COME E' PROFONDO IL MARE
di Nicolò CARNIMEO
Ed. Chiarelettere collana REVERSE
Pag. 172
Copertina flessibile
€ 13,60
Ebook disponibile
CONOSCIAMO L'AUTORE
foto dal web
Docente di Diritto alla navigazione e dei trasporti all'Università di Bari, Nicolò Carnimeo, dopo un viaggio tra Nigeria e Malesia, per Longanesi, pubblica NEI MARI DEI PIRATI. Per Mondadori pubblica MONTENEGRO, VIAGGIO SENZA TEMPO. Collabora con testate giornalistiche come Limes, La Stampa, Il Fatto Quotidiano e La Gazzetta del Mezzogiorno, oltre alla trasmissione Linea Blu su Rai 1.
TRAMA
Il nostro organismo quanta "plastica" è in grado di tollerare? Quanto mercurio introduciamo nel nostro corpo nutrendoci di pesce? Nell'Adriatico c'è una discarica di tritolo? Alghe aliene e meduse esotiche stanno invadendo i nostri mari, perchè?
Sono domande, spesso prive di risposta, che si pone l'autore. In pochi sono in grado di fare luce sul perchè, davanti ai nostri occhi ignari, il nostro Mediterraneo e gli Oceani stanno vertiginosamente mutando.
Seguendo tre rotte non convenzionali del mare di plastica, nel mare di mercurio e nel mare di tritolo, Carnimeo ci descrive tre reportage che si possono riassumere in una immensa discarica marina. Causa, effetto e conseguenza fotografica della scelta di vita che ha deciso di intraprendere l'uomo. Non tutti, fortunatamente, sono propensi a lasciare un'eredità di plastica alle generazioni future. Una denuncia che si legge come un libro di racconti.
IMPRESSIONI
"Non è segnata sulle carte nautiche, né si può avvistare dall'alto su Google Earth. Eppure è grande quanto un continente, così vicina che basta allungare la mano per toccarla. Dell'isola di plastica fluttuante negli Oceani abbiamo avuto notizia dai media, ma non sappiamo cos'è. C'è chi immagina persino che ci si possa camminare o piantare l'asta di una bandiera come sulla Luna."
Ho notato COME E' PROFONDO IL MARE nel catalogo di Chiarelettere e, grazie alla disponibilità e gentilezza di Giulia ne ho avuto tempestivamente una copia omaggio da poter recensire.
Conoscevo il tema, avevo gia sentito parlare di Carnimeo ed ero curiosa di leggere questa inchiesta in particolare per approfondire l'argomento.
Ho iniziato la lettura in spiaggia col vento, tra onde, sabbia e rifiuti spiaggiati dopo una mareggiata. Quale contesto migliore per immergersi profondamente in questo tipo di lettura e comprendere appieno il messaggio che l'autore desidera mandare all'essere umano!
Conoscevo il tema, avevo gia sentito parlare di Carnimeo ed ero curiosa di leggere questa inchiesta in particolare per approfondire l'argomento.
Ho iniziato la lettura in spiaggia col vento, tra onde, sabbia e rifiuti spiaggiati dopo una mareggiata. Quale contesto migliore per immergersi profondamente in questo tipo di lettura e comprendere appieno il messaggio che l'autore desidera mandare all'essere umano!
Il trattato si divide in tre parti, come tre racconti a se legati da un'unica trama l'inquinamento marino e ambientale.
La prima parte inizia col racconto delle indagini fatte da Carnimeo a bordo di una particolare imbarcazione, l'Halifax.
Sulla scia di imbarcazioni tecnoligiche simili, adibite al monitoraggio delle varie isole di plastica fluttuante sparse negli Oceani ed a rilevamenti oceanografici, salpa le nostre acque avvelenate dalle sostanze tossiche rilasciate da tutta la spazzatura degradata per fare rilievi sull'ecosistema.
È un racconto accurato, dettagliato, quasi fosse un romanzo, sulle conseguenze dell'inquinamento marino da parte della plastica (e non solo).
Non pensate solo alla plastica galleggiante o a quella che si riversa sulle spiagge dopo le mareggiate.
No, la plastica in mare non si decompone ma degrada in pericolosi composti fungendo da spugna che assorbe tutte le sostanze chimiche tossiche disperse nell'Oceano.
