giovedì 28 novembre 2019

Recensione I CANI E LA NEBBIA - Matteo Olivieri - AltroMondo Editore


I CANI E LA NEBBIA
Matteo Olivieri
Ed. AltroMondo 
Pag. 169
Copertina flessibile
Collana Mondo di Sotto
€ 14,00

CONOSCIAMO L'AUTORE

Matteo Olivieri - foto dal web -

Matteo Olivieri, nato a Lanciano (CH) nel 1984, è un medico veterinario specialista in medicina erpetologica (rettili e anfibi) e PHD: inseminazione e riproduzione artificiale dei rettili a Brno (Bruno), in Repubblica Ceca dove ha una Cattedra all'Università..
Sin da adolescente la passione per la letteratura classica, fantasy e fantascientifica lo sprona a scrivere. Pubblica il suo primo libro nel 2015. Il suo passato lo ha portato a vivere in varie parti del mondo: Portogallo, Spagna, Taiwan, Indonesia e Repubblica Ceca. Ogni paese nel quale ha vissuto è stato uno spunto per ogni sua storia. Fin dalla prima infanzia pratica boxe e arti marziali.

TRAMA

Sergio Diaz, studente fuoricorso alla facoltà di medicina veterinaria di Teramo, si sente un fallito: un esame ostico lo sta bloccando da mesi. Dopo l'ennesima bocciatura, Sergio conosce Claudia, una ragazza nella quale cercherà amore e conforto. Giulia, studentessa eccellente ed impeccabile, si ritrova però bloccata dallo stesso esame che ha lo aveva messo con le spalle al muro. Senza la possibilità di poter proseguire gli studi, cade in una profonda depressione che sfocerà nella tipica rabbia colpevole degli studenti fuori corso.
Sergio e Giulia vivono una storia comune a molti altri, ma sotto l'apparente normalità del quotidiano, sembra stia succedendo qualcosa di sinistro a sconvolgere le giornate. Qualcuno sta seminando orribili manichini lungo le strade di Teramo, avvolti dalla nebbia inquietanti cani si aggirano per la città, il tempo non scorre più: gli orologi hanno smesso di funzionare. Sotto un cielo latteo e pesante, tra misteriose scomparse di persone e una città che cambia continuamente volto sino a distruggersi, Sergio e i suoi amici si ritrovano intrappolati in una giornata interminabile.  Nel grigio di questa follia distopica una domanda li martella: chi è Giulia Piccirilli? Chi si nasconde dietro Sergio Diaz? È veramente un assassino?


IMPRESSIONI

Questo romanzo, dalla copertina inquietante, che rende appieno l'idea del contenuto e del titolo, mi è stato gentilmente offerto da Alice di AltroMondo Editore e per questo li ringrazio di cuore. La possibilità di conoscere nuovi autori e nuovi "mondi" è vasta e interessante ed è un onore, per me, la fiducia che mi rinnovano ogni volta. 
Il romanzo di Olivieri, dal retrogusto gotico, mi ha preso molto più di quanto mi aspettassi. Classificato come romanzo di fantascienza, si colloca bene anche nel genere horror anni '80, distopico e noir. Insomma un mix di stili diversi e simili che accontentano un po' tutti gli appassionati del mistero. Un romanzo che si legge velocemente, lettura agevolata anche dal clima grigio e cupo che ultimamente sta avvolgendo l'Italia, costringendoci a passare più tempo in casa con la compagnia di un buon libro. 

Mentre guardo il fumo che scompare contro il cielo di cotone ripenso a Simone, a Vito, a Claudia e a Mario. Sono tutti morti adesso, ma io, Sergio Diaz, non sono un assassino.

