lunedì 11 settembre 2023

Recensione LA BAMBINA DI ODESSA La battaglia di una madre la promessa fatta a un figlio di Tiziana Ferrario - Ed. Chiarelettere -

 




LA BAMBINA DI ODESSA

La battaglia di una madre la promessa fatta a un figlio


Tiziana Ferrario

Ed. Chiarelettere

Collanana Narrazioni Chiarelettere

Genere Testimonianze, narrazioni

Formato Brossura con alette

Pag. 250

€ 18

Formato Ebook presente in tutti gli store digitali



CONOSCIAMO L'AUTRICE


Tiziana Ferrario, giornalista, il suo volto è entrato nelle nostre case durante la lettura delle notizie del Tg1, documentando guerre e crisi umanitarie. Reportage sull'Afghanistan presidiata dal dominio talebano, sulla loro caduta e sulle infinite difficoltà che il paese ha cercato di superare per abbattere le leggi tribali che lo governano.

Questo è il suo primo romanzo, dove racconta la storia di Homarira, principessa afghana esiliata a Roma, conosciuta personalmente durante il suo lavoro come giornalista, diventandone una cara amica.

Come in tutti i suoi libri, anche in questo suo romanzo emerge la forza di un problema del quale ha sposato la causa: la difesa dei diritti delle donne.

Tra le sue opere: Il vento di Kabul ( Baldini Castoldi Dalai 2006 ), Orgoglio e pregiudizi ( Chiarelettere 2017 ) e Uomini, è ora di giocare senza falli! ( Chiarelettere 2020 ), La Principessa Afghana e il giardino delle giovani ribelli 

 ( Chiarelettere 2022 ).


TRAMA

TIZIANA FERRARIO

LA BAMBINA DI ODESSA

La battaglia di una madre, la promessa fatta a un figlio.


<< LYDIA FRANCESCHI, UNA VITA CHE SEMBRA UN ROMANZO. LA NASCITA A ODESSA, LA LOTTA PARTIGIANA, GLI SCONTRI STUDENTESCHI, LA PERDITA DI UN FIGLIO: UNA GRANDE STORIA ITALIANA, LA VICENDA STRAORDINARIA MA VERA DI UNA DONNA CHE HA LASCIATO UN SEGNO INDELEBILE. >>

 «Lungo la strada della vita si incontrano tante persone, alcune non lasciano alcun segno, altre ci prendono per mano e ci guidano per farci capire da che parte sta il male e per che cosa vale davvero la pena lottare. Sono stata fortunata a incontrare Lydia Franceschi quando ero all’inizio del mio cammino nella vita. È stata un esempio. Non finirò mai di ringraziarla.»

Tiziana Ferrario

La nascita negli anni Venti (da genitori italiani) in quella che oggi è ancora l’Ucraina, il ritorno in patria, la lotta partigiana, l’insegnamento a scuola, gli anni Settanta e poi il dolore più indicibile: la morte di un figlio, negli scontri studenteschi. E ancora, una battaglia di vent’anni per far emergere la verità: Lydia Buticchi Franceschi, donna, madre, insegnante e testimone di un Novecento attraversato a testa alta, è qui raccontata dalla penna di Tiziana Ferrario.

Nata a Odessa nel 1923 da Amedeo, comunista fuggito dall’Italia per non finire nelle carceri fasciste, e Lidia, italorussa che abbandona le proprie origini borghesi per sposare la causa della Rivoluzione, Lydia prende il nome dalla madre, morta misteriosamente pochi giorni dopo la sua nascita. Tornata in Italia col padre e rimasta orfana a dodici anni, dopo che questi è ucciso dal cognato in camicia nera, cresce in solitudine e partecipa alla Resistenza come staffetta partigiana, diventa insegnante e poi madre di due figli, fino al giorno che segnerà la seconda metà della sua esistenza. Il 23 gennaio del 1973, durante una manifestazione all’esterno della Bocconi, suo figlio Roberto, ventenne e tra i leader del movimento studentesco milanese, è colpito a morte alla nuca da un proiettile sparato dalle file della polizia. Per ricostruire l’accaduto e chiarire le responsabilità delle forze dell’ordine, Lydia inizia una battaglia che durerà oltre vent’anni.  Lo Stato – incapace di identificare i colpevoli – si assumerà l’intera responsabilità risarcendo la famiglia che devolverà tutto alla Fondazione Roberto Franceschi, costituita nel 1996 in memoria del giovane ucciso.