Si suddivide quindi in micro frammenti che vanno a mescolarsi con ogni particella di acqua formando una brodaglia velenosa riversata in pieno Oceano, nei nostri mari e in ogni forma di vita che li abita, modificandone per sempre la genetica.
Mentre negli Oceani particolari condizioni ambientali e atmosferiche formano zone di convergenza che fanno confluire i rifiuti plastici in una sorta di vortice galleggiante formando le isole di plastica fluttuante, nel Mediterraneo a causa delle correnti e della conformazione geografica, tali isole non si formano ma rimangono immerse nei fondali con conseguenze catastrofiche per l'ecosistema e per i pescatori.
Solo nel bacino protetto del Mar Ligure, nel Santuario dei cetacei tra Genova e Portofino, si stimano 200.000 micro frammenti plastici tossici per chilometro quadrato. E qui qualche domanda dovremmo porcela, insieme ad un mea culpa ...
A bordo dell'Halifax, nel Mediterraneo, Carnimeo prende parte ai prelievi e agli studi in quello che è considerato un labirinto da 290.000.000.000 di frammenti tossici. I numeri sono inquietanti e parlano chiaro:
La prima parte inizia col racconto delle indagini fatte da Carnimeo a bordo di una particolare imbarcazione, l'Halifax.
Sulla scia di imbarcazioni tecnoligiche simili, adibite al monitoraggio delle varie isole di plastica fluttuante sparse negli Oceani ed a rilevamenti oceanografici, salpa le nostre acque avvelenate dalle sostanze tossiche rilasciate da tutta la spazzatura degradata per fare rilievi sull'ecosistema.
È un racconto accurato, dettagliato, quasi fosse un romanzo, sulle conseguenze dell'inquinamento marino da parte della plastica (e non solo).
Non pensate solo alla plastica galleggiante o a quella che si riversa sulle spiagge dopo le mareggiate.
No, la plastica in mare non si decompone ma degrada in pericolosi composti fungendo da spugna che assorbe tutte le sostanze chimiche tossiche disperse nell'Oceano.
Si suddivide quindi in micro frammenti che vanno a mescolarsi con ogni particella di acqua formando una brodaglia velenosa riversata in pieno Oceano, nei nostri mari e in ogni forma di vita che li abita, modificandone per sempre la genetica.
Mentre negli Oceani particolari condizioni ambientali e atmosferiche formano zone di convergenza che fanno confluire i rifiuti plastici in una sorta di vortice galleggiante formando le isole di plastica fluttuante, nel Mediterraneo a causa delle correnti e della conformazione geografica, tali isole non si formano ma rimangono immerse nei fondali con conseguenze catastrofiche per l'ecosistema e per i pescatori.
Solo nel bacino protetto del Mar Ligure, nel Santuario dei cetacei tra Genova e Portofino, si stimano 200.000 micro frammenti plastici tossici per chilometro quadrato. E qui qualche domanda dovremmo porcela, insieme ad un mea culpa ...
A bordo dell'Halifax, nel Mediterraneo, Carnimeo prende parte ai prelievi e agli studi in quello che è considerato un labirinto da 290.000.000.000 di frammenti tossici. I numeri sono inquietanti e parlano chiaro:
"Amici cari, è ufficiale: il Mediterraneo sta diventando un mare artificiale, mettiamoci al lavoro".
A causa dell'inquinamento atmosferico, della pesca non controllata, del riscaldamento globale, dell'inquinamento da parte dell'uomo, il Mediterraneo è stato svuotato della sua flora e fauna e si sta trasformando nell'habitat ideale per meduse esotiche, predatrici concorrenti della fauna autoctona e alghe aliene, come la Calupera Taxifolia, misteriosamente evasa dall'acquario di Montecarlo per colonizzare il Mediterraneo soffocando intere praterie di Posedonia, bellissime praterie di alghe riconosciute come il polmone Mediterraneo grazie alla produzione di ossigeno utile alla respirazione marina. Un primato della Calupera è stato però stato spodestato dall'alga Ostreopis Ovata, la più famosa e conosciuta alga tossica che fiorisce soprattutto in agosto nelle nostre acque costiere, responsabile di problemi gastro intestinali e respiratori per chi vi si immerge.
"A vederli tutti insieme mentre cercavano di arrampicarsi su quelle grandi carcasse, sembrava di rivivere la fiaba di Gulliver legato dai lillipuziani".
La seconda parte delle indagini di Carnimeo lo portano a scoprire di proprio pugno che tutti i nostri mari non sono inquinati solo da isole di plastica ma da killer altrettanto pericolosi.