Il romanzo comincia dalla fine, con un pensiero di Sergio Diaz, il protagonista, italiano e non Erasmus, che riflette su quanto gli è accaduto alla fine di una terribile giornata, conclusasi con la morte dei suoi amici. Ma non li ha uccisi lui, non è un assassino!
Sergio è uno studente fuori corso, e ci tiene a precisare che è italiano e non uno studente Erasmus, alla facoltà di veterinaria di Teramo. Da tempo un esame rognoso e a quanto pare insuperabile, gli sta dando filo da torcere, tanto da bloccare i suoi studi. Il nervosismo e l'ansia sono alle stelle, le sigarette invadono i suoi polmoni una dopo l'altra in un crescendo di agitazione. 
Il mostro, così era chiamato l'esame da molti studenti che, come lui, provavano e riprovavano senza riuscire a superarlo e tra i tanti c'era Giulia Piccirilli. Un'etereo scricciolo, maniaca della perfezione, sempre così puntuale e impeccabile. Eppure, sotto il cipiglio severo del professore monatto di veterinaria che la stava interrogando, anche lei sembrava una marionetta incapace di esprimere il suo sapere, finendo per aggiungere altra ansia e sigarette a quelle già presenti. Pazienza, ci sarà il prossimo il appello, così come decise Sergio.
Tornato a casa, Sergio saluta Namidà, una cagnolona pitbull che viveva nella sua villetta, poi dopo aver fumato una meritata sigaretta, decise di dormire. Era quasi ora di pranzo, ma un sonno ristoratore lo avrebbe aiutato a non pensare a quel maledetto esame, tanto il tempo a Teramo contava quasi nulla.  Invece di un sonno ristoratore, ci furono incubi a tormentarlo, ma non li ricordava, aveva solo il cuore in tumulto, così forte da svegliarlo. Tanto valeva alzarsi, scambiare due parole con Vito, proprietario di Namidà e suo coinquilino e poi uscire a fumare e comprar vino. La serata l'avrebbe passata in giro coi soliti amici. 

"E tu Sergio. Hai sentito del manichino?" Mi chiese Massimo con la cantilena ascolana e il sorriso largo. "No, non ne so nulla."

In una mattina grigia e fredda, Sergio arrivò in facoltà dove ad attenderlo c'erano i compagni di corso, tutti presi ed incuriositi dai fatti appena accaduti. Massimo gli chiese subito se fosse lui l'artefice del macabro ma goliardico scherzo. Qualcuno, rubando garze e pezzi di pelle, aveva creato un manichino e lo aveva lasciato in giro per la città. Le garze e la pelle erano suturate così sapientemente che erano in molti a credere che l'artefice fosse stato qualcuno di veterinaria. 
Sergio liquidò il compagno dicendo che a Teramo, se la gente si divertiva a quel modo, significava non avesse altro da fare. La lezione di un nuovo corso stava per iniziare, meglio pensare al professore. Ma per Sergio non andò come aveva sperato. Si era iscritto a quel corso senza aver superato gli esami adatti e il professore glielo stava poco carinamente ricordando, insieme al fatto di essere parecchio fuori corso, tanto da essere considerato vecchio e si trovava nel posto sbagliato. Il ragazzo provò a spiegare che non poteva seguire altri corsi, ma il professore sembrava aver preso di mira una ragazzina poco lontano da lui. Più tardi si ritrovò a rimuginare al bar davanti ad un caffè al ginseng, quando una ragazza catturò la sua attenzione. Goffamente si presentarono: Sergio e Claudia. Lei gli era seduta vicina durante l'ultimo esame non passato il mese scorso, e si ricordava di come fosse scappato e di quanto succedesse spesso. Claudia si interessò al libro che Sergio aveva tra le mani. Il libro del maledetto esame che entrambi avrebbero dovuto sostenere di nuovo. Chiese al ragazzo quali fossero le cose più importanti da studiare e Sergio la avvisò che il professore pretendeva tutti i capitoli. Se le avesse fatto piacere, l'avrebbe accompagnata a parlare col professore stesso per vedere se fosse cambiato qualcosa. Ma il professore monatto, col suo modo sgarbato, mise entrambi alla porta ribadendo che l'esame avrebbe riguardato tutto il libro.
Delusa e amareggiata, ma anche indispettita dall'atteggiamento del professore, Claudia si trascinò fuori dall'ufficio. La sua aria triste e malinconica colpì Sergio che non poté fare a meno di chiederle il perché di quella tristezza. Una vecchia storia d'amore finita male, fu la risposta. E da quel momento, Sergio e Claudia, tra una sigaretta e un bicchiere di vino, si supportarono a vicenda. 

Tutto sembrava invecchiato all'improvviso, come se il tempo fosse una voragine nella quale si cade da un momento all'altro. 