Lydia si è spenta a Milano il 29 luglio 2021.

I proventi della vendita di questo libro saranno destinati alla Fondazione Roberto Franceschi Onlus (www.fondfranceschi.it).


IMPRESSIONI


"La bambina di Odessa" mi è stata gentilmente offerta in formato digitale da Alice e Tommaso di Chiarelettere, che ringrazio. 

Avendo problemi col mio e-reader ho dovuto leggere da pc, impiegando più tempo del previsto ma, come direbbe una mia amica, le recensioni non scadono e non passano di moda, perciò eccomi qua con le mie impressioni su questo appassionante racconto di uno spaccato della storia moderna italiana.


Milano, Università Bocconi, 1973. 

Per molti questa data potrebbe non significare nulla, fino a poco tempo fa io stessa sapevo ben poco del suo significato. Quell'anno Roberto Franceschi, un brillante studente della Bocconi e attivista di un movimento studentesco antifascista, figlio di Lydia Franceschi, la protagonista di questa storia, venne ucciso da un proiettile sparato dall'arma di un cordone di polizia, durante gli anni più cupi della lotta al neofascismo.

L'episodio del brutale omicidio segnò ancor di più la vita di Lydia, già provata fin dalla nascita da mille colpi bassi.

Tiziana Ferrario ha avuto la fortuna di conoscere Lydia e diventarne alunna. 

Venuta a conoscenza della travagliata vita della sua insegnante, con questa testimonianza e grazie all'aiuto della figlia di Cristina, figlia di Lydia, la Ferrario ha voluto dare voce alla donna e madre che non si è mai arresa, nonostante i continui affronti della vita, ma ha sempre lottato con ogni sua forza, per amore della famiglia e della giustizia.


"Sarebbe stato un 1° maggio indimenticabile per Amedeo e Lidia, perché la loro bambina aveva deciso di nascere proprio in occasione della festa più importante della nuova Russia..."


Lydia Buticchi nacque a Odessa nel 1923. Ancora in fasce rimase orfana di madre, Lidia, della quale porta il nome, deceduta in durante una serie di circostanze poco chiare. Il padre, Amedeo Buticchi, un antagonista perseguitato e in fuga dalle carceri fasciste, si risposò  e rientrò in Italia con la piccola Lydia e la moglie.


"Preferisco affrontare i fascisti che restare a guardarmi le spalle tra i comunisti."


Il rientro in Patria non fu idilliaco per Lydia. La moglie del padre non fu mai un'amorevole figura materna, e durante i primi anni di scuola le fu anche fatta terra bruciata intorno, per via degli ideali di opposizione del padre.


" Non esiste nessun fascio che non si possa rompere."


Lydia, costretta a crescere senza il calore dell'amore materno, si ritrovò  anche senza amiche, col timore che qualcosa di sconveniente, ascoltato tra le mura domestiche, potesse uscire dalla sua bocca, "offendendo" le compagne, figlie di gerarchi fascisti. 

Per un macabro gioco del destino, anche il padre venne a mancare fin troppo presto, ucciso per mano del cognato, una camicia nera, quando era ancora ragazzina, durante il periodo di studi in uno dei migliori collegi. 

La piccola fu costretta a dover fare i conti col muro di una realtà infame, ritrovandosi a dover lottare per il diritto a un pasto caldo, piegata da ore di duro lavoro e di studio. 

