I BINARI DEL NON RITORNO:
IL GHETTO DI RIGA
- Il mio viaggio in Lettonia lungo i binari del non ritorno -
Amici della Valigia ben ritrovati.
Come di consueto, anche quest'anno, la Valigia ha preso il volo per seguire i "Binari del non ritorno", atterrando in Lettonia, precisamente sul Mar Baltico, a Riga.
Ho scelto una delle date più possibile vicine alla Giornata della Memoria, ma anche un periodo durante il quale il freddo polare non fosse troppo impietoso.
Di fatto, il 24 febbraio, armata di buone scarpe termiche anti ghiaccio e mantella per la pioggia, ho varcato, col cuore gonfio di emozioni indefinibili, il cancello del Museo del Ghetto di Riga.
Il museo del Ghetto di Riga si trova sulle sponde del placido e gelato fiume Daugava, poco distante dall'antico Ghetto ebraico, sito nel quartiere moscovita.
Gli edifici di austera architettura sovietica, rimandano al 1 luglio 1941, quando Riga venne occupata dai nazisti.
Intorno al Ghetto, edifici di pietre rosse e nere, severi, stagliati sotto il cielo gravido di pioggia e vento, testimoni immemori di uno dei più atroci stermini di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.
Tutto lascia presagire che all'epoca, probabilmente, quegli edifici fungessero da campi lavoro o comunque da edifici di nazisti, ma non ho trovato approfondimenti.
Riga è la capitale della Lettonia, sulla costa del Mar Baltico.
La Lettonia, insieme alle confinanti Estonia e Lituania, formano le tre Repubbliche Baltiche e, nel 1940, l'Unione Sovietica le inglobò sotto il suo dominio.
Pochi giorni prima dell'Olocausto, a Riga viveva una comunità ebraica di all'incirca 43.000 ebrei.
Il 1 luglio 1941, la città di Riga subì l'occupazione da parte delle truppe naziste, infervorata dall'insorgere di feroci gruppi lettoni simpatizzanti delle truppe naziste.
Questi gruppi crearono scompiglio e terrore arrestando, massacrando e trucidando brutalmente, tra le conifere e betulle del vicino bosco di Bikernieki, una parte degli ebrei residenti a Riga, circa 27.000.
Tre giorni più tardi un gruppo di mercenari lettoni appiccò il fuoco alla Sinagoga Chor, nella quale persero la vita circa 300 rifugiati ebrei. Quella fu la prima di altre Sinagoghe date al rogo.
Fu grazie al provvidenziale intervento dei cittadini lettoni e di Riga che si poté arginare un massacro immane.
Žanis Lipke, un portuale lettone che prestava servizio a Riga, dopo aver assistito alla brutalità dell'accanimento contro gli ebrei da parte delle truppe naziste e dei loro scagnozzi, contando sulle sue sole forze, riuscì a mettere in salvo 50 ebrei.
270 furono gli uomini, eroi coraggiosi, che si adoperarono a salvare esseri umani finiti sotto le grinfie cancerogene dei nazisti.
I loro nomi sono riportati su una targa alla memoria.
Nei tre mesi successivi la comunità ebraica residente a Riga visse nel terrore. In pochi minuti, quelle povere persone, si videro costrette a lasciare le loro case, a vedere tutti i loro risparmi e le loro proprietà confiscate.
Persero il lavoro durante retate coatte, subendo violenze e aggressioni senza precisi motivi, solo per il fatto di essere ebrei, esseri imperfetti, indesiderati.
In particolar modo venne loro imposta la pubblica umiliazione del divieto di utilizzo dei mezzi di trasporto, di camminare lungo i marciapiedi e quella di indossare obbligatoriamente, cucita su ogni indumento, la Stella Gialla, la Stella di David.
Dopo atroci barbarie, susseguite da violenti stermini e aggressioni, il 25 ottobre 1941, nel quartiere moscovita, la parte più cruda, austera e fatiscente di Riga, venne costituito il "Ghetto di Riga", una minuscola città dentro la città, dove poter confinare gli "indesiderati", i "rifiuti" da debellare.
Una volta costituito il Ghetto, i tedeschi cominciarono a ridurne, con uno sconvolgente crescendo esponenziale e per mezzo di azioni barbare, il numero degli abitanti.
I luoghi dei massacri di massa ritenuti più idonei alle esigenze dei boia furono la foresta di Rumbula, dove vennero massacrati, in totale, 38.000 ebrei e il bosco di Bikernieki che raggiunse la stima di 48.000 omicidi, in prevalenza di ebrei.
Gli anziani, vista la situazione di estremo e degradante disagio, formarono un consiglio, in modo da cercare di rendere più dignitosa possibile la permanenza nel Ghetto.
Con l'aiuto di tutti, presero vita un centro anziani, una farmacia e un piccolo ospedale.