Il racconto scorre, nella grigia lentezza di un'utopia velata, quasi distopica. La surrealtà delle situazioni si intreccia con la realtà di un tempo che sembra aver fatto un improvviso balzo in avanti per poi fermarsi all'improvviso, calando un velo opaco e degenarativo sopra ad ogni cosa. 
Namidà se ne era improvvisamente andata, in solitudine, dopo aver inviato segnali che nessuno aveva colto. Il dolore per la perdita è forte e sconfortante. E da quel momento le cose sembrano andare tutte per una direzione sinistra. Locali dove Sergio e gli amici erano entrati il giorno prima, sembravano abbandonati da tempo, i cellulari non avevano campo, e segnavano un orario improbabile per quel preciso momento, anche gli orologi non funzionavano. I ragazzi, per capirne di più, provarono ad entrare in una Chiesa, magari c'era qualcuno che avrebbe potuto indicargli l'ora esatta. Ma con orrore, entrati in Chiesa, scoprirono che anche quella sembrava abbandonata da tempo e sul Crocifisso c'era un altro manichino, perfettamente cucito, fatto di bende e pelle animale. Decisi a denunciare il fatto alle forze dell'ordine, i ragazzi uscirono dalla navata principale facendo un'altra macabra scoperta: una bara aperta, abbandonata in mezzo al livore della foschia scesa sulla città e un secondo manichino, seduto su una panchina, anch'esso di pelle animale e bende, ma in abiti talari e col volto lacerato. Proseguendo verso la stazione, avvolti da un fetido odore di zolfo e marcio, i ragazzi trovarono altri manichini nella sala d'attesa, creati ad immagine e somiglianza di una famigliola in attesa del treno: padre, madre e bambino. Otto manichini, scherzo di cattivo gusto...
Un cielo latteo sembrava aver ingoiato e paralizzato la città. C'erano solo dei cani che si stavano aggirando intorno ai manichini, quasi impauriti da quelle figure indecifrabili di pelle e garze. Mentre uno dei cani ringhiava ad un manichino, quest'ultimo, alimentato da un'energia aliena, lo morse, strappandogli carne e mandibola come fosse indemoniato. Il povero animale fu scaraventato a terra dalla forza assassina del "mostro", mentre i ragazzi si diedero alla fuga.
Il retrogusto del maestro King aleggia nella mia mente, la calma placida, la tranquillità angosciante che regna prima di una catastrofe. Matteo Olivieri ha saputo creare quell'atmosfera rassicurante dell'horror, come il più esperto regista sul genere. Il fiato che si spezza, il sudore freddo che mi immobilizza sul divano, la paura di scoprire cosa  succederà nella pagina dopo...

Non so cosa successe a Teramo, ma la notte smise di arrivare, un giorno lungo, eterno, sotto un cielo bianchissimo. Le persone, erano cambiate, trasformate. Anche i cani erano diventati...

Dopo quella giornata infinita, dove il tempo sembrava non passare mai, Giulia si ritrova in una sorta di clinica psichiatrica asettica e bianca. E poi c'era Mara  che cercava di calmarla, di convincerla che a Teramo non era successo proprio nulla. La città non era distrutta, esisteva ancora e  c'era il sole, era una bella giornata. La donna la lasciò sola, consigliandole di leggere il quotidiano: le avrebbe fatto bene. Ma, una volta letto un articolo sul sindaco di Teramo, la confusione sembrò risucchiare Giulia in un pianto convulso che la lasciò apatica, persa nel vuoto oltre la finestra della sua stanza bianca. 
Cosa sta succedendo in città? Perché qualcosa è successo e sta succedendo, non è fantasia.
Cosa sono quei manichini e chi li ha messi li? E Sergio Diaz? Tutto ciò che sta succedendo dipende da lei. Perché è lei la chiave di tutto...
In un susseguirsi di azioni surreali, il finale stupisce il lettore, quasi come il regalo sorpresa sotto l'albero di Natale, inaspettato e  allucinante...
Non vi resta che ripercorrere i passi di Sergio, Vito, Giulia, Sara e gli altri per scoprire il mistero di Teramo, non ve ne pentirete. Le premesse di qualche ora al cardiopalma ci sono tutte. Se amate il brivido, armatevi di una calda coperta nella quale avvolgervi e avventuratevi per le vie di Teramo. I manichini e i cani della nebbia sono li per mostrarvi la spettacolare storia di Matteo Olivieri.
Buona lettura,
Tania C.


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