Per dare un po' di tranquillità alla sua anima provata, si immerse anima e corpo negli studi, appassionandosi  alla resistenza e diventando "staffetta partigiana" ancora ragazzina.

Accolta da una zia a Napoli, Lydia riuscì ad avere una vita abbastanza spensierata, fatta di balli e divertimenti, ma col pensiero fisso di seguire il suo sogno, quello di potersi laureare anche in chimica.

Tornata a Milano, riuscì a mantenersi agli studi e a conseguire anche il diploma scientifico, che le avrebbe finalmente aperto le porte alla facoltà di chimica

Nonostante le avversità della vita e tutti i suoi impegni sociali, non si lasciò mai scoraggiare, continuò a studiare, laureandosi e diventando prima docente e poi preside di una scuola.


"Come non sei Roberto? E allora chi sei?"

"Mi chiamo Mario. Mario Franceschi."


Grazie allo "scherzo" di un'amica in comune, conobbe Mario Franceschi, che sposò e dal quale ebbe due figli, Roberto e Cristina, i suoi gioielli più preziosi, che crescerà amorevolmente insegnando loro ideali di giustizia e libertà.

Nonostante gli anni felici passati col marito e i figli, la vita di Lydia fu da sempre funestata da pesanti lutti violenti che la segneranno per sempre.

Il più becero e brutale, quello del figlio, colpito a tradimento alle spalle, davanti all'Università Bocconi di Milano, come finale di un macabro gioco studiato a tavolino nel periodo cupo dell'Italia,  durante una manifestazione contro il neofascismo che stava imperversando in quegli anni.


" Chicco, non penserai di andare in piazza lunedì! " era tornata alla carica Lydia.

" Certo che andrò in piazza! Non si può non esserci, mamma, dopo quello che è successo."


Quel giorno, martedì 23 gennaio 1973, darà il via alla battaglia più importante e ostica di Lydia e della storia italiana, quella della strage di Piazza Fontana a Milano, quella contro gli anni di piombo, fatti di insabbiamenti, di omertà, di "armadi girati contro il muro". 


" Il lunedì successivo a Milano, una giornata plumbea e fredda, con un cielo gonfio di pioggia, Saragat non aveva partecipato ai funerali delle vittime di Piazza Fontana. Chissà cosa avrà avuto di più importante da fare in una giornata come quella..."


Una estenuante lotta per portare alla luce la verità, per fare finalmente giustizia e dare un nome e un volto ai carnefici dei crimini più efferati di quegli anni bui, segnati da altre stragi terroristiche che avrebbero insanguinato altre città italiane.


" L'assassinio di Roberto Franceschi sarebbe rimasto senza nome, come affermava l'ultima sentenza civile, la verità su quella notte non si sarebbe mai saputa. Un altro dei tanti vergognosi misteri italiani. "


Lydia Franceschi è deceduta nel 2021, all'età di 98 anni, senza essere riuscita a dare un'identità a quei criminali, beffata da una crudele sentenza. 

Ma la sua lotta non è mai stata infruttuosa perché insegna da sempre a lottare fino alla fine e a credere fermamente negli ideali di giustizia e lotta per i propri diritti. 

La storia di Lydia si legge come un romanzo, scorre fluidamente sotto gli occhi del lettore incuriosendo e appassionando fino alla fine.

Scritto con spiccata empatia,  usando uno stile semplice e magistrale, preciso e scorrevole, il racconto è frutto dell'impegno e delle accurate ricerche di Tiziana Ferrario, sempre precisa e attenta ai dettagli.


" In quarant'anni la società si è trasformata e la scuola non risponde più alle esigenze dei giovani. "


Un libro storico, che mi sento di consigliare, in particolar modo, ai giovani, alle scuole, per comprendere il significato di giustizia e di lotta all'omertà e per aiutare a capire cosa sia stato in passato e cosa si oggi il fascismo, di cui molti ragazzini si riempiono la bocca.

Invitandovi a passare dalla libreria più vicina, vi auguro buona lettura.

Tania C.




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