«Per me è
molto importante sentirmi sulla tua stessa strada. Perché hai vissuto ciò che
io ho solo letto, e perché avendolo vissuto non hai assecondato l’istinto di
rispondere all’odio con l’odio.»
«Non abbiamo bisogno di eroi, serve però tenere sempre viva la capacità di vergognarsi per il male altrui, di non voltarsi dall’altra parte, di non accettare le ingiustizie.»
Nel 1938, durante l’emanazione sulle leggi razziali, Liliana
Segre ha appena compiuto otto anni e le viene impedito di riprendere le lezioni
con la sua classe.
Tutti gli alunni e gli insegnanti di << razza ebraica
>> vengono espulsi dalle scuole statali.
Dopo poco tempo gli ebrei vengono licenziati dalle pubbliche
amministrazioni e dalle banche.
Viene loro impedito di sposare << ariani >>,
possedere aziende, scrivere sui giornali.
Seguiranno altre numerose imposizioni e odiose limitazioni.
È questo l’inizio della più grande e terribile tragedia
umana che culminerà con lo sfruttamento a morte nei campi di sterminio e nelle camere a gas.
Il dialogo tra Liliana Segre e Gherardo Colombo ripercorre i
momenti più drammatici e bui personali e della collettività, interrogandosi
sulla profonda differenza che si frappone tra giustizia e legalità, sottolineando la
necessità di non chiudere mai gli occhi davanti alle ingiustizie.
È l’unico modo per assicurarci che le pagine più truci della
nostra storia non si ripetano mai più.
IMPRESSIONI
Buongiorno cari lettori, la recensione di oggi è un po' insolita e ci è stata offerta dalla mia cara amica Nelly Lorenzini che ha appena finito di leggere ''La sola colpa di essere nati'', un dialogo aperto tra Gherardo Colombo e Liliana Segre.
La Shoah è un argomento che mi sta molto a cuore, ogni anno scelgo un libro a tema da leggere, non necessariamente a gennaio ma per recensirlo poi nella Giornata della Memoria.
Dallo scorso marzo ad oggi non me la sono sentita di affrontare l'argomento: troppo dolore si sarebbe aggiunto a quello del nuovo olocausto che stiamo vivendo, distogliendo la concentrazione durante la lettura senza avere la possibilità di riflettere e comprendere.
Ho deciso quindi di ospitare Nelly, reduce anche da un viaggio ad Auscwita-Birkenau, che ci espone il suo parere sul racconto del periodo nel campo di Auschwitz che la Segre ha fatto a Colombo, ripromettendomi di leggerlo non appena la mia emotività me lo consentirà.
*** LE IMPRESSIONI DI NELLY ***
<< L.S.: Certo che nel campo c'erano regole. E la principale era che l'individuo andava distrutto, andava distrutta la sua identità, doveva essere ridotto al nulla. Ogni campo aveva le sue, molte non erano scritte, ma il punto di partenza era sempre quello... >>
Non è facile recensire un libro scritto a due mani da due grandi come Liliana Segre e Gherardo Colombo.
Facile dare per scontata l'ennesima testimonianza del campo di Auschwitz, ma non è così.
In dialogo con Gherardo, Liliana ci racconta la sua vita: del prima, del durante e del dopo, con un linguaggio semplice e schietto.
<< G.C.: Mi viene da pensare che un tratto comune di queste regole riguardasse la fiducia: toglievano la possibilità di fare affidamento su qualcuno o qualcosa e senza fiducia non si possono costituire comunità. Ciascuno di voi era solo con sé stesso, e soprattutto non poteva aspettarsi un comportamento prevedibile, qualunque esso fosse, da parte di chi deteneva il potere. >>
Gherardo interviene, chiede ed illustra la storia: dalle leggi razziali alla scelta da parte della Chiesa Cattolica di non prendere una posizione.
Un coro a due voci, che ci porta in un tempo dove tutti sono stati colpevoli, in cui vince il pregiudizio, dove non c'è spazio per la comprensione e l'umanità.
- o - o - o -
Che cosa altro aggiungere alle parole forti e dure della Segre e di Colombo?
Il consiglio che ci da Nelly e che seguirò, spero prima possibile, è quello di leggere questo dialogo e fare tesoro della memoria di chi ha vissuto e convissuto col delirio della follia umana.
Grazie Nelly, ogni volta che vorrai renderci partecipi di un nuovo viaggio, nella Valigia troverai sempre uno spazio dedicato a te.
Per quanto mi riguarda posso dirvi che solo su una cosa mi trovo discordante dal racconto del viaggio di Nelly: l'inferno non cominciava all'arrivo nei campi, ma dal momento in cui ad ogni ebreo è stato tolto il diritto e la dignità di essere un uomo libero.
La storia avrebbe dovuto immunizzarci dal ripetere gli stessi errori, ma per la follia della ''bestia umana'', purtroppo, non esistono vaccini.
Sperando di aver sensibilizzato il vostro interesse, vi auguro buona lettura lasciandovi con un significativo pensiero di Martin Luther King :
'' La mia libertà finisce dove incomincia la vostra. ''
Cerchiamo di ricordarcelo sempre, non solo il 27 gennaio.
Tania C.
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