Da studi effettuati in Giappone ne è emersa una devastante contaminazione da mercurio.
Nella baia di Minamata, arcipelago dove, dal 1932 al 1968, complice una politica corrotta, le acque vennero avvelenate dai continui e copiosi scarichi di mercurio con conseguenze disastrose per la popolazione che della pesca basava l'alimentazione e l'economia, si sviluppò la malattia del gatto ballante, una modificazione genetica altamente invalidante che privò i contaminati della parola, dell'uso degli arti e scatenò forti convulsioni. Se il Giappone è altamente contaminato da mercurio, il Mediterraneo non è da meno.
L'autore vivrà in prima persona gli effetti devastanti dell'inquinamento da metalli pesanti quando si ritroverà ad assistere, impotente, alla morte di sette capodogli spiaggiati sulle spiagge del Gargano.
E' il dicembre 2009 quando sette esemplari di capodogli approdano agonizzanti su una spiaggia in preda a gravi problemi metabolici.
Dagli studi eseguiti sulle carcasse, alcune barbaramente mutilati da predatori fraudolenti alla ricerca di macabri trofei, ne è emerso che i poveri cetacei erano stati contaminati da mercurio in maniera talmente invasiva da disorientarli e spiaggiarli, andando incontro alla morte.
L'autore vivrà in prima persona gli effetti devastanti dell'inquinamento da metalli pesanti quando si ritroverà ad assistere, impotente, alla morte di sette capodogli spiaggiati sulle spiagge del Gargano.
E' il dicembre 2009 quando sette esemplari di capodogli approdano agonizzanti su una spiaggia in preda a gravi problemi metabolici.
Dagli studi eseguiti sulle carcasse, alcune barbaramente mutilati da predatori fraudolenti alla ricerca di macabri trofei, ne è emerso che i poveri cetacei erano stati contaminati da mercurio in maniera talmente invasiva da disorientarli e spiaggiarli, andando incontro alla morte.
"Un mare senza bellezza, una vita senza bellezza è una vita perduta e senza speranza, ovunque l'abbiamo irrimediabilmente compromessa, l'idea stessa di rinascita si è affievolita sino a morire".
Con la terza ed ultima parte delle indagini, eseguita meticolosamente e attivamente, porta alla luce uno dei più pericolosi fattori inquinanti del Mediterraneo, dalle acque dell'Adriatico a quelle Tirreniche di Ischia, passando per la Sicilia: gli innumerevoli ordigni bellici sommersi, illegalmente o per cause belliche, risalenti al primo e secondo Grande Conflitto Mondiale.
Dopo la Seconda Guerra, e il bombardamento di Bari, le opere di bonifica terrestre furono superficiali e negligenti, vuoi perchè doveva essere messo tutto a tacere, vuoi perchè bisognava fare in fretta visto che bisognava sbarazzarsi del fantasma della John Harvey e del sospetto del carico di morte che la rivestiva.
Come risulta dagli atti, nel 1947, una nave cisterna lascerà Lecce in direzione mare aperto per scaricare tonnellate di ordigni bellici di ogni sorta.
Gli effetti devastanti si ebbero durante l'estate, quando dei pescatori pugliesi, tirando in barca le reti, riportarono ustioni e pustole, in alcuni casi anche la morte.
Causa dell'avvelenamento fu l'iprite, un gas venefico proibito dalla Convenzione di Ginevra, gia usato in via sperimentale nell'artiglieria del primo Conflitto Mondiale e nelle munizioni della Seconda Guerra, durante il bombardamento di Bari.
Gli effetti del "gas mostarda", così chiamato a causa dell'odore pungente che ricorda appunto la senape, furono devastanti per il Mediterraneo e, ad oggi si sono aggiunti i residui dei più recenti conflitti, come quello dei Balcani, che ha riversato nei fondali adriatici migliaia di ordigni, spesso inesplosi e veicoli di sostanze chimiche altamente nocive per l'ecosistema e l'umanità ...
Dopo la Seconda Guerra, e il bombardamento di Bari, le opere di bonifica terrestre furono superficiali e negligenti, vuoi perchè doveva essere messo tutto a tacere, vuoi perchè bisognava fare in fretta visto che bisognava sbarazzarsi del fantasma della John Harvey e del sospetto del carico di morte che la rivestiva.
