalla morte di Perón e più di quaranta da quella di Evita, il popolo argentino ancora li portava nel cuore, ricordandoli con lo stesso calore e ardore di un tempo. Zia Dora era l'eccezione che conferma la regola e comunque almeno una stanza della sua bella villetta in riva al mare era dipinta di rosa in onore alla Casa Rosada, residenza dei presidenti argentini, ed al compianto presidente. Dai racconti di tia Dorita sembrerebbe che gli argentini avessero l'usanza di dipingere una stanza di rosa proprio in onore a Perón. Non so se fosse una leggenda metropolitana o una bizzarria inventata dalla mente contorta della zia, sta di fatto che ogni casa di amici che visitai all'epoca, effettivamente, conteneva una ''habitación rosa''.
Nel frattempo il mito di Evita prendeva sempre più forza nei ricordi popolari, incentivato dall'uscita, nel 1996, del musical drama Evita interpretato dai mostri sacri che all'epoca riempivano i botteghini: Madonna e Banderas.
Lo vidi al cinema, lessi qualche articolo uscito al riguardo, ascoltai le interviste e per un po' me ne dimenticai, seppellendo l'interesse per quella donna dalla volontà straordinaria sotto la coltre di altri mille mila interessi di ventenne alle prese col mondo da scoprire.
Finché qualche tempo fa i miei ricordi germogliarono nuovamente con l'uscita del romanzo Il mistero di Evita di Giovanni De Plato, riaccendendo la scintilla della curiosità mai completamente soddisfatta. Chiesi a Tommaso di Chiarelettere di poterlo recensire e grazie anche alla disponibilità di Francesca mi arrivò subito la copia digitale che aspettava solo di essere letta. Ringrazio quindi i ''ragazzi Chiarelettere'' sempre pronti ad accontentarmi.
Il mistero di Evita è un romanzo verità, dal lieve sentore biografico ma è anche un romanzo corale, raccontato dall'alternanza di tre voci: quella di Eva Maria nata Ibarguen e divenuta poi Maria Eva Duarte de Perón, quella dell'amico sindacalista Carlos Maiorino e quella del marito Juan Domingo Perón.
''Maria Eva era davvero la signora della nazione o puna popolana ribelle che ambiva al ruolo di rivoluzionaria, restando vittima della propria ignoranza e del proprio velleitarismo?''
Questa è la domanda che l'autore si e ci pone nella presentazione del romanzo, riassumendo in poche pagine l'ascesa di Eva alla carica di ''primera dama'' dell'Argentina.
E partendo da quella domanda inizia a scavare per cercare di riportare alla luce il mistero che aleggia intorno ad Evita dal giorno della sua morte, poco dopo aver subito un misterioso intervento di lobotomia e dopo aver tenuto il suo primo discorso al pubblico dal balcone della Casa Rosada.
Eva aveva solo 33 anni.
''Quel fiore era nato e cresciuto nei campi di Los Toldos, la pianura dei sogni e delle sventure. E il suo profumo era penetrato nell'anima della povera gente - lavoratori, braccianti, donne, disoccupati - spingendoli alla rivolta.''
Evita nacque il 7 maggio 1919 nella desolazione dell'infinita e arida pampa di Los Toldos, a circa 300 km da Buenos Aires.
Ultima di cinque figli, nata da una relazione extraconiugale ad uso e consumo del fattore benestante dove la madre prestava servizio, Eva Maria cresce in un ambiente povero e insano, piegata al volere dell'uomo padrone e dalla durezza che la vita nella pampa comportava.
" Mia madre mi aveva insegnato che la dignità della persona è un diritto. Nessuno può calpestarlo. E quando sei armato di dignità e di diritto puoi spostare le montagne."
Se pur nella povertà la madre la cresce insegnandole il valore della dignità. E lo fa lottando contro la piccola società "bene" di Los Toldos che durante i primi anni di scuola di Eva voleva escluderla dalle attività teatrali solo perché era una dei tanti figli illegittimi del fattore e addirittura osava ostentarne il nome.
Tutto ciò provocava un grande dolore alla bambina che già aveva le idee ben chiare sul significato di schiavitù e padrone. Ancor più della povertà la urtava la tirannia che regnava sovrana tra i fattori, padroni della vita di ogni donna che circolava nella loro fazenda. Per gli uomini dell'epoca (senza distinzione di casta sociale) ogni donna era vista come una macchina da lavoro casalingo e un oggetto sul quale sfogare i propri istinti animaleschi.