Intanto tutti gli ebrei del Ghetto, uomini, donne e bambini, furono condannati a lavori forzati, mentre gli aguzzini nazisti depredavano le loro case da qualsiasi loro oggetti di finissimo artigianato: abiti ricamati a mano, dipinti artistici, antichi strumenti musicali, preziosa biancheria.
Museo del Ghetto di Riga, La Casetta del Ghetto nella piazzetta con le opere dedicare all'Olocausto - foto personale -
Nella notte tra il 29 e 30 novembre 1941, l'alto ufficiale delle SS Friedrich Jeckeln, eseguì l'ordine del Generale Heinrich Himmler: "far fuori il Ghetto trucidando tutti gli ebrei lettoni". Quella notte il Ghetto venne circondato e a tutti gli ebrei venne ordinato di riunirsi in gruppi di circa 1000 persone.
Avrebbero potuto portare con sé una valigia di circa 20 kg perché sarebbero stati trasferiti in un campo nei pressi di Riga.
Furono molte le persone che non credettero all'umiliante bugia raccontata dai carcerieri e, quelle stesse persone, durante il trasferimento, si suicidarono.
La mattina del 30 novembre, alcuni gruppi vennero portati nella foresta di Rumbula e fucilati senza pietà.
I restanti vennero uccisi per le strade del Ghetto e nelle loro case, fino allo sterminio totale di più di 27.000 persone, conclusosi tra l'8 e il 9 dicembre del 1941.
Molti furono i personaggi di spicco uccisi: il Rabbino Capo, lo storico Simon Dubnov e alcuni membri del Consiglio degli anziani.
In città rimasero 4.000 ebrei uomini e poche centinaia di donne, quasi tutte sarte.
Non contenti delle atrocità messe in opera, i nazisti ricrearono il ghetto quasi vuoto deportatando da Germania, Austria e Cecoslovacchia 16.000 ebrei.
Il nuovo ghetto fu diviso in "Ghetto Maschile Lettone", dove vennero confinati solo uomini e "Ghetto delle donne Lettone", dove furono imprigionate solo donne e bambini. Questo nuovo ghetto prese il macabro nome di "ghetto tedesco".
Gli abitanti, cercando di sopravvivere, radunarono le loro poche forze per allestire, clandestinamente, un negozio di alimentari e un panificio. Venne allestita anche una scuola con una cucina per gli ultimi bambini ancora in vita.
Nel 1942, come un avido segugio che fiuta e stana la preda, i tedeschi riuscirono a scoprire le piccole attività segrete degli ebrei e, dopo una inutile e vana rappresaglia, vennero sterminati un centinaio di ebrei malati e disabili, gli anziani e tutti gli uomini facenti parte della polizia ebrea.
Nel gennaio 1943, i due Ghetti furono rafforzati.
Nell'estate del 1943, i tedeschi inviarono molti esseri umani reclusi nel Ghetto il campo di lavoro di Kaiserwald e ad altri limitrofi.
A dicembre, nel Ghetto di Riga non ci furono più ebrei.
Con l'avanzata delle forze sovietiche, nel 1944, le truppe tedesche inviarono alcuni gruppi di uomini ebrei alle fosse comuni col compito di aprirle e bruciarne i cadaveri sepolti. A lavoro terminato, non ancora contenti, i tedeschi, fucilarono ogni uomo che aveva preso parte all'apertura delle fosse.
Luglio, 1944.
L'Armata Rossa riuscì a varcare i confini lettoni. I nazisti ne approfittarono per sterminare i prigionieri ebrei del campo di concentramento di Kaiserwald, a Riga. I pochi sopravvissuti furono smistati nei lager fuori dalla Lettonia, soprattutto a Danzica, nel campo di Stutthof.
Finalmente, il 13 ottobre 1944, l'Armata Sovietica liberò Riga dalla dittatura nazista e circa 150 ebrei, tra i quali alcuni bambini, poterono uscire da quei nascondigli "sicuri" che gli permisero di salvarsi.
A grandi linee, questa è la Storia dell'Olocausto di Riga.
Varcare la soglia di quel museo a cielo aperto non ha fatto altro che rafforzare ciò che libri, viaggi e vita mi hanno insegnato col tempo, ovvero quanto sia piccolo il mondo.
Quanto il terrore, l'intolleranza e l'odio possano annullare le distanze, le ideologie, le nostre certezze e il diritto alla libertà.
Mi aspettavo il dolore e le lacrime, ma più di tutto mi ha fatto male sentirmi piccola e troppo fortunata per essere nata in un periodo di pace e con tratti somatici e discendenza sanguinea che per quei tempi erano ritenuti "normali".
Ma cosa è giusto? Chi e cosa può definire il concetto di normalità, di "purezza del sangue"?
Ogni volta che cerco di darmi una risposta, finisco sempre per incappare in altre migliaia di domande che una risposta non l'avranno mai.