Come risulta dagli atti, nel 1947, una nave cisterna lascerà Lecce in direzione mare aperto per scaricare tonnellate di ordigni bellici di ogni sorta.
Gli effetti devastanti si ebbero durante l'estate, quando dei pescatori pugliesi, tirando in barca le reti, riportarono ustioni e pustole, in alcuni casi anche la morte.
Causa dell'avvelenamento fu l'iprite, un gas venefico proibito dalla Convenzione di Ginevra, gia usato in via sperimentale nell'artiglieria del primo Conflitto Mondiale e nelle munizioni della Seconda Guerra, durante il bombardamento di Bari.
Gli effetti del "gas mostarda", così chiamato a causa dell'odore pungente che ricorda appunto la senape, furono devastanti per il Mediterraneo e, ad oggi si sono aggiunti i residui dei più recenti conflitti, come quello dei Balcani, che ha riversato nei fondali adriatici migliaia di ordigni, spesso inesplosi e veicoli di sostanze chimiche altamente nocive per l'ecosistema e l'umanità ...
Il tema difficile e scottante, affrontato con uno stile delicato, quasi come fosse una poesia, non lascia indifferente nemmeno il lettore più critico.
Durante il racconto delle indagini svolte, sembra di vedersi fluttuare davanti l'isola galleggiante di plastica, frutto della generazione che ne ha visto la nascita e i primi utilizzi, anche se di poche ore. Il solo pensiero (senza andare a scomodare le isole plasticate degli Oceani) di tonnellate di rifiuti che il mare, giustamente stanco di trascinarseli appresso, riversi sui nostri litorali rifiuti provenienti dal passato, mi fa accapponare la pelle.
Come una specie di macchina del tempo, restituisce tutto ciò che lo ha violato e ferito, modificandone per sempre il suo essere.
E tutto questo fa riflettere su quanto gli errori commessi ''dai padri'' si riversino sui ''figli'' e poco abbiano insegnato a non ripeterli.
Stiamo distruggendo il mondo con le nostre mani, con la consapevolezza cieca, sorda e muta che stiamo distruggendo noi stessi.
"Più di questo sono i paraocchi di chi continua a correre sulla via del finto <<benessere>> senza pensare o mitigare le conseguenze, di chi crede che non sia possibile alcun compromesso e natura che ci sta rovinando".
foto personale
Arrivare all'ultima pagina di questa trascinante avventura è stato un attimo. Come gia ho spiegato, questo trattato si lascia leggere come un libro di racconti. Carnimeo è riuscito a non cadere nella statistica, nell'agglomerato, spesso confuso e incomprensibile di dati e numeri, ma ne ha fatto un racconto emozionante, commovente ed avvincente. La sensibilizzazione a limitare l'uso della plastica e di tutti i materiali altamente tossici è il filo conduttore dell'inchiesta dell'autore, sperando che tutti noi, per la nostra sopravvivenza, possiamo prendere spunto per cominciare a salvaguardare il nostro mondo.
Non mi è stato facile recensire questa inchiesta senza sentirmi un po' "ipocrita".
Non perchè sia di difficile lettura e comprensione, tutt'altro, grazie ad un linguaggio scorrevole, semplice e trascinatore si legge d'un fiato.
La difficoltà più grossa che ho avuto è stata quella di prendere atto che, anche se l'amarezza e la rabbia verso quello che sta succedendo è tanta, la mia vita è circondata e basata sull'uso e consumo quotidiano di ciò che ci sta distruggendo.
Cosa si può fare concretamente per tentare di arginare almeno in parte il consumo della plastica quando ne siamo circondati? Ne abbiamo realmente bisogno per vivere di tutta questa plastica?
Sono domande che durante la lettura, inforcati i miei occhiali di plastica, con la mia penna di plastica per segnare i passi più importanti, usando anche un pc con componenti in plastica, mi sono posta e, molto amaramente, non ho saputo darmi una risposta precisa. Ci vuole più sensibilizzazione a ridurne il consumo e per il corretto smaltimento quindi, un buon punto di partenza, è quello di iniziare da questa interessante e dettagliata lettura, che riserva anche una piccola parte quasi esilarante. Ma lo scoprirete solo leggendo, seguendo la rotta delle paperelle gialle e delle Nike ...
Spero di avervi incuriositi e invogliati, il mare è vita, è confidente, è sogno e speranza, riprendiamocelo!
Buona lettura.
Tania C.
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