"Cinque figli abbandonati nei campi non gli toglievano il sonno. Viveva in pace, senza scrupoli. Poi un incidente stradale lo spedì all'altro mondo. Io non sapevo se ridere o piangere per la sua morte."
Ripromettendosi di non fare la fine della madre e di tutte le donne abusate della pampa, Eva riuscirà, nel 1947, ad ottenere il diritto al suffragio delle donne.
A quindici anni decide di partire per raggiungere il fratello militare a Buenos Aires e dove avrebbe avuto maggiori possibilità di realizzare una carriera da attrice. Parte con un autobus polveroso e scomodo per un lungo viaggio, con la borsetta ''singer'' amorevolmente cucitale per l'occasione dalla madre che aveva impegnato anche l'anima pur di acquistare quella vecchia macchina da cucire di seconda mano che le avrebbe permesso guadagnare qualche spicciolo sbrigando lavoretti di cucito.
A Buenos Aires intraprende una carriera cinematografica dalla partenza brillante ma insoddisfacente, improntata sulla dominanza dell'uomo padrone e della donna sottomessa ai suoi ordini e ai suoi appetiti sessuali. Fuggita dalla realtà di sfruttamento della pampa, fugge anche dal mondo di celluloide cinematografico per approdare in radio.
" Per lei il riscatto nazionale era possibile solo con uno Stato diverso, risanato, moralizzato, amico degli ultimi e dei poveri."
Sfidando il dispotismo di un sistema di tirannia maschilista, si schiererà dalla parte del popolo emarginato, appoggiando i sindacati dove conoscerà uno dei più importanti esponenti dell'epoca, quello che diventerà un amico sincero e fedele, disposto a perire pur di difendere la causa per la quale lottavano con tanta forza, il coetaneo Carlos Maiorino.
Maiorino oltre ad esserle amico fu anche il mentore che la iniziò alla cultura, facendola emergere dal limbo del suo basso spessore culturale e alla sua semplicità ingenua.
Ad accomunarli erano le loro umili origini, memori di una vita disgraziata e povera, ma con la stessa voglia di ribellarsi alle vergogne del mondo.
" La mia vera fortuna è stata quella di aver incontrato Juan Domingo e di essermi legata a lui, con fede e amore.''
Il successo radiofonico e il costante appoggio ai sindacati segnano l'inizio della nuova vita che Evita tanto aveva sognato.
Non mancavano gli inviti a cerimonie e cene importanti e, ad una di queste, Eva si ritrovò al cospetto del colonnello Perón, smettendo i panni da piccola Cenerentola della pampa e indossando quelli da regina di Buenos Aires per una sera. Quei panni però le calzavano così bene che ben presto si ritrovò tra le braccia del suo adorato principe Juan Domingo. Dall'innamoramento al matrimonio il passo fu breve, così come l'ascesa al potere di Perón e la completa dedizione al popolo di Evita.
Lo spazio donato alla voce di Evita le permette di spiegare, quasi a volersi giustificare, le motivazioni che l'hanno spinta a scendere in piazza per i diritti degli emarginati. Lei stessa veniva da un passato fatto di violenza sessuale e tirannia da parte degli uomini e si era fatta una promessa, quella di debellare per sempre la tirannia e ridare dignità al popolo argentino schiavizzato dal potere autoritario dell'uomo ricco.
Venerata con mistica sacralità dagli ultimi ed emarginati, pronti a scendere in piazza a riscattare i loro diritti spronati dalla loro paladina, Eva cominciava a non essere vista di buon occhio dalle potenze che appoggiavano il marito, tanto da farle continue pressioni che le ignorava liberamente, dedicandosi al suo popolo con ancora più grinta e passione, spingendosi al di la degli interessi politici.
Per lo Stato era diventata una minaccia, nell'aria cominciava a scorrere l'odore di una rivolta che sarebbe presto sfociata in una guerra civile. Eva allontanata precauzionalmente da Buenos Aires ne approfittò per armare il paese e Perón si sentì in dovere di fare qualcosa di concreto per fermare quella moglie ribelle e incurante della pericolosità degli ideali che le stavano sfuggendo di mano nella sua lotta in loro difesa.