Il percorso del museo del Ghetto inizia con la visita ai Ponti di cultura, un'esposizione sulla storia degli ebrei lettoni.
Una grande stanza allestita con una ventina di poster che ripercorrono circa 450 anni di storia ebraica in lettone, in inglese e, in alcuni casi, anche in francese, dalla nascita delle comunità del Ducato di Curlandia, fino a oggi.
Racconti dettagliati sulla Prima Repubblica, a cavallo tra il 1918 e il 1940, sull'importanza delle comunità ebraiche per lo sviluppo del nuovo Stato, della cultura, dello sport e dell'evoluzione scientifica.
Proseguendo si trova Un muro commemorativo dedicato agli ebrei vittime degli stermini, deportati a Riga dall'Europa Occidentale. Lungo i pannelli si possono leggere i nomi di tutti gli ebrei che dall'Austria e Germania furono deportati nel Ghetto e ivi deceduti tra il 1941 e il 1944.
Devastante è stato vedere e salire sul vagone che da Berlino arrivava a Riga. Viaggio di sola andata.
Nella piazzetta del museo, oltre a opere artigianali in memoria dell'Olocausto, si trova anche una casetta di legno originale dell'epoca.
La casa del Ghetto di Riga.
Casetta di legno su due piani, fu costruita a metà del 1800 nel quartiere moscovita (Maskava Forstate) nel punto in cui si sarebbe trovato il Ghetto durante la Seconda Guerra Mondiale. La casa ha una superficie di 120 mt quadri e all'epoca ospitò fino a 30 persone contemporaneamente.
Nel 2011 la casetta venne collocata poco distante, nell'attuale museo del Ghetto di Riga e dell'Olocausto,
A piano terra si possono oggi ammirare le riproduzioni di alcune sinagoghe lettoni.
Al primo piano è stato riprodotto l'appartamento/cella composto da due stanzine, completamente arredate con mobili e oggetti personali e di uso quotidiano risalenti all'epoca.
Se salire sul vagone mi ha stracciato l'anima, entrare nella stanza nominata 3.000 destini, mi ha completamente atterrata. Nella stanza è installata una ricchissima esposizione delle opere della pittrice Alexandra Beltsova, ritraenti momenti di vita nel Ghetto e di foto e documenti originali inediti, provenienti da collezioni e archivi privati, tutta dedicato agli ebrei deportati dal Ghetto di Theresienstadt (oggi conosciuta come Terenzin, in Repubblica Ceca) e sterminati nel 1941.
La visita al museo è gratuita, lungo il percorso ci sono delle cassettine per offerte libere che permettono la manutenzione dei locali e del sito.
Un ragazzo simpaticissimo è pronto a dare tutte le delucidazioni possibili in un inglese quasi madrelingua.
Sono presenti opuscoli in italiano e altre lingue, che riportano la spiegazione delle varie stanze.
Ci sarebbe da dire molto altro ancora, perché la storia è una enorme Matrioska: ogni volta che si pensa di aver conosciuto tutto, c'è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, nuovi capitoli da studiare, nuovi vissuti da conoscere.
Come dicevo prima, nessuno mi darà mai una risposta esaustiva e veritiera sul perché l'odio ha portato a uno sterminio di massa internazionale, sul perché nessuno abbia mai provato a scusarsi veramente per quegli orrori gratuiti.
Allora come oggi.
So soltanto che viaggiare significa anche conoscere il nostro passato, la nostra storia, e gettare le basi per un futuro libero. Per nostra storia intendo La Storia dell'Umanità, unica e unita, senza distinzione di razza e sesso.
Questo mio viaggio nella storia è stato uno dei tanti passi che prima o poi mi porteranno ad Auschwitz ma, per il momento, ho ancora tanto da imparare e da vedere, prima di essere in grado di affrontare il mio personale viaggio della Memoria.
Chiedo scusa se doveste riscontrare errori durante il racconto, non sono una storica e mi sono basata su nozioni lette in loco, prese dall'opuscolo rilasciato dal museo e da siti storici lettoni attendibili. Ovviamente il traduttore Google fa quello che può, per imparare il lettone non sono ancora pronta e soprattutto non credo di essere in grado.
Qualcosa, sicuramente mi sarà sfuggito e gradirei se me lo faceste notare in modo da correggermi e correggere l'articolo.
Per chi volesse approfondire, posso consigliare The Journey into Terror: The Story of the Riga Ghetto, di Gertrude Schneider, la storia di una bambina in età scolastica, miracolosamente sopravvissuta all'Olocausto di Riga. Potete trovare il libro su Amazon, un po' caro e in inglese, ma credo nel valga la pena se riuscite a leggere in inglese.
Buona lettura e, perché no, buon viaggio.
Tania C.
Nessun commento:
Posta un commento