Approfittando della salute compromessa di Evita, affetta da una brutta forma di tumore addominale diagnosticatole dal proprio medico curante, nel 1950 il marito la fece ricoverare presso un chirurgo americano che avrebbe dovuto prestare la sua opera in incognita in incognito a Buenos Aires, affinché le asportasse l'appendice. L'intervento di appendicectomia ebbe buon esito, ma il chirurgo, ignorò volutamente la massa tumorale che stava iniziando a divorarle lo stomaco. La cartella clinica, che portava però la firma di medici argentini, venne archiviata come segreto di Stato, nessuno avrebbe dovuto collegare l'intervento al nome del vero chirurgo.
Nel 1951 Eva finì nuovamente sotto i ferri del chirurgo statunitense, questa volta per un carcinoma uterino. Ancora una volta il chirurgo si limitò all'asportazione dell'utero senza però completare la rimozione delle metastasi che si erano sparse nel plesso pelvico. Un gesto intollerabile compiuto da chi la vita la dovrebbe salvare e il perché di quel gesto per nulla etico e volutamente barbaro resta ancora un mistero.
La cartella clinica finì nuovamente nell'archivio dei segreti di Stato.
" Mi sento in colpa per aver tradito la fiducia riposta in me da una persona gravemente malata; per aver tradito la professione medica; per non aver detto la verità sulla storia clinica di Maria Eva. "
Evita intanto era in preda a dolori insopportabili che ne alteravano il normale svolgimento delle sue giornate che diventavano sempre più aggressive e guerrigliere.
Per trovare un rimedio terapeutico al dolore, ma soprattutto all'aggressività di Evita, nel 1952 Perón la costrinse ad un nuovo intervento altamente invasivo. Una leucotomia frontale che sarebbe servita, più che a sopire il dolore causato dal male che la stava consumando, a rendere inerme la sua pericolosità di paladina dei descamisados, i poveri che aveva aizzato contro il Governo autoritario e dittatoriale del marito.
La fiamma di Maria Eva Duarte de Perón si spegnerà pochi giorni dopo l'intervento, tenuto segreto come gli altri, il 26 luglio 1952, presumibilmente a causa della lobotomia inferta per sedare il dolore, come riportava la cartella clinica.
Ma in gioco c'erano troppi interessi politici e finanziari e dal suo popolo che tanto l'amava la storia della lobotomia terapeutica non è mai stata digerita.
Tramite Evita, Maiorino e Perón , l'autore apre il Vaso di Pandora degli ultimi anni di vita di Eva Perón . Una scatola cinese nella quale sono contenuti fatti misteriosi che sembrano spiegare e confermare la morte della donna per mano del marito costretto a scegliere tra la moglie rivoluzionaria e sull'orlo di una guerra civile che lo avrebbe portato alla disfatta o la salvezza della sua carriera governativa nel paese...
Lo stile scorrevole ed un linguaggio semplice permettono di leggere facilmente questo ''romanzo'' verità ricco di storia e sentimenti. Il lettore non corre il rischio di annoiarsi seguendo logorroici dibattiti politici: non ci sono, state tranquilli.
L'autore, grazie ad una scrupolosa ricerca, riporta i fatti accaduti all'epoca, facendoli rivivere come ricordi nei racconti di Eva, Carlos e Juan Domingo, riuscendo nell'intento di aprire una minuscola crepa sui misteri che aleggiano su Evita, la ''Santa'' salvatrice del popolo argentino.
Ho letto il romanzo in una notte, non mi piaceva l'idea di abbandonare la lettura e lasciare i miei compagni di avventura rinchiusi tra le pagine del Kindle.
Arrivata alla fine mi sono sentita come quando si arriva alla meta di un lungo viaggio ma manca ancora qualcosa per portare a termine la missione. Nonostante i molti segreti svelati, la verità non è mai stata rivelata del tutto e probabilmente resterà celata con le spoglie di Perón. Imisteri continueranno ad aleggiare intorno ad Evita, contribuendo alla crescita della sua mistificazione e rendendo la sua memoria una leggenda immortale.
Spero di avervi incuriosito al punto di spingervi alla lettura. Evita chiede solo di essere ascoltata ancora una volta. E non vi deluderà.
Ricordandovi che le librerie sono aperte ovunque e che eventualmente potete scaricare la vostra copia negli store online, vi auguro una buona lettura da abbinare ad una bombilla immersa in un mate fumante col sottofondo di una struggente performance di Madonna: Don't cry for me Argentina.
Tania C.
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